Lavoro e HR

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60 giorni di tempo per impugnare la co.co.co.

Il punto su come contestare la validità di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa: termini e modalità.

L’articolo 28 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, dispone che l’impugnazione del contratto a tempo determinato deve avvenire, con le modalità previste all’articolo 6, co. 1, della legge 15 luglio 1966, n. 604, entro 120 giorni dalla cessazione del singolo contratto. In materia di somministrazione, l’art. 39 della stessa norma, dispone che, se il lavoratore chiede la costituzione del rapporto con l’utilizzatore, si applica ancora l’articolo 6 della legge n. 604/1966, e il termine di 60 giorni decorre dalla data in cui il lavoratore ha cessato di svolgere la propria attività presso l’utilizzatore.

Cosa accade, invece, se il contratto di cui si vuole contestare la validità è una collaborazione coordinata e continuativa?
In questo caso la soluzione è meno evidente, occorrendo rifarsi all’articolo 32 della legge 4 novembre 2010, n. 183 (cd. Collegato Lavoro), il quale, al comma 3, lettera b), stabilisce che l’articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, si applica anche al recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui all’articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile.

In pratica, il lavoratore che voglia contestare la genuinità del contratto di co.co.co., entro 60 giorni dalla cessazione del rapporto (in tale termine rientrano tutti i giorni, festivi inclusi, successivi a tale data), deve impugnarlo con qualunque atto scritto idoneo a rendere nota la propria volontà in tal senso. Una volta compiuto tale passo, è possibile, nei successivi 180 giorni, chiedere la conciliazione o l’arbitrato, ovvero adire direttamente il giudice (il termine indicato va rispettato a pena di inefficacia). Se la conciliazione o l’arbitrato sono rifiutati, o se il tentativo di conciliazione non riesce, opera il cd. 3° termine di impugnazione, che è pari a 60 giorni di calendario (a pena di decadenza).

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