Organizzazione e marketing dello studio

Massimizzare i profitti eccellendo nella gestione dell’organizzazione professionale e dei suoi professionisti

Gestire un’organizzazione professionale significa raggiungere tre risultati che si intrecciano tra loro. L’obiettivo è ottenere clienti fedeli, erogare servizi eccellenti e avere professionisti soddisfatti del proprio lavoro. Per riuscirci è indispensabile dotarsi di processi gestionali sofisticati e in grado di superare i mutamenti che, negli ultimi 15 anni, hanno profondamente segnato non solo il mercato di riferimento ma anche la figura del professionista. Con il nuovo millennio, infatti, si assiste a una polarizzazione nel mondo del consumo. Riassumendo, si può dire che la massiccia disponibilità di informazioni e le procedure sempre più semplici che consentono di effettuare acquisti hanno reso il cliente una persona super informata. Questo ha comportato una visibile trasformazione del ruolo del professionista che, per tale motivo, deve essere capace di anticipare i bisogni del cliente. Cerchiamo di capire in cosa consiste questo cambiamento e come muoverci al suo interno.

Scenario e contesto di riferimento

In un contesto competitivo sempre più pressante e dinamico, le professioni basate sulle competenze hanno subìto un profondo cambiamento. Se prima il professionista (in particolar modo il commercialista) si differenziava sulla base della sua conoscenza in una determinata materia, adesso quello che lo contraddistingue è la sua conoscenza del cliente: quanto il professionista riesce a soddisfare un cliente sempre più esigente e informato. Non si tratta più del professionista inteso come consulente di fiducia e onnisciente, ma di una figura professionale specializzata. La diretta conseguenza di questi mutamenti si osserva nella remunerazione che oggi è molto più variabile (e mediamente più bassa) rispetto al passato.

In un contesto così polarizzato, tuttavia, non cambia solo il posizionamento del professionista, ma mutano anche tutti gli ambiti in cui lo stesso si trova a operare tanto nel mondo del consumo quanto in quello dei servizi. Il risultato è una polarizzazione dei bisogni e, quindi, del consumatore/cliente.

La massiccia disponibilità di informazioni (reperibili tramite internet) in merito alle caratteristiche di un bene o di un servizio e la semplicità con cui oggi è possibile concludere un acquisto (si pensi alla vendita online) hanno generato due figure di cliente. Da un lato il consumatore transazionale che, essendo iper-informato su tutte le alternative disponibili, è in grado di scegliere con estrema semplicità. Dall’altro, il consumatore consulenziale che, invece, ha bisogno di consigli e consulenza per poter concludere il suo acquisto.

Confronto tra vendite transazionali e vendite relazionali

Si comprende come la gestione dell’organizzazione professionale (quali professionisti integrare, chi dovrà occuparsi della relazione con i clienti e così via) sarà incentrata sul tipo di cliente al quale ci si rivolge. È la cosiddetta Client Centered Strategy, una strategia in base alla quale il cliente è al centro della strategia di un’organizzazione perché è lui lo stakeholder più importante.

È con il cliente (soprattutto consulenziale) che bisogna tessere un rapporto di fiducia. Come? Attraverso l’equazione della fiducia secondo la quale occorre sviluppare elementi come la credibilità, l’affidabilità e l’intimità della propria organizzazione, riducendo al minimo l’egoismo, cioè il ritorno personale.

L'equazione della fiducia

Perché gestire un’organizzazione professionale

Un’organizzazione professionale è un insieme di persone dotate di specifiche competenze che, coordinandosi tra loro, offrono prodotti o servizi ai loro clienti con l’obiettivo di accompagnarli nella risoluzione di specifiche esigenze.

Solitamente due o più professionisti decidono di lavorare insieme (dando vita a un’organizzazione professionale) per motivi diversi. Potrebbero voler integrare competenze diverse così da offrire ai clienti un servizio più completo oppure la loro intenzione potrebbe essere semplicemente quella di ridurre i costi su alcune attività dell’organizzazione o, ancora, di aumentare il proprio posizionamento dando vita a un’organizzazione professionale.

Tuttavia, come accennato, negli ultimi anni è cresciuta la pressione sul lavoro per i professionisti. Da un lato si ritrovano a operare in un contesto normativo sempre più fitto e dall’altro si interfacciano con clienti sempre più esigenti che, spesso, si rivolgono al professionista come se fosse un venditore ordinario, qualcuno che offre servizi base. Questo comporta un aumento dei ritmi di lavoro, ma si guadagna sempre meno.

