Scenario e contesto di riferimento
In un contesto competitivo sempre più pressante e dinamico, le professioni basate sulle competenze hanno subìto un profondo cambiamento. Se prima il professionista (in particolar modo il commercialista) si differenziava sulla base della sua conoscenza in una determinata materia, adesso quello che lo contraddistingue è la sua conoscenza del cliente : quanto il professionista riesce a soddisfare un cliente sempre più esigente e informato. Non si tratta più del professionista inteso come consulente di fiducia e onnisciente, ma di una figura professionale specializzata. La diretta conseguenza di questi mutamenti si osserva nella remunerazione che oggi è molto più variabile (e mediamente più bassa) rispetto al passato .
In un contesto così polarizzato, tuttavia, non cambia solo il posizionamento del professionista, ma mutano anche tutti gli ambiti in cui lo stesso si trova a operare tanto nel mondo del consumo quanto in quello dei servizi. Il risultato è una polarizzazione dei bisogni e, quindi, del consumatore/cliente .
La massiccia disponibilità di informazioni (reperibili tramite internet) in merito alle caratteristiche di un bene o di un servizio e la semplicità con cui oggi è possibile concludere un acquisto (si pensi alla vendita online) hanno generato due figure di cliente. Da un lato il consumatore transazionale che, essendo iper-informato su tutte le alternative disponibili, è in grado di scegliere con estrema semplicità. Dall’altro, il consumatore consulenziale che, invece, ha bisogno di consigli e consulenza per poter concludere il suo acquisto.
Si comprende come la gestione
dell’organizzazione professionale (quali professionisti integrare, chi
dovrà occuparsi della relazione con i clienti e così via) sarà incentrata sul
tipo di cliente al quale ci si rivolge. È la cosiddetta Client Centered
Strategy , una strategia in base alla quale il cliente è al centro della
strategia di un’organizzazione perché è lui lo stakeholder più importante.
È con il cliente (soprattutto consulenziale) che bisogna tessere un rapporto di fiducia . Come? Attraverso l’equazione della fiducia secondo la quale occorre sviluppare elementi come la credibilità, l’affidabilità e l’intimità della propria organizzazione, riducendo al minimo l’egoismo, cioè il ritorno personale.
Perché gestire un’organizzazione professionale
Un’organizzazione
professionale è un insieme di persone dotate di specifiche competenze che, coordinandosi
tra loro, offrono prodotti o servizi ai loro clienti con l’obiettivo di
accompagnarli nella risoluzione di specifiche esigenze.
Solitamente due o più
professionisti decidono di lavorare insieme (dando vita a un’organizzazione
professionale) per motivi diversi. Potrebbero voler integrare competenze
diverse così da offrire ai clienti un servizio più completo oppure la loro
intenzione potrebbe essere semplicemente quella di ridurre i costi su alcune
attività dell’organizzazione o, ancora, di aumentare il proprio posizionamento
dando vita a un’organizzazione professionale.
Tuttavia, come accennato, negli ultimi anni è cresciuta la pressione sul lavoro per i professionisti . Da un lato si ritrovano a operare in un contesto normativo sempre più fitto e dall’altro si interfacciano con clienti sempre più esigenti che, spesso, si rivolgono al professionista come se fosse un venditore ordinario, qualcuno che offre servizi base. Questo comporta un aumento dei ritmi di lavoro, ma si guadagna sempre meno .
È chiaro, allora, che gestire
un’organizzazione professionale non è così semplice. Affinché questa funzioni
in modo corretto occorre coordinare i professionisti che ne fanno parte,
tenere a bada le tensioni che potrebbero sorgere nel lavoro quotidiano e
restare focalizzati sui bisogni dei clienti. Ma per gestire correttamente la
propria organizzazione, bisogna definirla soffermandosi su tre ambiti: clienti,
servizi offerti, professionisti e collaboratori. Esistono, infatti, quattro
tipologie di organizzazioni professionali.
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Le organizzazioni professionali: tipologie e implicazioni
Tipicamente si individuano quattro
modelli di organizzazione professionale . Ogni organizzazione, infatti, si
contraddistingue per determinate caratteristiche dettate dalla struttura, dalle
risorse professionali coinvolte e da elementi economici come il prezzo dei
servizi offerti e i margini di profitto. Un’organizzazione professionale
potrebbe essere più composita di un’altra, ma è da escludere che vi possa
essere una sovrapposizione tra tipologie diverse di organizzazione. È
necessario, dunque, definire in quale modello si identifica un’organizzazione
per poterla gestire al meglio. Ecco un elenco riassuntivo.
