Lavoro e HR

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Il punto sul lavoro intermittente

Dopo l’abolizione del lavoro accessorio, disposta dal D.L. 25/2017, ritorna in auge il lavoro intermittente (o “a chiamata”), anch’esso caratterizzato da grande flessibilità.
 
L’art. 13 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, definisce come “lavoro intermittente” quel contratto di lavoro subordinato (che deve essere stipulato in forma scritta ai fini della prova) con il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore che ne può utilizzare la prestazione in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi, anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell’arco della settimana, mese o anno.
In mancanza di contratto collettivo, i casi di utilizzo sono individuati con decreto: a tale proposito il Ministero, con la Nota 21 marzo 2016, n. 10, ha precisato che – fino a nuova disposizione – tali attività sono quelle individuate come “discontinue” nella tabella allegata al regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657.
Infine, il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso, in base al requisito soggettivo (ossia quello anagrafico) con i soggetti aventi:

a) meno di 24 anni di età, purché le prestazioni siano svolte entro il 25° anno;

b) ovvero più di 55 anni (ossia 55 anni compiuti).

A tale proposito, il Ministero (cfr. Parere 4 ottobre 2016, n. 18194) ha precisato che lo svolgimento del lavoro intermittente è possibile – ove sussista il requisito anagrafico – anche nel caso in cui il contratto collettivo, in attesa di regolamentarlo nel dettaglio, vieti temporaneamente il lavoro a chiamata.
 
In buona sostanza, secondo le istruzioni ministeriali, la norma non declina in alcun modo la nozione di discontinuità e di intermittenza: si ritiene dunque possibile stipulare un contratto di lavoro intermittente, in presenza delle causali di carattere oggettivo o soggettivo, anche laddove la prestazione sia resa per periodi di durata significativa.
 

Nota Bene E’ la non esatta coincidenza tra la durata della prestazione svolta e la durata del contratto che risulta fondamentale, al fine di individuare i presupposti della discontinuità o intermittenza (Min. Lav., Lettera circolare 22 aprile 2013).

 
Lo stesso Ministero ha anche precisato quanto segue:

a) l’assunzione del medesimo lavoratore, dopo un contratto a termine, con contratto intermittente, senza rispettare le cd. pause intermedie, pur non essendo vietata in assoluto, potrebbe integrare la violazione di una norma imperativa (trattandosi di contratto stipulato in frode alla legge), con conseguente trasformazione a tempo indeterminato;

b) ai fini del rispetto dei limiti numerici per i contratti a termine (20%), tra i dipendenti non si computano i lavoratori a chiamata a tempo indeterminato senza indennità di disponibilità; invece, quelli a tempo indeterminato con erogazione dell’indennità di disponibilità si contano in proporzione all’orario di lavoro effettivamente svolto nell’arco di ciascun semestre.

 
Limite di impiego – Con l’importante eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore, per un periodo complessivamente non superiore a 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di 3 anni solari: in caso di superamento di tale periodo il rapporto si trasforma a tempo pieno e indeterminato.
 

Nota Bene Tranne i settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, cui non si applica il limite delle 400 giornate di effettivo lavoro, negli altri casi è sufficiente tenere la “media” di 11 giornate di lavoro al mese, dato che 11 giorni x 36 mesi è = a 396 giorni, e quindi il tetto delle 400 giornate non viene mai superato. Invece se la chiamata è per 20 giorni al mese, dopo 20 mesi si è già raggiunto il massimo per il triennio (dato che 20 x 20 = 400).

 
Divieti – L’art. 14 del D.Lgs. n. 81/2015 dispone che è vietato il ricorso al lavoro a chiamata:

a) per sostituire i lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;

b) nelle unità produttive in cui si sia proceduto, entro i 6 mesi precedenti, a licenziamenti collettivi che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il lavoro intermittente;

c) nelle unità produttive nelle quali è operante una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario, in regime di cassa integrazione, che interessino lavoratori adibiti alle medesime mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente;

d) ai datori che non hanno effettuato la valutazione dei rischi (exLgs. n. 81/2008).

 
Comunicazione di chiamata – Dopo aver proceduto all’assunzione del lavoratore entro la mezzanotte del giorno prima, l’art. 15 dispone che, prima dell’inizio della prestazione o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a 30 giorni, il datore deve comunicarne la durata alla sede locale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro competente per territorio.
 

Nota Bene In caso di violazione degli obblighi di comunicazione della chiamata di cui sopra si applica la sanzione amministrativa da 400 a 2.400 euro, per ogni lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione (non si applica la procedura di diffida). Secondo il Ministero, la sanzione si applica con riferimento a ogni lavoratore e non per ogni giornata di lavoro per cui sia non adempiuto l’obbligo comunicazionale: in sostanza, per ogni ciclo di 30 giornate che individuano la “condotta” del trasgressore, si applica 1 sola sanzione per ciascun lavoratore.

 

COME SI COMUNICA LA CHIAMATA
Modalità Note
Servizio informatico Si vedano le istruzioni presenti su Clicalavoro.gov.it
Modello UNI Intermittente La mail, anche da una comune casella di posta elettronica, va inviata all’indirizzo PEC intermittenti@pec.lavoro.gov.it
APP Lavoro Intermittente La nuova APP è scaricabile dal sito Clicalavoro.gov.it
SMS L’SMS è utilizzabile solo per prestazioni da rendersi entro12 ore dalla comunicazione. L’SMS deve contenere almeno il codice fiscale del lavoratore. Il numero è: 3399942256.
FAX alla sede locale dell’INL Il fax è ammesso solo se non funzionano i sistemi informatici: il datore deve conservare copia del fax e della ricevuta di malfunzionamento rilasciata dal servizio informatico per provare l’adempimento dell’obbligo.

 
Infine, per l’applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale per la quale sia rilevante il computo dei dipendenti del datore, il lavoratore intermittente è computato nell’organico dell’impresa in proporzione all’orario di lavoro effettivamente svolto nell’arco di ciascun semestre.
 
 
A cura di Alberto Bosco – Esperto di diritto del lavoro, Giuslavorista, Pubblicista de Il Sole24Ore. Consulente aziendale e formatore.

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