È chiaro, allora, che gestire un’organizzazione professionale non è così semplice. Affinché questa funzioni in modo corretto occorre coordinare i professionisti che ne fanno parte, tenere a bada le tensioni che potrebbero sorgere nel lavoro quotidiano e restare focalizzati sui bisogni dei clienti. Ma per gestire correttamente la propria organizzazione, bisogna definirla soffermandosi su tre ambiti: clienti, servizi offerti, professionisti e collaboratori. Esistono, infatti, quattro tipologie di organizzazioni professionali.

Le organizzazioni professionali: tipologie e implicazioni

Tipicamente si individuano quattro modelli di organizzazione professionale. Ogni organizzazione, infatti, si contraddistingue per determinate caratteristiche dettate dalla struttura, dalle risorse professionali coinvolte e da elementi economici come il prezzo dei servizi offerti e i margini di profitto. Un’organizzazione professionale potrebbe essere più composita di un’altra, ma è da escludere che vi possa essere una sovrapposizione tra tipologie diverse di organizzazione. È necessario, dunque, definire in quale modello si identifica un’organizzazione per poterla gestire al meglio. Ecco un elenco riassuntivo.

  1. Organizzazione di commodity. È un’organizzazione professionale che si propone di risolvere esigenze di routine dei clienti e che, quindi, offre un servizio altamente standardizzato (ad esempio il servizio di domiciliazione) a basso costo. Il team di professionisti che lavora all’interno di questo tipo di organizzazione è focalizzato sulla corretta esecuzione di un servizio semplice e ripetitivo più che su specifiche abilità professionali. È per questo che per aumentare l’efficienza di questa organizzazione basterà implementare il servizio offerto rendendolo più strutturato.
  2. Organizzazione procedurale. È un’organizzazione professionale che si contraddistingue perché offre un servizio costituito da più attività correlate tra loro (ad esempio il servizio di gestione della contabilità). È un tipo di organizzazione, quindi, in cui non basta essere efficienti, ma occorre essere anche molto competenti su più fronti. 
  3. Organizzazione basata sull’esperienza. È un’organizzazione professionale che offre supporto in ambiti rilevanti e delicati che il cliente conosce poco (ad esempio il servizio offerto da uno studio legale o di commercialisti). In questi casi è l’esperienza maturata nel tempo a fare la differenza e a spingere il cliente a rivolgersi a un’organizzazione piuttosto che a un’altra.
  4. Organizzazione con focus su nuove sfide. È un’organizzazione professionale deputata a gestire un problema nuovo con implicazioni importanti per il cliente (ad esempio i servizi di consulenza e gestione digitale come i siti e-commerce, il Metaverso, le monete virtuali). In questi casi le risorse professionali dell’organizzazione hanno abilità molto elevate che consentono di risolvere esigenze nuove tanto per il cliente quanto per loro stessi.

Come anticipato, le quattro tipologie di organizzazioni professionali si distinguono anche per le risorse coinvolte e per il livello di pricing (prezzi) dei servizi offerti e di margini di profitto. Si osserva, infatti, che nelle organizzazioni di commodity e in quelle procedurali si hanno prezzi e margini di profitto più bassi. Questo avviene perché i servizi offerti richiedono un livello meno alto di professionalità delle risorse professionali coinvolte.

Nelle organizzazioni professionali basate sull’esperienza e in quelle con un focus sulle nuove sfide, invece, non solo saranno più alti i prezzi dei servizi offerti, ma anche i margini di profitto. Si tratta, come spiegato, di organizzazioni che richiedono un alto livello di preparazione e competenza e che offrono un servizio che potremmo definire non replicabile.

Le quattro tipologie di organizzazioni professionali
Le quattro tipologie di organizzazioni professionali

Tutto questo ha un impatto inevitabile sulla struttura dell’organizzazione stessa. I primi due tipi di organizzazione, infatti, richiedono una struttura molto piatta in cui operano molti collaboratori e pochi soci che lavorano in un contesto caratterizzato da un’ampia capacità organizzativa.

Organizzazioni “piramidali” piatte e grande capacità organizzativa dell’apice nel caso di servizi commodity e procedurali
Organizzazioni “piramidali” piatte e grande capacità organizzativa dell’apice nel caso di servizi commodity e procedurali

Nelle altre due tipologie di organizzazioni, invece, si ritroveranno a operare molti professionisti e pochissimi collaboratori perché il livello di competenza richiesto è tale per cui è necessario che i soci si confrontino costantemente per risolvere situazioni delicate e con peculiarità differenti.