Organizzazione di commodity . È un’organizzazione professionale che si propone di risolvere esigenze di routine dei clienti e che, quindi, offre un servizio altamente standardizzato (ad esempio il servizio di domiciliazione) a basso costo. Il team di professionisti che lavora all’interno di questo tipo di organizzazione è focalizzato sulla corretta esecuzione di un servizio semplice e ripetitivo più che su specifiche abilità professionali. È per questo che per aumentare l’efficienza di questa organizzazione basterà implementare il servizio offerto rendendolo più strutturato.
Organizzazione procedurale . È un’organizzazione professionale che si contraddistingue perché offre un servizio costituito da più attività correlate tra loro (ad esempio il servizio di gestione della contabilità). È un tipo di organizzazione, quindi, in cui non basta essere efficienti, ma occorre essere anche molto competenti su più fronti.
Organizzazione basata sull’esperienza . È un’organizzazione professionale che offre supporto in ambiti rilevanti e delicati che il cliente conosce poco (ad esempio il servizio offerto da uno studio legale o di commercialisti). In questi casi è l’esperienza maturata nel tempo a fare la differenza e a spingere il cliente a rivolgersi a un’organizzazione piuttosto che a un’altra.
Organizzazione con focus su nuove sfide . È un’organizzazione professionale deputata a gestire un problema nuovo con implicazioni importanti per il cliente (ad esempio i servizi di consulenza e gestione digitale come i siti e-commerce, il Metaverso, le monete virtuali). In questi casi le risorse professionali dell’organizzazione hanno abilità molto elevate che consentono di risolvere esigenze nuove tanto per il cliente quanto per loro stessi.
Come anticipato, le quattro
tipologie di organizzazioni professionali si distinguono anche per le risorse
coinvolte e per il livello di pricing (prezzi) dei servizi offerti e
di margini di profitto . Si osserva, infatti, che nelle organizzazioni di
commodity e in quelle procedurali si hanno prezzi e margini di profitto più
bassi. Questo avviene perché i servizi offerti richiedono un livello meno alto
di professionalità delle risorse professionali coinvolte.
Nelle organizzazioni professionali basate sull’esperienza e in quelle con un focus sulle nuove sfide, invece, non solo saranno più alti i prezzi dei servizi offerti, ma anche i margini di profitto. Si tratta, come spiegato, di organizzazioni che richiedono un alto livello di preparazione e competenza e che offrono un servizio che potremmo definire non replicabile.
Le quattro tipologie di organizzazioni professionali Tutto questo ha un impatto inevitabile sulla struttura dell’organizzazione stessa. I primi due tipi di organizzazione, infatti, richiedono una struttura molto piatta in cui operano molti collaboratori e pochi soci che lavorano in un contesto caratterizzato da un’ampia capacità organizzativa.
Organizzazioni “piramidali” piatte e grande capacità organizzativa dell’apice nel caso di servizi commodity e procedurali Nelle altre due tipologie di organizzazioni, invece, si ritroveranno a operare molti professionisti e pochissimi collaboratori perché il livello di competenza richiesto è tale per cui è necessario che i soci si confrontino costantemente per risolvere situazioni delicate e con peculiarità differenti.
Organizzazioni “piramidali” alte e vasta disponibilità di esperienza e competenza nel caso di servizi “esperienza” e “nuove sfide” La profit formula delle organizzazioni professionali
Se, come spiegato, nella
struttura di un’organizzazione professionale si deve tenere in considerazione
il margine di profitto, sarà utile essere in grado di calcolare la profittabilità
dell’organizzazione stessa. Per farlo ci viene in soccorso la cosiddetta profit
formula in base alla quale:
Profittabilità =
Margine di profitto * Produttività * (1+ Leva)
Fondamentalmente il fatturato di
un’organizzazione professionale si calcola dividendo i ricavi realizzati per
i soci che appartengono all’organizzazione . Ma a questo si aggiungono anche
altri fattori variabili come:
la marginalità di cosa si vende, ossia la differenza tra il prezzo di vendita del prodotto e i costi sostenuti per produrlo;
il livello di produttività dei soci ;
il numero di collaboratori rispetto ai soci.
