Processo civile telematico

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Processo Civile Telematico – Cassazione a Sezioni Unite – Attestazione di conformità degli atti notificati a mezzo PEC

Su queste pagine, in passato, ci siamo lungamente occupati del problema dell’attestazione di conformità delle notificazioni via PEC nei procedimenti dinanzi alla Corte di Cassazione.
La sesta sezione della Suprema Corte, infatti, ha prodotti numerosi assunti giurisprudenziali relativi all’applicazione dell’art. 369 c.p.c. alle notificazioni effettuate in via telematica.
Detto articolo, difatti, prevede la sanzione dell’improcedibilità, sia in caso di mancato deposito del ricorso notificato – si veda il comma 1 – sia in caso di mancata produzione di copia autentica della decisione impugnata – si veda il comma 2 –.
Come detto la sesta sezione ha preso una chiara posizione in relazione ad entrambe le fattispecie di analisi, stabilendo – per quanto attinente alle prescrizioni di cui al primo comma dell’art. 369 c.p.c. – che: “Il deposito in cancelleria di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo posta elettronica certificata, con attestazione di conformità priva di sottoscrizione autografa del difensore ex art. 9, commi 1-bis e 1-ter, della legge n. 53 del 1994, ne comporta l’improcedibilità rilevabile d’ufficio ai sensi dell’art. 369 c.p.c., a nulla rilevando la mancata contestazione della controparte ovvero il deposito di copia del ricorso ritualmente autenticata oltre il termine perentorio di venti giorni dall’ultima notifica, non essendo ammissibile il recupero di una condizione di procedibilità mancante al momento della scadenza del termine per il deposito del ricorso” (Ordinanza 30918/2017), e – per quanto attiene alle prescrizioni di cui al secondo comma dell’art. 369 c.p.c. – che: “ai fini del rispetto di quanto imposto, a pena d’improcedibilità, dall’art. 369, comma 2, n. 2 c.p.c., il difensore che propone ricorso per cassazione contro un provvedimento che gli è stato notificato con modalità telematiche, deve depositare nella cancelleria della Corte di cassazione copia analogica, con attestazione di conformità ai sensi dei commi 1-bis e 1-ter dell’art. 9 della legge 53/1994, del messaggio di posta elettronica certificata ricevuto, nonché della relazione di notifica e del provvedimento impugnato, allegati al messaggio. Non è necessario anche il deposito di copia autenticata del provvedimento impugnato estratta direttamente dal fascicolo informatico” (Ordinanza 30765/2017).
Orbene oggi gli Ermellini intervengono nuovamente sull’applicazione dell’art. 369 c.p.c. con una pronuncia a Sezioni Unite ed attinente alla prima delle due questioni analizzate in precedenza dalla sesta sezione, ossia, il deposito di copia conforme del ricorso notificato via PEC.
Come abbiamo visto, con l’Ordinanza 30918/2017, la sesta sezione aveva interpretato in via estremamente rigorosa il testo del primo comma dell’art. 369 c.p.c., prevedendo non solo la sanzione dell’improcedibilità in caso di mancata attestazione – o errata attestazione – di conformità del ricorso notificato ma anche la rilevabilità d’ufficio del vizio e la non sanabilità dello stesso.
Le Sezioni Unite – con la pronuncia 22438/2018 – confermano l’orientamento della sesta sezione ma prevedono altresì correttivi atti a stemperare il rigore interpretativo utilizzato nel precedente giurisprudenziale de quo.
Con la Sentenza in commento la Corte di Cassazione ha enunciato i seguenti principi di diritto:
“Il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo posta elettronica certificata, senza attestazione di conformità del difensore ex art. 9, commi 1-bis e 1-ter, l. n. 53 del 1994 o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non ne comporta l’improcedibilità ai sensi dell’art. 369 c.p.c. sia nel caso in cui il controricorrente (anche tardivamente costituitosi) depositi copia analogica di detto ricorso autenticata dal proprio difensore, sia in quello in cui, ai sensi dell’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 82 del 2005, non ne abbia disconosciuto la conformità all’originale notificatogli.
Anche ai fini della tempestività della notificazione del ricorso in originale telematico sarà onere del controricorrente disconoscere la conformità agli originali dei messaggi di p.e.c. e della relata di notificazione depositati in copia analogica non autenticata dal ricorrente.
Ove, poi, il destinatario della notificazione a mezzo p.e.c. del ricorso nativo digitale rimanga solo intimato, il ricorrente potrà depositare, ai sensi dell’art. 372 c.p.c. (e senza necessità di notificazione ai sensi del secondo comma della medesima disposizione), l’asseverazione di conformità all’originale (ex art. 9 della legge n. 53 del 1994) della copia analogica depositata sino all’udienza di discussione (art. 379 c.p.c.) o all’adunanza in camera di consiglio (artt. 380 bis, 380 bis. 1 e 380 ter c.p.c.). In difetto, il ricorso sarà dichiarato improcedibile.
Nel caso in cui il destinatario della notificazione a mezzo p.e.c. del ricorso nativo digitale depositi il controricorso e disconosca la conformità all’originale della copia analogica informe del ricorso depositata, sarà onere del ricorrente, nei termini anzidetti (sino all’udienza pubblica o all’adunanza di camera di consiglio), depositare l’asseverazione di legge circa la conformità della copia analogica, tempestivamente depositata, all’originale notificato. In difetto, il ricorso sarà dichiarato improcedibile.
Nell’ipotesi in cui vi siano più destinatari della notificazione a mezzo p.e.c. del ricorso nativo digitale e non tutti depositino controricorso, il ricorrente – posto che il comportamento concludente ex art. 23, comma 2, c.a.d. impegna solo la parte che lo pone in essere – sarà onerato di depositare, nei termini sopra precisati, l’asseverazione di cui all’art. 9 della legge n. 53 del 1994. In difetto, il ricorso sarà dichiarato improcedibile”.
Le Sezioni Unite, quindi, ribadiscono l’improcedibilità del ricorso in caso di violazione del disposto di cui all’art. 369 I comma c.p.c., ma lo fanno stemperando la precedente interpretazione della sesta sezione e ritenendo – di conseguenza – non comminabile la sanzione dell’improcedibilità nel caso in cui: non vi sia disconoscimento dell’atto depositato, controparte depositi copia autentica del ricorso notificato, oppure il ricorrente depositi – entro l’udienza di discussione o entro l’adunanza in camera di consiglio – l’asseverazione di cui all’art. 9 Legge 53 del 1994.
La pronuncia in esame appare, all’odierno commentatore, sicuramente ispirata ai principi della nostra Carta Costituzione nonché a quelli del comune buon senso ed è come tale certamente da condividersi.
 
 
A cura di Luca Sileni – Avv.to iscritto all’ordine di Grosseto referente informatico dell’ODA di Grosseto e Segretario del Centro Studi Processo Telematico

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