Il nuovo contezioso tributario: le novità già in vigore
Con la pubblicazione del D. Lgs. n. 220 del 2023, avvenuta sulla Gazzetta Ufficiale del 3 gennaio scorso, trova compimento la riforma del contenzioso tributario, uno dei moduli previsti dalla legge-delega per la riforma fiscale n. 111 del 2023. Questa riforma, che interviene dopo quella – certamente meno incisiva – disposta dalla Legge n. 130/2022, si prospetta come un provvedimento alquanto innovativo anche per l’introduzione di istituti sinora estranei al rito tributario. Va subito premesso che non tutte le novità sono immediatamente in vigore: il provvedimento opera una sorta di partizione tra disposizioni la cui entrata in vigore è al 5 gennaio scorso e altre la cui entrata in vigore è prevista dal prossimo 2 settembre. In questo primo intervento soffermiamoci sinteticamente sulle novità già entrate in vigore, rimandando a un successivo articolo la disamina di quanto sarà obbligo praticamente alla ripresa delle attività processuali, post l’annuale sospensione feriale.
L’abrogazione del reclamo tributario
La prima disposizione di rilevante impatto riguarda l’abolizione dell’istituto del reclamo e della mediazione tributaria, di cui all’articolo 17-bis del D. Lgs. n. 546/1992, che disciplinava le controversie di valore complessivo sino a 50.000 euro di maggiori imposte accertate: per i ricorsi notificati dal 4 gennaio scorso, quindi, la procedura sarà l’unica contemplata, ossia la notifica del ricorso alla controparte e la successiva costituzione in giudizio entro i successivi 30 giorni.
Ma attenzione: per i reclami notificati all’ente impositore sino al 3 gennaio 2024 l’istituto giuridico continua a sopravvivere sino alla conclusione del procedimento: pertanto, con la prevista decisione dell’Ufficio entro i 90 giorni dall’avvenuta notifica del reclamo e, solo in caso di rigetto della proposta del contribuente, con la successiva costituzione in giudizio entro i 30 giorni dall’inutile decorrenza del predetto lasso temporale.
La notifica del ricorso in caso di mancata notifica dell’atto presupposto
Altra modifica sostanziale, quando la controversia ha per oggetto un atto emesso da un soggetto diverso da quello che avrebbe dovuto notificare l’atto presupposto, riguarda l’obbligo di notificare il ricorso ad entrambi i soggetti: il classico esempio è quello dell’impugnazione di un atto della riscossione derivante da un atto impositivo che il contribuente sostiene non essere mai stato notificato.
In detto caso, il ricorso deve essere notificato tanto all’agente della riscossione quanto all’ente impositore.
Le comunicazioni della segreteria della Corte di Giustizia
Le comunicazioni delle Segreterie delle Corte di Giustizia, evidentemente relative ai residui procedimenti che, per legge, si svolgono con modalità cartacea, dal 2 settembre prossimo potranno essere effettuate mediante raccomandata con avviso di ricevimento e non più, come in precedenza, in plico senza busta.
Le spese processuali
Modifiche di rilievo per le spese processuali che, ormai non sono più legate soltanto alla soccombenza nel procedimento.
La riforma ha infatti introdotto un principio per cui laddove il contribuente produca soltanto in sede contenziosa dei documenti che si rivelano decisivi per l’accoglimento del ricorso, ma gli stessi non sono stati prodotti nel precedente contraddittorio con l’ufficio, il Giudice è tenuto a compensare le spese.
Non solo: un altro elemento che potrà condurre alla compensazione delle spese sarà la rilevata violazione dei principi di sinteticità e chiarezza degli atti di parte: pertanto, se il Giudice rileverà la scarsa chiarezza o la prolissità di un atto, nonostante questo possa condurre alla vittoria in giudizio, potrà disporre la compensazione.
L’impugnazione del diniego di autotutela
Con la riforma viene messa la parola fine alla querelle che ha caratterizzato negli ultimi anni la questione dell’impugnabilità o meno del diniego alla richiesta di autotutela promossa dal contribuente.
Dal 4 gennaio scorso, tra gli atti impugnabili sono contemplati il rifiuto espresso o tacito delle istanze avanzate per i casi di “autotutela obbligatoria” e il solo rifiuto espresso concernente le istanze di “autotutela facoltativa”.
Si tratta dei due nuovi istituti disciplinanti dallo Statuto dei diritti del contribuente, Legge n. 212/2000, siccome riformato dal D. Lgs. n. 219/2023 (anche questo un componente della riforma fiscale).
Udienze a distanza
Viene introdotta a regime la possibilità di richiedere l’udienza a distanza da una parte processuale, sia nel ricorso introduttivo che in un atto da notificare alle altre parti e da depositare nella Segreteria della Corte di Giustizia tributaria nei 10 giorni “liberi” prima dell’udienza.
Tuttavia, se l’altra parte ha richiesto la discussione in pubblica udienza quest’ultima si terrà, fermo restando il diritto di discutere da remoto per la parte che lo ha richiesto.
Quando la trattazione avviene in pubblica udienza, i Giudici e il personale amministrativo sono tenuti alla partecipazione in presenza alla discussione.
Le sentenze
Novità anche per le sentenze relative ai ricorsi e agli appelli notificati dal 5 gennaio scorso, in quanto subito dopo la discussione in pubblica udienza o dopo la decisione in camera di consiglio dovrà essere data lettura immediata del dispositivo ovvero lo stesso dovrà essere depositato in segreteria che provvederà alla sua comunicazione alle parti costituite entro il termine perentorio di sette giorni.
Una modifica di assoluto rilievo riguarda la possibilità che si giunga alla decisione del Giudice tributario “per direttissima”, ossia quando nell’ambito dell’esame di una domanda di sospensione dell’esecutività dell’atto viene ravvisata la manifesta fondatezza, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso, cosicché lo stesso emette una sentenza “in forma semplificata”, ossia consistente in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo ovvero a un precedente conforme.
Sempre in materia di sentenze emesse in ambito cautelare, la riforma prevede ora la loro impugnabilità, con il limite, però, che l’ordinanza che deciderà sull’impugnazione non è ulteriormente impugnabile.
Un esempio chiarirà il tutto: il contribuente richiede alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado la sospensione cautelare dell’atto impugnato; i primi Giudici rigettano l’istanza con ordinanza che viene ulteriormente impugnata dal contribuente dinanzi alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado; anche la Corte di secondo grado rigetta con ordinanza che, a questo punto, diviene decisione definitiva.
Le novità per il giudizio di appello
Modifiche di rilievo per il giudizio di appello, il cui ambito viene decisamente condizionato da due nuove disposizioni.
La prima: per i ricorsi in appello notificati dal 5 gennaio scorso è previsto che non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, a meno che il Collegio giudicante non li ritenga indispensabili ai fini della decisione ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli e produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile.
Pertanto, si palesano due nuove circostanze in deroga alla previsione di divieto: una legata alla discrezionalità del Giudice, che ritiene indispensabili i documenti e le prove ai fini della decisione, e una derivante dalla – dimostrabile, ovviamente – impossibilità per la parte di proposizione e produzione nel giudizio di primo grado.