Processo civile telematico

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Cassazione Penale – Irricevibili le comunicazioni via PEC effettuate dal difensore

Con la recente pronuncia n.49459 dell’11 luglio 2018, la Corte di Cassazione ha avuto modo di occuparsi nuovamente dell’ammissibilità delle comunicazioni via PEC all’interno del processo penale.
Sempre più spesso, infatti, i difensori degli imputati e delle parti civili stanno sperimentando l’utilizzo dello strumento digitale per la trasmissione di comunicazioni o documenti agli altri attori del procedimento.
Nel caso di specie, a seguito del rigetto di istanza di riesame depositata dal difensore di un indagato, veniva proposto ricorso in Cassazione deducendo che, l’udienza camerale del procedimento de quo, si sarebbe tenuta in assenza del difensore, nonostante lo stesso avesse comunicato tramite PEC la propria adesione all’astensione dalle udienze proclamata dagli organismi di categoria.
Sul punto gli Ermellini, riprendendo precedenti orientamenti della medesima Corte, hanno ribadito come “nell’ambito del procedimento penale alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze mediante l’utilizzo della cd. PEC, la posta elettronica certificata (Sez. 2, n. 31314 del 16/05/2017, Rv. 270702; Sez. 3, n. 7058 dell’11/02/2014, Rv. 258443, con riferimento ad un’istanza di rinvio per legittimo impedimento; Sez. 1, n. 18235 del 28/01/2015, Rv. 263189, con riferimento ad un’istanza di rimessione in termini)”.
Per tale ragione, la comunicazione di adesione all’astensione inoltrata dal difensore dell’imputato, non poteva che ritenersi irricevibile per errata scelta del mezzo di trasmissione della dichiarazione stessa.
Ciò, prosegue la Suprema Corte, “per il disposto dell’art. 148 c.p.p., comma 2 bis, artt. 149 e 150 c.p.p., art. 151 c.p.p., comma 2, e della L. n. 221 del 2012, di conversione del D.L. n. 179 del 2012, [che prevede infatti come (n.d.r.)] a decorrere dal 15/12/2014 l’utilizzo della PEC nei procedimenti penali è consentito soltanto per effettuare notificazioni da parte delle cancellerie a persona diversa dall’imputato.”
Mentre nel processo civile, in effetti, la PEC è – già in virtù delle modificazioni apportate alla L. 53 del 1994 – strumento idoneo per le notificazioni degli atti fra tutti gli attori del procedimento, nel processo penale la Posta Elettronica Certificata rimane un canale di comunicazione appannaggio esclusivo della Cancelleria la quale, in virtù del disposto di cui all’art. 16 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, dovrà, per quanto attiene ai procedimenti penali, provvedere alle notificazioni a persona diversa dall’imputato a norma dell’art. 148 c.p.p., comma 2 bis, artt. 149 e 150 c.p.p., art. 151 c.p.p., comma 2 esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni.
Su tale ultimo punto, gli Ermellini hanno quindi stabilito come “in coerenza con il tradizionale canone interpretativo inclusio unius, exclusio alterius, si è rilevato, pertanto, che tale disposizione indica espressamente la volontà del legislatore di consentire l’uso della PEC, nel processo penale, alle sole cancelleria: altrimenti la stessa sarebbe inutile, non avendo senso consentire espressamente l’utilizzo della PEC alle cancellerie, se esso fosse consentito a tutti e, del resto, la previsione secondo cui “la relazione di notificazione è redatta in forma automatica dai sistemi informatici in dotazione alla cancelleria” conferma che l’utilizzo del mezzo è consentito all’ufficio di cancelleria, e non anche alle parti private, in quanto la mancata indicazione delle forme nelle quali dovrebbero essere redatte le relazioni delle notificazioni eseguite dalle parti private sarebbe altrimenti incomprensibile, poiché finirebbe con il legittimare l’assunto secondo cui le parti private non avrebbero necessità di documentare l’avvenuta notificazione a mezzo PEC (così Sez. 2, n. 31314 del 16/05/2017, Rv. 270702 cit..).”
La seconda sezione penale della Corte di Cassazione ha, di conseguenza, ribadito che “nel procedimento penale, allo stato, all’imputato ed al suo difensore non è consentito l’utilizzo della posta elettronica certificata quale forma generalizzata di comunicazione o notificazione, né per la presentazione di istanze”; ciò in adesione, quindi, ai precedenti assunti della Suprema Corte ed escludendo ancora una volta la possibilità di un’interpretazione estensiva della normativa in materia di comunicazioni digitali all’interno dei procedimenti penali.
E’ comunque il caso di sottolineare come, alla luce dell’avvio della sperimentazione del Processo Penale Telematico in alcuni Tribunali del nostro Paese, l’interpretazione de qua – seppur condivisibile – non possa che risultare anacronistica ed in netto contrasto con il processo di digitalizzazione dei procedimenti penali.
 
A cura di Luca Sileni – Avv.to iscritto all’ordine di Grosseto referente informatico dell’ODA di Grosseto e Segretario del Centro Studi Processo Telematico

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