Organizzazioni “piramidali” alte e vasta disponibilità di esperienza e competenza nel caso di servizi "esperienza" e "nuove sfide"
Organizzazioni “piramidali” alte e vasta disponibilità di esperienza e competenza nel caso di servizi “esperienza” e “nuove sfide”

La profit formula delle organizzazioni professionali

Se, come spiegato, nella struttura di un’organizzazione professionale si deve tenere in considerazione il margine di profitto, sarà utile essere in grado di calcolare la profittabilità dell’organizzazione stessa. Per farlo ci viene in soccorso la cosiddetta profit formula in base alla quale:

Profittabilità = Margine di profitto * Produttività * (1+ Leva)

Fondamentalmente il fatturato di un’organizzazione professionale si calcola dividendo i ricavi realizzati per i soci che appartengono all’organizzazione. Ma a questo si aggiungono anche altri fattori variabili come:

  1. la marginalità di cosa si vende, ossia la differenza tra il prezzo di vendita del prodotto e i costi sostenuti per produrlo;
  2. il livello di produttività dei soci;
  3. il numero di collaboratori rispetto ai soci.

Ecco, allora, che la formula della profittabilità può intendersi così:

La profit formula delle organizzazioni professionali
La profit formula delle organizzazioni professionali

La profittabilità, dunque, si calcola considerando il profitto prodotto sui ricavi ottenuti, i ricavi fatti da ogni professionista dell’organizzazione e il numero di soci presenti per ogni professionista.

Per comprendere meglio il concetto, si può dire che i soci “fanno leva” sul capitale umano assumendo professionisti non soci e aumentando in questo modo il capitale umano che può essere impiegato nell’organizzazione generando così fatturato.

In questo si individua la differenza tra le organizzazioni professionali e quelle commerciali. Nelle prime, infatti, il focus è sul capitale umano (che lavorando genera fatturato), mentre nelle organizzazioni commerciali il focus è sul capitale finanziario perché i proprietari “fanno leva” sul capitale.

A questo punto è bene chiarire che è possibile mettere in campo azioni per migliorare la profittabilità dell’organizzazione professionale. Sono diverse e ognuna di esse ha un impatto differente sull’organizzazione, tra le più efficaci abbiamo:

  1. Aumentare le tariffe
  2. Aumentare le vendite
  3. Investire per offrire nuovi servizi
  4. Investire in software per l’efficienza organizzativa
  5. Ridurre/eliminare servizi non profittevoli
  6. Ridurre/eliminare clienti non profittevoli
  7. Abbassare i costi generali di studio
  8. Aumentare l’utilizzazione/produttività delle risorse/collaboratori

A seconda dell’organizzazione di riferimento sarà più o meno facile implementare alcune attività e gli effetti/benefici potranno essere diversi. Sulla base di riscontri sul campo, in linea generale, si considerano particolarmente efficaci la riduzione/eliminazione di servizi e di clienti non profittevoli per l’organizzazione professionale.

Spesso, infatti, per essere maggiormente efficaci occorre ripensare la propria attività. Questo può anche significare “ridurre/ eliminare clienti non profittevoli” e quindi fare in modo che un cliente storico (ma non profittevole) non sia più gestito da voi, ma ad esempio sia affidato a un vostro collaboratore junior.

Delegare per la redditività e la crescita dei giovani    

Un’organizzazione professionale funziona grazie alle competenze delle persone che vi lavorano. È per questo motivo che delegare loro alcune attività significa accrescere il funzionamento dell’organizzazione stessa sia nel medio periodo (in termini di continuità dell’attività), sia nel lungo periodo. I soci di un’organizzazione professionale, infatti, devono pensare al futuro della loro attività, al passaggio di testimone che – prima o poi – dovrà esserci.

Potrebbe essere proprio un giovane professionista ad acquisire una quota dell’organizzazione. Perciò è importante lavorare ogni giorno per fare in modo che quel giovane cresca professionalmente, si allinei ai valori dell’organizzazione e – in futuro – ne entri a far parte come socio.

La delega ai giovani professionisti delle attività interne all’organizzazione è una scelta strategica. Spesso, purtroppo, è uno strumento che viene tralasciato e svalutato. E invece la delega accresce il clima di fiducia all’interno dell’organizzazione. Delegare, infatti, significa riporre fiducia nel giovane e promettente professionista che lavora nell’organizzazione. In questo modo non solo si farà in modo che lavori più serenamente, ma lo si motiverà a lavorare meglio e quindi a essere più produttivo. In poche parole delegare vuol dire aumentare la redditività.

Un dipendente motivato è un lavoratore che genera ricchezza per l’organizzazione perché porta con sé nuove competenze, acquisisce nuovi clienti e, nel lungo termine, può persino diventare socio dell’organizzazione. È un circolo virtuoso che si innesta a favore di tutti: del dipendente, del professionista e dell’organizzazione professionale.

