Conservazione digitale delle scritture contabili: rischi connessi alle novità introdotte nel Decreto Semplificazioni
Con la recente pubblicazione della legge 4 agosto 2022 n.122 di conversione del D.L .73/2022, si è intervenuti a modificare l’art.7 del D.L. 357/94, consentendo alle aziende e agli studi di evitare la conservazione delle scritture contabili. In questo articolo andremo a vedere quanto sia rischiosa una tale scelta e perché la conservazione deve continuare ad essere adottata.
Con la pubblicazione della legge 4 agosto 2022 n.122 di conversione con modificazioni del decreto legge 21 giugno 2022, n. 73, è stato introdotto nel nostro ordinamento una novità alquanto discutibile e i cui effetti potrebbero essere nocivi per il nostro paese.
La nuova formulazione infatti dell’art.7, comma 4-quater del DL 357/94, riporta testualmente che: “In deroga a quanto previsto dal comma 4-ter, la tenuta e la conservazione di qualsiasi registro contabile con sistemi elettronici su qualsiasi supporto sono, in ogni caso, considerate regolari in difetto di trascrizione su supporti cartacei nei termini di legge o di conservazione sostitutiva digitale ai sensi del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, se in sede di accesso, ispezione o verifica gli stessi risultano aggiornati sui predetti sistemi elettronici e vengono stampati a seguito della richiesta avanzata dagli organi procedenti ed in loro presenza.”
Nella sostanza si considera regolare la tenuta e la conservazione di qualsiasi registro contabile, anche senza che sia stato stampato o conservato in digitale, purché in sede di verifica gli stessi risultino aggiornati sui predetti sistemi elettronici e vengano stampati a seguito della richiesta avanzata dagli organi verificatori e in loro presenza.
Prima di esaminare alcune ragioni che rendono tale disposizione alquanto contestabile, è necessario ripercorre brevemente il concetto di “conservazione”, definito da AgID come “Insieme delle attività finalizzate a definire ed attuare le politiche complessive del sistema di conservazione e a governarne la gestione in relazione al modello organizzativo adottato, garantendo nel tempo le caratteristiche di autenticità, integrità, leggibilità, reperibilità dei documenti”.
Quando viene prodotto un qualsiasi tipo di documento è centrale preservare nel tempo quanto in esso rappresentato, tramite appunto la conservazione. Nel caso dell’impiego di un supporto cartaceo, la rappresentazione del fatto avviene tramite l’ausilio dell’inchiostro che crea un tutt’uno con la carta, e preservando con cura questa si tramanda negli anni quanto rappresentato. Di contro invece, se scriviamo sulla sabbia, non è possibile preservare negli anni quanto scritto, dato che chiunque lo può modificare, oppure al primo soffio di vento non sarà più leggibile.
Venendo ai giorni nostri, il grande vantaggio nell’utilizzare strumenti informatici, è la straordinaria semplicità nel correggere e rettificare quanto scritto, che però al contempo, è anche il grande limite di questi strumenti. Ecco quindi che qualora vi sia l’esigenza di rendere immodificabile in un preciso momento quanto rappresentato in un documento informatico, la sola soluzione adottabile è la conservazione digitale.
Ipotizzare di mantenere negli anni le registrazioni contabili in un sistema di contabilità oppure in un ERP, sapendo benissimo con quale semplicità possono essere alterate o modificate, accidentalmente o volontariamente, è nella pratica come annotare gli accadimenti amministrativi sulla sabbia. Anche se i saldi contabili sono riportati nei bilanci, sarà sempre possibile alterarne le movimentazioni, in termini di importo, descrizione e data, rivedendo per esempio gli articoli dell’inventario oppure le movimentazioni di cassa.
Ma vediamo ora almeno tre motivi per cui la conservazione, in particolare la conservazione digitale, deve essere una pratica che aziende e studi professionali devono continuare ad adottare:
1) La conservazione è espressamente richiesta dal Codice civile
La conservazione, sia nei casi in cui avvenga su carta che in digitale, è un obbligo espressamente richiesto dall’art. 2220 del Codice civile, ove appunto è testualmente riportato che “Le scritture devono essere conservate per dieci anni dalla data dell’ultima registrazione”. Il termine “conservazione” è utilizzato dal legislatore proprio per garantire negli anni la preservazione degli accadimenti amministrativi che sono stati annotati nelle scritture contabili. Se quindi la nuova formulazione dell’art. 7, comma 4-quater del DL 357/94 sembrerebbe non prevedere più alcun obbligo di conservazione, in realtà per il Codice civile tale obbligo continua a rimanere;
2) Degrado dell’efficacia probatoria della scrittura contabili
Si è sempre detto di “tenere e conservare” le scritture contabili in conformità sia all’art. 2215-bis del Codice civile che al DMEF 17 giugno 2014 (che a sua volta richiama le regole tecniche AgID), perché in questo modo veniva assicurata alle stesse una efficacia probatoria ex artt. 2709 e 2710 del C.c.
Ipotizzare di non conservare le scritture contabili, mantenendole nei sistemi contabili o nei sistemi ERP, provvedendo alla loro stampa solo in fase di richiesta avanzata dagli organi verificatori, degrada di non poco la loro efficacia probatoria, sia nei confronti di altri imprenditori o terzi soggetti, che della stessa amministrazione finanziaria qualora vi siano contenziosi.
In caso di sostituzione del legale rappresentante, chi garantisce che in futuro le registrazioni contabili non saranno alterate accidentalmente o volontariamente? Chi assicura il collegio sindacale sull’integrità delle registrazioni contabili? In caso di contenziosi con l’Amministrazione finanziaria, come è possibile dimostrare di non aver alterato le scritture contabili se queste possono essere in qualsiasi momento manomesse o modificate?
3) Applicabilità non sempre facile della nuova norma
Vi sono alcuni aspetti che rendono l’art.7, comma 4-quater del DL 357/94 pressoché inapplicabile, come per esempio il caso del libro inventari che “deve essere sottoscritto dall’imprenditore entro tre mesi dal termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi ai fini delle imposte dirette”, ex art. 2217, terzo comma del Codice civile.
Se quindi stampiamo il libro inventari dal sistema contabile solo a seguito della richiesta avanzata dall’amministrazione finanziaria, che può essere anche dopo 3 o 4 anni, non possiamo adempiere all’obbligo di cui all’art. 2217, terzo comma del Codice civile. Una soluzione potrebbe essere di memorizzare in qualche cartella del file system il file PDF con la firma digitale del legale rappresentante, ma una tale procedura non è contemplata dalla nuova norma che richiede espressamente che la stampa avvenga dai sistemi contabili a seguito di una richiesta avanzata dagli organi verificatori ed in loro presenza.
In conclusione, per evitare le suddette criticità, è necessario continuare a conservare digitalmente le scritture contabili in conformità al DMEF 17 giugno 2014 e alle regole tecniche AgID, perché solo in questo modo si garantisce l’integrità e l’autenticità negli anni degli accadimenti amministrativi in esse rappresentati, così come del resto richiede l’art. 2220 del Codice civile.