Ecco, allora, che la formula della profittabilità può intendersi così:
La profit formula delle organizzazioni professionali La profittabilità, dunque, si calcola considerando il profitto
prodotto sui ricavi ottenuti, i ricavi fatti da ogni professionista
dell’organizzazione e il numero di soci presenti per ogni professionista .
Per
comprendere meglio il concetto, si può dire che i soci “fanno leva” sul
capitale umano assumendo professionisti non soci e aumentando in questo modo il
capitale umano che può essere impiegato nell’organizzazione generando così
fatturato.
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In
questo si individua la differenza tra le organizzazioni professionali e quelle
commerciali. Nelle prime, infatti, il focus è sul capitale umano (che lavorando
genera fatturato), mentre nelle organizzazioni commerciali il focus è sul
capitale finanziario perché i proprietari “fanno leva” sul capitale.
A
questo punto è bene chiarire che è possibile mettere in campo azioni per
migliorare la profittabilità dell’organizzazione professionale . Sono
diverse e ognuna di esse ha un impatto differente sull’organizzazione, tra le
più efficaci abbiamo:
Aumentare le tariffe
Aumentare le vendite
Investire per offrire
nuovi servizi
Investire in software
per l’efficienza organizzativa
Ridurre/eliminare
servizi non profittevoli
Ridurre/eliminare
clienti non profittevoli
Abbassare i costi
generali di studio
Aumentare
l’utilizzazione/produttività delle risorse/collaboratori
A
seconda dell’organizzazione di riferimento sarà più o meno facile implementare
alcune attività e gli effetti/benefici potranno essere diversi. Sulla base di
riscontri sul campo, in linea generale, si considerano particolarmente efficaci
la riduzione/eliminazione di servizi e di clienti non
profittevoli per l’organizzazione professionale.
Spesso, infatti, per essere
maggiormente efficaci occorre ripensare la propria attività. Questo può anche
significare “ridurre/ eliminare clienti non profittevoli” e quindi fare in modo
che un cliente storico (ma non profittevole) non sia più gestito da voi, ma ad
esempio sia affidato a un vostro collaboratore junior.
Delegare per la redditività e la crescita dei giovani
Un’organizzazione
professionale funziona grazie alle competenze delle persone che vi lavorano. È
per questo motivo che delegare loro alcune attività significa accrescere
il funzionamento dell’organizzazione stessa sia nel medio periodo (in
termini di continuità dell’attività), sia nel lungo periodo. I soci di
un’organizzazione professionale, infatti, devono pensare al futuro della loro
attività, al passaggio di testimone che – prima o poi – dovrà esserci.
Potrebbe
essere proprio un giovane professionista ad acquisire una quota
dell’organizzazione. Perciò è importante lavorare ogni giorno per fare in modo
che quel giovane cresca professionalmente, si allinei ai valori
dell’organizzazione e – in futuro – ne entri a far parte come socio.
La
delega ai giovani professionisti delle
attività interne all’organizzazione è una scelta strategica . Spesso, purtroppo, è uno strumento che viene
tralasciato e svalutato. E invece la delega accresce il clima di fiducia
all’interno dell’organizzazione. Delegare, infatti, significa riporre fiducia
nel giovane e promettente professionista che lavora nell’organizzazione. In
questo modo non solo si farà in modo che lavori più serenamente, ma lo si
motiverà a lavorare meglio e quindi a essere più produttivo. In poche parole delegare vuol dire aumentare la redditività .
Un dipendente motivato è un lavoratore che genera ricchezza per l’organizzazione perché porta con sé nuove competenze, acquisisce nuovi clienti e, nel lungo termine, può persino diventare socio dell’organizzazione. È un circolo virtuoso che si innesta a favore di tutti: del dipendente, del professionista e dell’organizzazione professionale.
In questo modo non si fa altro che alimentare le prospettive di vita dell’organizzazione. Come anticipato, infatti, la delega non porta frutti solo nel medio periodo ma consente anche di pensare al futuro dell’organizzazione.