Motivazione dei dipendenti - circolo virtuoso

In questo modo non si fa altro che alimentare le prospettive di vita dell’organizzazione. Come anticipato, infatti, la delega non porta frutti solo nel medio periodo ma consente anche di pensare al futuro dell’organizzazione.

Quando arriverà il momento di vendere la propria attività le alternative saranno due. Da un lato è possibile venderla a grandi studi, ma le implicazioni che questo comporta la rende la scelta meno conveniente. Dall’altro, invece, è possibile vendere a praticanti e professionisti che già lavorano all’interno dell’organizzazione. Se la si pensa in questi termini, si comprende come si sia più propensi e stimolati a ricorrere allo strumento della delega per allineare nel tempo i valori del giovane professionista a quelli dell’organizzazione.

Questo processo di allineamento non deve essere monolaterale. È indispensabile, infatti, coinvolgere i propri collaboratori anche chiedendo loro dei feedback sul lavoro svolto e sull’operato dell’organizzazione. Non si tratta solo di un modo per tastare il loro umore, ma anche di un’opportunità per recepire proposte e idee per migliorare l’attività e per comprendere quali sono le caratteristiche che rendono una determinata organizzazione professionale attraente per clienti e nuovi talenti.

Un’idea per iniziare ad ascoltare i collaboratori, coinvolgendoli davvero nella vita dell’organizzazione professionale potrebbe essere quella di sottoporre loro un questionario oppure di fare incontri periodici one to one. Potete chiedere feedback di ogni genere, se volete è possibile chiedere pareri in forma anonima, incaricare una persona di occuparsi di questo oppure sfruttare le piattaforme digitali come Surveymonkey o Google module per distribuire a tutti il questionario.

I cinque comandamenti del professionista

Essere un professionista è una vocazione prima ancora che un mestiere. Si tratta di riuscire a coordinare le risorse interne in modo tale che rendano nel migliore dei modi e di assicurare una gestione dell’organizzazione che assicuri profitto e successo.

Per tutte queste ragioni un professionista è chiamato a seguire alcune linee guida nella sua attività quotidiana. In questa sede parleremo, più propriamente, dei cinque comandamenti del professionista. Ogni socio, infatti, deve essere da esempio per le risorse professionali e per i collaboratori da cui è circondato. Vediamo quali sono i “comandamenti” da seguire.

Organizzazione e marketing dello studio - I cinque comandamenti del professionista

1.Imparare per acquisire nuove abilità

Essere un socio di un’organizzazione professionale non significa smettere di imparare. Tutt’altro, perché un buon socio è colui che è da esempio ai propri collaboratori. Per questo motivo, ogni professionista deve imparare continuamente. L’obiettivo è accrescere le abilità nel proprio lavoro.

Non è consentito, infatti, credere di essere i massimi esperti o i migliori nel proprio settore di riferimento. Anche laddove sia davvero così, infatti, il capitale di competenza perderà inevitabilmente valore con il tempo. L’unico modo per evitare che questo accada, dunque, è non rinunciare alla propria formazione professionale.

2.Gestire la crescita professionale

Imparare significa crescere professionalmente. Ma essere un buon professionista significa essere in grado di gestire questa crescita professionale. Ciò vuol dire non concentrarsi solo sui propri clienti e sulla quantità di lavoro che questi richiedono, ma dedicare tempo alla qualità di questa crescita professionale.

Un socio, infatti, deve essere consapevole del fatto che il successo di un’attività professionale dipende anche dal proprio percorso di crescita perché implementando le proprie competenze si arricchisce l’organizzazione professionale.

3.Dedicarsi allo sviluppo di nuove opportunità

Se c’è un’attività che richiede assolutamente di essere svolta in prima persona dal socio, quella è dedicare del tempo a nuove opportunità di sviluppo. Investire le proprie energie per occuparsi, ad esempio, di nuovi modelli di marketing e di vendite per migliorare il prestigio della propria organizzazione non è un’attività delegabile ad altri.

Si richiede, infatti, che il socio si impegni in attività simili in prima persona. È un segno di riconoscimento della fiducia che il cliente ripone nel professionista.

4.Sviluppare un percorso di crescita dei propri collaboratori

Se un’organizzazione professionale si basa sulle persone che la compongono, allora è indispensabile investire su di loro. È necessario che il professionista si dedichi personalmente allo sviluppo delle sue risorse delineando insieme ad esse obiettivi chiari di carriera e garantendo, in questo modo, la reale crescita professionale dei collaboratori.

