Processo civile telematico

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Processo Civile Telematico – Cassazione Sezioni – Notificazione di atto privo di sottoscrizione digitale

Con provvedimento n° 17020 del 26 giugno 2018 la terza sezione della Suprema Corte di cassazione è tornata ad occuparsi di notificazioni in proprio via PEC e di attestazioni di conformità degli atti notificati e, in particolare, ha avuto modo di pronunciarsi su due importanti questioni interpretative, ossia, l’attestazione di conformità di messaggi PEC notificati dalla Cancelleria e la notificazione di atto privo di sottoscrizione digitale.
Il caso di specie riguarda un ricorso proposto a seguito di dichiarazione di improcedibilità dell’impugnazione in appello ex art. 348 bis c.p.c.
In ordine alla tempestività del ricorso de quo la Suprema Corte ha ribadito che “…quando la Corte d’appello dichiara l’inammissibilità del gravame ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., può essere proposto ricorso per cassazione contro il provvedimento di primo grado, ma il relativo termine decorre dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, dell’ordinanza che dichiara l’inammissibilità dell’appello (art. 348 ter c.p.c., comma 3). Questa Corte ha già chiarito che il termine cui allude l’art. 348 ter c.p.c., comma 3, secondo inciso, è quello previsto dall’art. 325 c.p.c., comma 2, (c.d. termine breve). Solo qualora la cancelleria ometta la comunicazione dell’ordinanza e la controparte non provveda alla sua notificazione, opera il termine Lungo di cui all’art. 327 c.p.c. (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 18622 del 22/09/2016, Rv. 642128).”
Nella fattispecie oggetto di pronuncia, quindi, il termine per l’impugnazione sarebbe decorso dalla comunicazione dell’Ordinanza da parte della Cancelleria della Corte d’Appello e non dalla classica notificazione della pronuncia effettuata da controparte.
La Suprema Corte, perciò, si è a questo punto domandata come tale interpretazione normativa potesse sposarsi con la prescrizione di cui all’art. 369 c.p.c. comma 2 n° 2 che onera il ricorrente di depositare, a pena di improcedibilità, la relata di notificazione della sentenza impugnata.
Come è noto, la questione relativa all’attestazione di conformità della notificazione della sentenza impugnata e notificata via PEC, ha tenuto banco presso la Suprema Corte per quasi tutto il 2017, ed è confluita nell’espressione dell’univoco orientamento interpretativo in base al quale “il difensore che propone ricorso per cassazione contro un provvedimento che gli è stato notificato con modalità telematiche, deve depositare nella cancelleria della Corte di cassazione copia analogica, con attestazione di conformità ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 9, commi 1 bis e 1 ter, del messaggio di posta elettronica certificata ricevuto, nonché della relazione di notifica e del provvedimento impugnato, allegati al messaggio.”
Oggi la terza sezione della Corte di Cassazione si spinge in realtà oltre, affermando il seguente principio di diritto: “Quando il ricorso per cassazione è proposto, ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., avverso la sentenza di primo grado il cui appello sia stato dichiarato inammissibile, l’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, – a mente del quale unitamente al ricorso per cassazione deve essere depositata, a copia di improcedibilità, copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione – deve essere inteso nel senso che il deposito deve avere ad oggetto non solo copia
autentica della sentenza di primo grado, contro cui si propone il ricorso, ma anche la relata di notificazione o la comunicazione dell’ordinanza di inammissibilità pronunciata dalla corte d’appello, poiché è da quest’ultima data, e non dalla pubblicazione (o notificazione) della sentenza di primo grado, che decorre il termine per l’impugnazione. Nel caso in cui l’ordinanza sia stata notificata a mezzo di posta elettronica certificata, il ricorrente deve depositare nella cancelleria della Corte di cassazione copia analogica del messaggio ricevuto, nonché della relazione di notifica, previa attestazione di conformità di tali documenti analogici all’originale telematico, ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 9, commi 1 bis e 1 ter”
Gli Ermellini ritengono quindi che l’art. 9 comma 1bis e 1ter della Legge 53 del 1994 possa applicarsi anche in sede di attestazione di conformità del messaggio PEC ricevuto dagli uffici di Cancelleria.
A parere di chi scrive, però, tale interpretazione non tiene in giusto conto il campo di azione della legge sopra citata; se è pur vero che il comma 1ter dell’art. 9 si riferisce genericamente alle “notificazioni” senza specificarne la tipologia, è logico ritenere che la norma si riferisca alle notificazioni di cui alla L. 53/1994, all’interno della quale tale articolo 9 è inserito. Orbene le cancellerie degli uffici giudiziari non effettuano notificazioni ai sensi di detta legge (riservate unicamente ai Difensori delle parti del giudizio) ma ai sensi del D.L. 179/2012; quindi, a meno di esplicitare una vera e propria applicazione analogica dell’articolo appena citato, tale norma non sembrerebbe applicabile alle comunicazioni di cancelleria.
A norma dell’art. 16bis comma 9bis del D.L. 179/2012 sarebbe in realtà possibile per l’Avvocato operare l’attestazione di conformità di quanto comunicato dalla Cancelleria ma, vi è da sottolinearlo, unicamente con riferimento all’atto oggetto di comunicazione e non anche al messaggio che tale atto veicola: “Le copie informatiche, anche per immagine, di atti processuali di parte e degli ausiliari del Giudice nonché dei provvedimenti di quest’ultimo, presenti nei fascicoli informatici o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche dei procedimenti indicati nel presente articolo, equivalgono all’originale anche se prive della firma digitale del cancelliere di attestazione di conformità all’originale. Il difensore, il dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente, il consulente tecnico, il professionista delegato, il curatore ed il commissario giudiziale possono estrarre con modalità telematiche duplicati, copie analogiche o informatiche degli atti e dei provvedimenti di cui al periodo precedente ed attestare la conformità delle copie estratte ai corrispondenti atti contenuti nel fascicolo informatico…..”
Passando invece all’analisi della seconda parte della pronuncia della terza sezione, vi è da premettere come, nel caso oggetto di pronuncia, il ricorso in cassazione notificato via PEC dal Difensore del ricorrente, fosse del tutto privo di sottoscrizione digitale.
Sul punto la Suprema Corte ha stabilito come: “Le specifiche tecniche non prevedono che il documento originale informatico oggetto di notificazione telematica debba essere sottoscritto con firma digitale. In particolare, deve considerarsi documento originale informatico l’atto giudiziario redatto al computer con qualsiasi sistema di videoscrittura. L’unico vincolo imposto dalle specifiche tecniche è che il documento sia convertito in formato PDF “senza restrizioni per le operazioni di selezione e Copia di parti”. Dunque il controricorrente cade in errore quando afferma che il documento allegato alla notificazione telematica deve essere obbligatoriamente sottoscritto con firma digitale. La sottoscrizione digitale è prescritta dall’art. 12 delle specifiche tecniche, ma si riferisce alla copia dell’atto processuale da depositare telematicamente all’ufficio giudiziario. Del resto, che la sottoscrizione digitale dell’atto da notificare costituisca una mera eventualità, risulta chiaro dal tenore testuale dell’art. 19 bis, comma 4, delle specifiche tecniche. La sottoscrizione digitale dell’atto processuale da notificare non è prevista neppure dal D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, art. 18, comma 1, o dalla L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis, (che costituisce la fonte primaria della disciplina della notificazione con modalità telematica).
Deve quindi escludersi che sussista alcun obbligo, per il difensore che proceda alla notificazione telematica di un atto processuale, di sottoscrivere digitalmente il documento che intende allegare al messaggio di posta elettronica certificata.”
In base a tali osservazioni gli Ermellini hanno espresso il seguente principio di diritto: “Qualora l’atto processuale sia originariamente formato su supporto digitale, per la sua notificazione telematica non occorre la sottoscrizione digitale (richiesta solo per il deposito telematico dell’atto stesso all’ufficio giudiziario), né un’asseverazione di conformità all’originale (necessaria solamente quando la copia informatica sia estratta per immagine da un documento analogico), essendo sufficiente che detto atto sia trasformato in formato PDF”.
Anche su tale punto questo commentatore non ritiene di poter concordare, ciò in virtù di due elementi di riflessione:

