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Copia informatica estratta dalla notifica di Cancelleria – Cassazione Civile 3386/2016

Con la recente pronuncia 3386/2016 la Suprema Corte di Cassazione si è occupata di uno dei temi di maggior attualità in ambito di Processo Civile Telematico, ossia, le copie e le attestazioni di conformità.
 
Nel caso oggetto di esame la parte ricorrente aveva depositato – quale copia del provvedimento impugnato – quella trasmessagli tramite PEC dalla Cancelleria del Tribunale di Ragusa, provvedendo poi a stamparla e ad attestarne la conformità.
La Suprema Corte pone l’attenzione su due importanti elementi:
1)      In virtù del disposto del primo periodo dell’art 16bis comma 9bis D.L. 179/2012 “<<Le copie informatiche, anche per immagine, di atti processuali di parte e degli ausiliari del giudice nonché dei provvedimenti di quest’ultimo, presenti nei fascicoli informatici o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche dei procedimenti indicati nel presente articolo, equivalgono all’originale anche se prive della firma digitale del cancelliere di attestazione di conformità all’originale». La produzione della detta copia trasmessa in allegato dalla cancelleria ragusana deve, dunque, di per sé reputarsi equivalente all’originale presente nel fascicolo informatico, tenuto conto che la comunicazione con cui è stata trasmessa reca tutti gli indici di individuazione della sua estrazione”
2)      L’attestazione di conformità posta in calce, da parte del difensore di parte ricorrente, alla copia analogica del documento trasmesso via PEC avrebbe dovuto essere dichiarata irrituale “infatti, il detto difensore non ha provveduto ad estrarre con modalità telematica la copia dal fascicolo informatico, ma ha resto l’attestazione sulla copia comunicatagli a mezzo PEC, che essa sì era estratta dal detto fascicolo, ma da parte del cancelliere.”
La Suprema Corte, quindi, da un lato evidenzia come la recente novella dell’art. 16bis comma 9bis D.L. 179/2012 abbia di fatto scisso il rapporto fra la copia estratta dal difensore dal fascicolo informatico (che dovrà essere obbligatoriamente munita di attestazione di conformità) e quella estratta dal cancelliere e comunicata al difensore che, in base al primo periodo di detto comma, equivarrà di per sé all’originale presente nel fascicolo informatico.
Dall’altro sancisce l’irritualità dell’attestazione di conformità posta sulla copia del provvedimento estratto dal messaggio PEC proveniente dalla Cancelleria.
A mio avviso si può solo essere parzialmente d’accordo con questa interpretazione della Suprema Corte, ciò perché – nel caso di specie – il difensore del ricorrente non ha provveduto al deposito del documento trasmesso dalla cancelleria così come era, ma lo ha stampato e poi depositato presso la Corte, di fatto – quindi – alterando il documento originale e provvedendo, semmai, all’estrazione di una copia dello stesso che, a ragionare come fa la Suprema Corte in questo caso, non avrebbe potuto essere oggetto di attestazione di conformità.
In effetti, analizzando bene il sopra citato art. 16bis comma 9bis, il primo ed il secondo periodo nono sono completamente scissi l’uno dall’altro come sembrerebbe ritenere la Suprema Corte, poiché, se è vero che il legislatore del DL 83/2015 ha provveduto ad aggiornare solo il primo periodo, stabilendo che “Le copie informatiche……… presenti nei fascicoli informatici o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche dei procedimenti indicati nel presente articolo, equivalgono all’originale ……”, è anche vero che nel secondo periodo, ove viene esplicitato il potere del difensore di estrarre dette copie ed attestarne la conformità, si fa però riferimento a “copie analogiche o informatiche degli atti e dei provvedimenti di cui al periodo precedentee quindi ricomprendendo sia quelle presenti nel fascicolo informatico che quelle trasmesse in allegato alle comunicazioni telematiche.
Nel caso di specie, quindi, si potrà forse concordare con la Suprema Corte in ordine alla non necessità di attestare la conformità del documento informatico trasmesso via PEC dalla cancelleria, quando – però – lo stesso venga utilizzato come duplicato e quindi depositato telematicamente, mentre lo stesso non potrà dirsi qualora dello stesso se ne estragga copia digitale o analogica poiché, stando al dato letterale della norma, in tal caso – ad avviso di chi scrive – troverà piena applicazione il secondo periodo dell’art. 16bis comma 9bis DL 179/2912.
 
 
A cura di Luca Sileni – Avv.to iscritto all’ordine di Grosseto referente informatico dell’ODA di Grosseto e Segretario del Centro Studi Processo Telematico.

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