Quando arriverà il momento di vendere la propria
attività le alternative saranno due. Da un lato è possibile venderla a grandi
studi, ma le implicazioni che questo comporta la rende la scelta meno
conveniente. Dall’altro, invece, è possibile vendere a praticanti e
professionisti che già lavorano all’interno dell’organizzazione. Se la si pensa
in questi termini, si comprende come si sia più propensi e stimolati a
ricorrere allo strumento della delega per allineare nel tempo i valori del
giovane professionista a quelli dell’organizzazione.
Questo processo di allineamento non deve essere
monolaterale. È indispensabile, infatti, coinvolgere i propri collaboratori
anche chiedendo loro dei feedback sul lavoro svolto e sull’operato
dell’organizzazione. Non si tratta solo di un modo per tastare il loro umore,
ma anche di un’opportunità per recepire proposte e idee per migliorare
l’attività e per comprendere quali sono le caratteristiche che rendono una
determinata organizzazione professionale attraente per clienti e nuovi talenti.
Un’idea per iniziare ad ascoltare i collaboratori, coinvolgendoli davvero nella vita dell’organizzazione professionale potrebbe essere quella di sottoporre loro un questionario oppure di fare incontri periodici one to one. Potete chiedere feedback di ogni genere, se volete è possibile chiedere pareri in forma anonima, incaricare una persona di occuparsi di questo oppure sfruttare le piattaforme digitali come Surveymonkey o Google module per distribuire a tutti il questionario.
I cinque comandamenti del professionista
Essere un professionista è una
vocazione prima ancora che un mestiere. Si tratta di riuscire a coordinare le
risorse interne in modo tale che rendano nel migliore dei modi e di assicurare
una gestione dell’organizzazione che assicuri profitto e successo.
Per tutte queste ragioni un professionista è chiamato a seguire alcune linee guida nella sua attività quotidiana. In questa sede parleremo, più propriamente, dei cinque comandamenti del professionista . Ogni socio, infatti, deve essere da esempio per le risorse professionali e per i collaboratori da cui è circondato. Vediamo quali sono i “comandamenti” da seguire.
1.Imparare per acquisire nuove abilità
Essere un socio di
un’organizzazione professionale non significa smettere di imparare. Tutt’altro,
perché un buon socio è colui che è da esempio ai propri collaboratori. Per
questo motivo, ogni professionista deve imparare continuamente .
L’obiettivo è accrescere le abilità nel proprio lavoro .
Non è consentito, infatti,
credere di essere i massimi esperti o i migliori nel proprio settore di
riferimento. Anche laddove sia davvero così, infatti, il capitale di competenza
perderà inevitabilmente valore con il tempo. L’unico modo per evitare che
questo accada, dunque, è non rinunciare alla propria formazione
professionale .
2.Gestire la crescita professionale
Imparare significa crescere
professionalmente. Ma essere un buon professionista significa essere in grado
di gestire questa crescita professionale. Ciò vuol dire non concentrarsi solo
sui propri clienti e sulla quantità di lavoro che questi richiedono, ma dedicare
tempo alla qualità di questa crescita professionale .
Un socio, infatti, deve essere
consapevole del fatto che il successo di un’attività professionale dipende
anche dal proprio percorso di crescita perché implementando le proprie
competenze si arricchisce l’organizzazione professionale.
3.Dedicarsi allo sviluppo di nuove opportunità
Se c’è un’attività che richiede
assolutamente di essere svolta in prima persona dal socio, quella è dedicare
del tempo a nuove opportunità di sviluppo . Investire le proprie energie
per occuparsi, ad esempio, di nuovi modelli di marketing e di vendite per
migliorare il prestigio della propria organizzazione non è un’attività
delegabile ad altri.
Si richiede, infatti, che il
socio si impegni in attività simili in prima persona. È un segno di
riconoscimento della fiducia che il cliente ripone nel professionista.
4.Sviluppare un percorso di crescita dei propri collaboratori
Se un’organizzazione
professionale si basa sulle persone che la compongono, allora è indispensabile
investire su di loro. È necessario che il professionista si dedichi
personalmente allo sviluppo delle sue risorse delineando insieme ad esse
obiettivi chiari di carriera e garantendo, in questo modo, la reale crescita
professionale dei collaboratori.
5. Coltivare il proprio portafoglio clienti
Un errore da evitare
assolutamente è trascurare il portafoglio clienti esistente. Nell’ottica di
dedicarsi ad attività di sviluppo costante, infatti, è auspicabile avere
cura dei rapporti con i clienti esistenti .