  • Se è pur vero che la formulazione dell’art. 19bis delle specifiche tecniche 16 aprile 2014 appare infelice, è altrettanto vero che l’atto oggetto di notificazione dovrà poi essere oggetto di iscrizione a ruolo tramite il deposito dell’originale notificato. Ebbene, tale atto, dovrà obbligatoriamente essere oggetto di sottoscrizione da parte del difensore e lo scrivente non ritiene conforme alle prescrizioni normative l’eventuale successiva sottoscrizione dell’atto notificato, anche perché comporterebbe una innegabile alterazione dell’originale trasmesso alla controparte.
  • Oltre a ciò va richiamata l’attenzione sul disposto di cui all’art. 125 c.p.c. comma 1, norma di carattere generale dell’ordinamento processuale civilistico: “Salvo che la legge disponga altrimenti, la citazione, il ricorso, la comparsa, il controricorso, il precetto debbono indicare l’ufficio giudiziario, le parti, l’oggetto, le ragioni della domanda e le conclusioni o la istanza, e, tanto nell’originale quanto nelle copie da notificare, debbono essere sottoscritti dalla parte, se essa sta in giudizio personalmente, oppure dal difensore che indica il proprio codice fiscale. Il difensore deve altresì indicare il proprio numero di fax.”

Detta norma chiaramente specifica come l’atto da notificarsi debba essere sottoscritto dal Difensore della parte, nulla potendo rilevare l’inciso “salvo che la legge disponga altrimenti” poiché in primis l’art. 19bis specifiche tecniche 16 aprile 2014 non è norma di pari rango rispetto all’art. 125 c.p.c. e, in seconda battuta, poiché la disposizione tecnica de qua non “dispone altrimenti” ma – molto più semplicemente – omette di disporre.
In virtù dei rilievi sin qui svolti, non può che auspicarsi un mutamento degli orientamenti espressi dalla Suprema Corte con la pronuncia in commento.
 
 
 
A cura di Luca Sileni – Avv.to iscritto all’ordine di Grosseto referente informatico dell’ODA di Grosseto e Segretario del Centro Studi Processo Telematico

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