Lavoro e HR

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Offerta di conciliazione e revoca del licenziamento: l’ABC per non sbagliare

La Riforma Fornero ha introdotto, e il Jobs Act ha confermato, la possibilità per il datore di revocare il licenziamento, evitando così l’instaurarsi di un contenzioso e il pagamento dei danni conseguenti a un recesso illegittimo. In particolare, l’articolo 18, co. 10, della legge 20 maggio 1970, n. 300, stabilisce che, nell’ipotesi di revoca del licenziamento, purché effettuata entro 15 giorni dalla comunicazione al datore della sua impugnazione, il rapporto si intende ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo fino alla revoca, e non si applicano i regimi sanzionatori di cui allo stesso articolo.
 
Ne consegue che il datore che si attivi per tempo – ossia entro 15 giorni dalla data di effettiva impugnazione del recesso da parte del lavoratore (che non può avvenire oltre il 60° giorno rispetto alla comunicazione del licenziamento) – ha il potere unilaterale di azzerare gli effetti della risoluzione del rapporto e di “obbligare” il lavoratore a rientrare in servizio.
 
Secondo parte della giurisprudenza, la revoca del licenziamento è valida anche ove disposta prima che il lavoratore abbia provveduto a impugnarlo formalmente mediante atto scritto.
 
Infine, ma solo per i lavoratori soggetti al contratto a tutele crescenti, per evitare il giudizio e ferma la possibilità delle parti di addivenire a ogni altra modalità di conciliazione prevista dalla legge, il datore può offrire al lavoratore, nei termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento (60 giorni), in sede protetta o presso una commissione di certificazione, un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini Irpef e non è soggetto a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a 1 mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura non inferiore a 2 e non superiore a 18 mensilità, consegnando al lavoratore un assegno circolare (da 1 a 6 mensilità nelle PMI). L’accettazione di tale assegno da parte del lavoratore comporta:

a) l’estinzione del rapporto alla data del recesso e

b) la rinuncia all’impugnazione del licenziamento anche ove questi l’abbia già proposta.

 
 
A cura di Alberto Bosco – Esperto di diritto del lavoro, Giuslavorista, Pubblicista de Il Sole24Ore. Consulente aziendale e formatore.

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