Processo civile telematico

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La PEC di un’attività professionale o commerciale è utilizzabile anche per notificare atti con finalità diverse da quelle dell’attività stessa

Con l’Ordinanza 22/01/2025 n. 1615 la Corte di Cassazione ha confermato che l'indirizzo di posta elettronica INI-PEC, anche se riferito ad una specifica attività professionale, può essere utilizzato per la notificazione di atti estranei all'attività stessa. Vediamo nel dettaglio le motivazioni di queste indicazioni.

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza 22/01/2025 n. 1615, ha avuto modo di occuparsi di un’importante questione giuridica attinente alle notificazioni via PEC; questione che ha tenuto lungamente banco sia in ambito giurisprudenziale che dottrinario e che, vi è da precisarlo, pareva essere stata definitivamente risolta anche dalla modifica – a seguito dell’introduzione della riforma Cartabia – dell’art. 137 c.p.c. e dall’introduzione del nuovo art. 3ter all’interno della L. 54 del 1994.

La vicenda che ci occupa è relativa alla notificazione digitale di un atto ad indirizzo PEC attivato con riferimento ad una specifica attività professionale, ma estraneo all’attività in questione, e – in particolare – alla notificazione di un atto relativo – nel merito – alla declaratoria di nullità del matrimonio, effettuata all’indirizzo PEC professionale di un medico.

Gli Ermellini – aderendo alla tesi maggioritaria espressa nel corso degli anni dalla dottrina di riferimento, nonché da precedenti assunti della Suprema Corte – hanno chiarito come in tema di domicilio digitale, l’indirizzo risultante dal registro INI-PEC, che sia stato attivato dal destinatario con riferimento ad una specifica attività professionale, possa essere utilizzato anche per la notificazione di atti ad essa estranei, poiché nei confronti dei soggetti, obbligati per legge a munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, la notifica si ha per perfezionata con la mera generazione della ricevuta di avvenuta consegna, non potendosi immaginare un domicilio digitale diverso per ogni singolo atto da notificarsi (Cass., n. 12134/2024).

L’Ordinanza in oggetto, quindi, non solo stravolge l’orientamento contrario di alcuni Tribunali di merito (in particolare del Tribunale di Roma che, per primo, aveva avanzato dubbi sulla validità di tali notificazioni) ma stabilisce come l’inserimento del proprio indirizzo PEC professionale all’interno di un pubblico registro valga, a tutti gli effetti di legge, a costituire un domicilio digitale unico al quale, di conseguenza, potranno essere effettuate tutte le notificazioni relative alla persona titolare dell’indirizzo PEC medesimo.

Vi è infine da sottolineare come la pronuncia in esame riesca, fra l’altro, a porre nel nulla una prassi negativa invalsa presso molte corti di merito, ossia, quella della richiesta al soggetto notificante della prova di aver estratto – magari tramite il deposito di uno screenshot del sito internet – l’indirizzo PEC destinatario da uno dei pubblici registri previsti ex lege.

Proprio su tale ultimo punto la Suprema Corte ha giustamente precisato come la circostanza che l’indirizzo PEC del destinatario sia stato estratto dal registro pubblico INI-PEC (elemento essenziale per la validità della notificazione) sia regolata dal disposto dell’art. 3 bis, c.5, della L. n. 53/94 che subordina la validità di cui sopra unicamente alla mera attestazione del difensore dell’inclusione dell’indirizzo PEC nel pubblico registro.

Data la formulazione della norma, quindi, sarà onere di controparte provare che l’indirizzo PEC cui la notifica è stata inviata non sia in realtà compreso nell’elenco indicato e non viceversa.

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