Telelavoratori e dipendenti “agili”: criteri di computo nell’organico
Il computo del numero dei dipendenti del datore ha grande importanza, a numerosi fini: basti pensare alla tutela spettante in caso di licenziamento o al numero di disabili da assumere. Un caso particolare – risolto in senso opposto dalla legge e dal Ministero del Lavoro – è quello del computo dei dipendenti in telelavoro oppure in smart working (istituti simili ma per nulla identici).
L’articolo 23 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, dispone che i datori privati che fanno ricorso al telelavoro per motivi legati a esigenze di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro in forza di accordi collettivi stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, possono escludere tali dipendenti dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per applicare particolari normative e istituti. Circa tale disposizione, il Ministero ha precisato che l’esclusione presuppone che i lavoratori siano ammessi al telelavoro per l’intero orario di lavoro; quindi, ove essi vi siano ammessi solo parzialmente, sono esclusi in proporzione all’orario di lavoro svolto in telelavoro, rapportato al tempo pieno (Ministero Lavoro, Nota 17 febbraio 2016, prot. n. 970).
Al contrario, sempre per il Ministero, tale esclusione dal computo dell’organico, stante la mancanza di un’esplicita previsione di legge, non può essere estesa ai dipendenti in regime di lavoro agile (o smart working) per determinare la quota di riserva, ossia per stabilire quanti lavoratori disabili debbano essere assunti dal singolo datore (Ministero Lavoro, Risposta a interpello 9 giugno 2021, n. 3 – prot. n. 10833). In generale, in base a tale ultimo parere, deve quindi ritenersi che (salvo eventuali future modifiche normative) i lavoratori “agili” debbano sempre essere inclusi nel computo dell’organico, anche ai fini di altri istituti.