5. Coltivare il proprio portafoglio clienti

Un errore da evitare assolutamente è trascurare il portafoglio clienti esistente. Nell’ottica di dedicarsi ad attività di sviluppo costante, infatti, è auspicabile avere cura dei rapporti con i clienti esistenti.

Non bisogna sottovalutare che essi possono offrire nuove opportunità all’organizzazione professionale e, inoltre, rappresentano la chiave per il posizionamento della stessa all’interno del network di riferimento.

Come far crescere collaboratori e professionisti all’interno dell’organizzazione

Un’organizzazione professionale è una macchina i cui ingranaggi sono rappresentati dalle persone che ci lavorano. Le loro competenze e la loro professionalità sono il carburante necessario affinché la macchina prosegua il suo percorso. Un aspetto non trascurabile, però, risiede nell’affidamento di determinate attività a professionisti e collaboratori che devono avere le giuste competenze per svolgerle.

Talvolta, infatti, può essere necessario esternalizzare alcune mansioni a collaboratori che siano esperti di una certa materia perché i professionisti che lavorano all’interno dell’organizzazione professionale potrebbero non avere le giuste competenze. L’obiettivo, allora, deve essere quello di formare costantemente le risorse interne e averne a cuore la crescita professionale, affinché tutto possa essere svolto dalle persone che già prestano il loro servizio per l’organizzazione professionale.

In questo modo non solo aumenta la profittabilità dell’organizzazione, ma anche il suo prestigio. Vediamo allora come far crescere queste persone.

Organizzazione e marketing dello studio - Assegnazione delle pratiche e delle attività

La cooptazione per far crescere le persone

C’è un solo modo per far crescere le persone all’interno di un’organizzazione professionale ed è quello della cooptazione. Come in qualsiasi professione intellettuale, infatti, l’unico modo per imparare davvero è la pratica. Si parla propriamente di staffing, cioè di assegnazione di pratiche alle persone: solo assegnando loro pratiche e facendo in modo che le portino a termine, quelle persone potranno imparare.

Con il tempo, il risultato sarà che queste persone acquisteranno una certa capacità professionale che, oltre a rappresentare l’esito di un percorso di crescita personale, sarà anche motivo di sviluppo per l’intera organizzazione.

Lo staffing: dalla pianificazione al monitoraggio delle attività

Assegnare nuove pratiche ai professionisti e ai collaboratori aumenta la loro motivazione. Un dipendete motivato lavorerà meglio e questo sarà apprezzato anche dal mercato che riconoscerà la qualità del lavoro dell’organizzazione. A tal fine l’organizzazione dovrebbe consentire che i propri collaboratori e professionisti lavorino con i clienti sulle pratiche in corso, ma soprattutto che siano guidati da un mentore.

È indispensabile, dunque, che un’organizzazione professionale possa contare su una o più persone (in questo caso si parlerebbe di un comitato) che gestiscano direttamente lo staffing di collaboratori e professionisti. Il socio mentore (o il comitato) ha il compito di pianificare le attività. Questo significa che dovrà definire i processi che regolano le varie attività e assegnare ciascun processo a uno o più collaboratori/professionisti stabilendo un tempo entro il quale portarle a compimento. Successivamente occorrerà monitorare lo stato di quei processi tenendo traccia delle attività in corso, di quelle in ritardo e di quelle completate.

Organizzazione e marketing dello studio - Differenza tra occupazione carriera e vocazione

Tenere alta la motivazione

Come accennato, l’assegnazione di pratiche genera motivazione e la motivazione, a sua volta, genera profitto e autorevolezza. Per tenere sempre alta questa motivazione, tuttavia, è utile ascoltare i propri dipendenti. Da una ricerca condotta tramite interviste ai dipendenti di diverse organizzazioni sono state elaborate dieci buone regole per mantenere sempre alta la motivazione delle proprie risorse.

  1. Fornire obiettivi chiari
  2. Dare feedback puntuali
  3. Celebrare prontamente i loro successi
  4. Coinvolgerli nel processo decisionale
  5. Chiedere la loro opinione
  6. Fornire autonomia nel lavoro per lasciare libertà di azione
  7. Responsabilizzarli sui risultati
  8. Tollerare l’impazienza
  9. Fornire diverse opportunità di lavori e attività
  10. Tenerli informati sugli obiettivi dell’organizzazione

Tollerare l’impazienza dei giovani talenti è certamente tra le più importanti. Al contrario, condannare l’impazienza e la voglia di fare delle figure più giovani, potrebbe scoraggiare queste risorse. Tollerarne persino gli errori, invece, le stimolerà a migliorare.

Organizzazione e marketing dello studio - La spirale della motivazione
La spirale della motivazione
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