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Cassazione – ammesso il formato zip per le comunicazioni di cancelleria

La Suprema Corte di Cassazione con la pronuncia 14827/2016 ha ritenuto utilizzabile il formato zip (ossia un formato di file utilizzato per creare degli archivi compressi) anche per le comunicazioni di cancelleria.
Nel caso esaminato dagli Ermellini, parte ricorrente aveva ricevuto comunicazione della fissazione di un’udienza per l’audizione dei testi; tale comunicazione di cancelleria – inviata via Pec al legale costituito per la parte – conteneva vari allegati, tra cui un documento in formato .zip che, asserisce sempre il ricorrente, non sarebbe stato visionato per irregolarità del formato stesso, potendo tali comunicazioni contenere unicamente documenti in formato .pdf.
La Cassazione ha ritenuto di non poter accogliere l’eccezione sopra enucleata evidenziando che:
“Nel caso di specie, poi, la parte ricorrente ammette di aver ricevuto l’avviso e costruisce la propria censura essenzialmente dolendosi del fatto che il formato utilizzato per la comunicazione (pdf.zip) non sarebbe previsto dalla normativa vigente in materia di comunicazioni telematiche. I richiami normativi, però, non giovano alla parte ricorrente. È noto, infatti, che il formato zip non muta il contenuto del documento, ma serve soltanto al fine di comprimere il file in sede di trasmissione, in modo che occupi uno spazio minore; non è, in questo senso, un formato diverso. Ne consegue che, alla luce delle “Specifiche tecniche- di cui all’art. 34 del d.m. n. 44 del 2011 richiamato nel motivo in esame – tanto nel testo vigente all’epoca dei fatti di causa (decreto del 18 luglio 2011) quanto in quello attualmente vigente (provvedimenti del 16 aprile 2014 e 28 dicembre 2015) – risulta infondata la doglianza sulla scusabilità dell’errore, potendosi esigere dal difensore l’utilizzo di un’idonea configurazione del computer tale da consentire l’accesso al formato compresso.
È appena il caso di aggiungere, infine, che il semplice onere di diligenza che grava sul difensore avrebbe dovuto consigliare, in caso di dubbio, di rivolgersi alla cancelleria del giudice per risolvere il problema, eventualmente chiedendo una nuova trasmissione, tanto più che si era in una fase ancora iniziale delle comunicazioni telematiche (non risulta che ciò sia in alcun modo avvenuto).”
Il testo appena citato, in realtà, contiene due principi ben distinti, il secondo dei quali – almeno in linea di trattazione – può qualificarsi come un vero e proprio principio di buon senso che, sostanzialmente, fa emergere ancora una volta la linea salvifica che la Suprema Corte sta adottando nelle ultime pronunce in materia di comunicazioni e notificazioni digitali.
Ad avviso degli Ermellini, infatti, davanti ad un documento asseritamente illeggibile il Difensore di parte ricorrente avrebbe dovuto attivarsi – in virtù del semplice onere di diligenza gravante sul Legale – per risolvere il problema direttamente con la cancelleria, anche – a limite – richiedendo nuovamente l’invio della comunicazione.
La prima parte dello stralcio di pronuncia sopra riportato, invece, contiene due principi che si addentrano tecnicamente nell’ambito dei formati di documento digitale:
1)      In primis – con analisi assolutamente condivisibile – la Suprema Corte stabilisce “che il formato zip non muta il contenuto del documento, ma serve soltanto al fine di comprimere il file in sede di trasmissione, in modo che occupi uno spazio minore; non è, in questo senso, un formato diverso”, con ciò – di fatto – stabilendo che non sarà tanto il formato di file “archivio” a dover essere analizzato in caso di contestazione sulla tipologia di documento informatico, ma – bensì – quello contenuto dentro l’archivio!
2)      In seconda istanza la Cassazione evidenzia altresì come il formato .zip sia in realtà espressamente previsto dalle regole tecniche attuative del Decreto Ministeriale 44/2011, contenute nel provvedimento 16 aprile 2014.
Sul punto, però, è necessario approfondire l’analisi.
In realtà il formato di tipo .zip è espressamente citato all’interno dell’art. 13 delle specifiche tecniche sopra richiamate, che si occupa di attuare quanto previsto dall’art. 12 del D.M. 44/2011:
“1. I documenti informatici allegati all’atto del processo sono privi di elementi attivi e hanno i formati previsti dalle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.
2. E’ consentito l’utilizzo dei formati compressi, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34, purché contenenti solo file nei formati previsti dal comma precedente”
Sostanzialmente, quindi, l’art. 13 delle specifiche tecniche si riferisce esclusivamente al deposito telematico effettuato da soggetto abilitato esterno e non anche alle comunicazioni e notificazioni via PEC da parte dell’ufficio giudiziario, che sono invece regolate dagli articoli 16 e 17 del DM 44/2011 nonché dall’art. 17 delle specifiche tecniche.
In particolare, tale art. 17 specifiche tecniche 16 aprile 2014, prevede che “Il gestore dei servizi telematici provvede ad inviare le comunicazioni o le notificazioni per via telematica, provenienti dall’ufficio giudiziario, alla casella di posta elettronica certificata del soggetto abilitato esterno o dell’utente privato destinatario, recuperando il relativo indirizzo dai pubblici elenchi ai sensi dell’art 16-ter del decreto legge del 30 ottobre 2012, n. 179 oppure ai sensi dell’art 16 comma 7 del medesimo decreto; il formato del messaggio è riportato nell’Allegato 8; la comunicazione o notificazione è riportata nel corpo del messaggio nonché nel file allegato Comunicazione.xml (il relativo DTD è riportato nell’Allegato 4).”
Tale articolo fa espresso riferimento all’allegato 8 per la determinazione della struttura e del formato del messaggio (per la visione del testo ufficiale di detto allegato, si rimanda a questo documento: https://pst.giustizia.it/PST/resources/cms/documents/specifiche_tecniche_provv_16042014_all_8.pdf) ebbene, tale allegato 8, prevede espressamente che gli allegati alla PEC di notificazione o di comunicazione da parte degli Uffici Giudiziari siano i seguenti:

  1. Eventuale file PDF del provvedimento
  2. IndiceBusta.xml
  3. Comunicazione.xml (documento che rappresenterebbe – in realtà – la comunicazione vera e propria)

L’eventuale provvedimento allegato alla PEC di notificazione o recante il biglietto di cancelleria, quindi, dovrebbe in realtà essere esclusivamente in formato .pdf, come indicato alla lettera A.
La suprema Corte, quindi, sembra aver applicato – anche ad opinione di autorevole dottrina (Reale) – da un lato dei principi di carattere sistematico (se è pur vero che l’art. 13 delle specifiche tecniche si riferisce al solo deposito telematico, è allo stesso modo vero che è inserito del Capo III, denominato “Trasmissione di atti e documenti informatici” e nel quale è contenuto anche il sopra citato articolo 17), dall’altro il principio sopra richiamato al punto 1, ossia, l’archivio .zip “non muta il contenuto del documento, ma serve soltanto al fine di comprimere il file in sede di trasmissione.”, di fatto stabilendo che la trasmissione del biglietto di cancelleria conteneva comunque un file di tipo .pdf, benché inserito all’interno di un archivio di tipo .zip.
 A cura di Luca Sileni – Avv.to iscritto all’ordine di Grosseto referente informatico dell’ODA di Grosseto e Segretario del Centro Studi Processo Telematico

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