Non bisogna sottovalutare che essi possono offrire nuove opportunità all’organizzazione professionale e, inoltre, rappresentano la chiave per il posizionamento della stessa all’interno del network di riferimento.
Come far crescere collaboratori e professionisti all’interno dell’organizzazione
Un’organizzazione professionale è una macchina i cui ingranaggi
sono rappresentati dalle persone che ci lavorano. Le loro competenze e la loro
professionalità sono il carburante necessario affinché la macchina prosegua il
suo percorso. Un aspetto non trascurabile, però, risiede nell’affidamento di
determinate attività a professionisti e collaboratori che devono avere le
giuste competenze per svolgerle.
Talvolta, infatti, può essere necessario esternalizzare alcune mansioni a collaboratori che siano esperti di una certa materia perché i professionisti che lavorano all’interno dell’organizzazione professionale potrebbero non avere le giuste competenze. L’obiettivo, allora, deve essere quello di formare costantemente le risorse interne e averne a cuore la crescita professionale , affinché tutto possa essere svolto dalle persone che già prestano il loro servizio per l’organizzazione professionale.
In questo modo non solo aumenta la profittabilità dell’organizzazione, ma anche il suo prestigio. Vediamo allora come far crescere queste persone.
La cooptazione per far crescere le persone
C’è un solo modo per far crescere le persone all’interno di
un’organizzazione professionale ed è quello della cooptazione . Come in
qualsiasi professione intellettuale, infatti, l’unico modo per imparare
davvero è la pratica . Si parla propriamente di staffing , cioè di
assegnazione di pratiche alle persone: solo assegnando loro pratiche e facendo
in modo che le portino a termine, quelle persone potranno imparare.
Con il tempo, il risultato sarà che queste persone acquisteranno una certa capacità professionale che, oltre a rappresentare l’esito di un percorso di crescita personale, sarà anche motivo di sviluppo per l’intera organizzazione.
Lo staffing: dalla pianificazione al monitoraggio delle attività
Assegnare nuove pratiche ai professionisti e ai collaboratori aumenta la loro motivazione. Un dipendete motivato lavorerà meglio e questo sarà apprezzato anche dal mercato che riconoscerà la qualità del lavoro dell’organizzazione. A tal fine l’organizzazione dovrebbe consentire che i propri collaboratori e professionisti lavorino con i clienti sulle pratiche in corso, ma soprattutto che siano guidati da un mentore.
È indispensabile, dunque, che un’organizzazione professionale possa contare su una o più persone (in questo caso si parlerebbe di un comitato ) che gestiscano direttamente lo staffing di collaboratori e professionisti. Il socio mentore (o il comitato) ha il compito di pianificare le attività . Questo significa che dovrà definire i processi che regolano le varie attività e assegnare ciascun processo a uno o più collaboratori/professionisti stabilendo un tempo entro il quale portarle a compimento. Successivamente occorrerà monitorare lo stato di quei processi tenendo traccia delle attività in corso, di quelle in ritardo e di quelle completate.
Tenere alta la motivazione
Come accennato, l’assegnazione di pratiche genera motivazione e la
motivazione, a sua volta, genera profitto e autorevolezza. Per tenere sempre
alta questa motivazione, tuttavia, è utile ascoltare i propri dipendenti. Da
una ricerca condotta tramite interviste ai dipendenti di diverse organizzazioni
sono state elaborate dieci buone regole per mantenere sempre alta la
motivazione delle proprie risorse.
Fornire
obiettivi chiari
Dare
feedback puntuali
Celebrare
prontamente i loro successi
Coinvolgerli
nel processo decisionale
Chiedere
la loro opinione
Fornire
autonomia nel lavoro per lasciare libertà di azione
Responsabilizzarli
sui risultati
Tollerare
l’impazienza
Fornire
diverse opportunità di lavori e attività
Tenerli
informati sugli obiettivi dell’organizzazione
Tollerare l’impazienza dei giovani talenti è certamente tra le più importanti. Al contrario, condannare l’impazienza e la voglia di fare delle figure più giovani, potrebbe scoraggiare queste risorse. Tollerarne persino gli errori, invece, le stimolerà a migliorare.
La spirale della motivazione