Processo civile telematico

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Cassazione Penale – Casella PEC piena e perfezionamento della notifica

Con la recente sentenza 54141/2017 anche la Cassazione Penale ha avuto modo di occuparsi delle comunicazioni e notificazioni via PEC effettuate nei confronti dei Difensori delle parti, nonché degli effetti causati dalla non corretta manutenzione della casella di Posta Elettronica Certificata.
Nel caso oggetto di analisi, il Difensore dei due indagati lamentava la mancata ricezione dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale relativa ad una convalida di sequestro preventivo pendente dinanzi al Tribunale di Livorno in funzione di Giudice del Riesame.
Tale mancata comunicazione avrebbe comportato l’impossibilità per il Difensore de quo di partecipare a detta udienza.
La Corte di Cassazione, entrando nel merito della vicenda, ha sottolineato però che la mancata ricezione del messaggio PEC di fissazione di udienza sarebbe stata completamente imputabile al Difensore ricevente poiché, nonostante vi fosse stato il corretto invio da parte della Cancelleria del Tribunale, la comunicazione stessa non sarebbe potuta giungere a destinazione stante la saturazione della casella di Posta Elettronica Certificata del destinatario: “Va, infatti, premesso che l’art. 20 del d.m. 21/02/2011 n. 44 (recante “Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi dell’articolo 4, commi 1 e 2, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito nella legge 22 febbraio 2010, n. 24”), disciplina i “requisiti della casella di PEC del soggetto abilitato esterno”, imponendo a costui una serie di obblighi finalizzati a garantire il corretto funzionamento della casella di PEC e, quindi, la regolare ricezione dei messaggi di posta elettronica. In particolare, il “soggetto abilitato esterno” – ossia, nel caso che ci occupa, il difensore della parte privata – ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. m) d.m. n. 44 del 2011: a) “è tenuto a dotare il terminale informatico utilizzato di software idoneo a verificare l’assenza di virus informatici per ogni messaggio in arrivo e in partenza e di software antispam idoneo a prevenire la trasmissione di messaggi di posta elettronica indesiderati” (comma 2); b) “è tenuto a conservare, con ogni mezzo idoneo, le ricevute di avvenuta consegna dei messaggi trasmessi al dominio giustizia” (comma 3); c) è tenuto a munirsi di una casella di posta elettronica certificata che “deve disporre di uno spazio disco minimo definito nelle specifiche tecniche di cui all’articolo 34” (comma 4); d) “è tenuto a dotarsi di servizio automatico di avviso dell’imminente saturazione della propria casella di posta elettronica certificata e a verificare l’effettiva disponibilità dello spazio disco a disposizione” (comma 5). Di conseguenza, la mancata consegna è imputabile al destinatario nel caso in cui costui, venendo meno agli obblighi previsti dall’art. 20 d.m. n. 44 del 2011, non si doti dei necessari strumenti informatici ovvero non ne verifichi l’efficienza.
Gli Ermellini, oltre a sottolineare che – nel caso di specie – la mancata consegna sarebbe stata del tutto imputabile al mancato controllo da parte del Difensore degli indagati, argomentano anche in ordine ai conseguenti effetti giuridici che tale mancata consegna comporta: “…quando la trasmissione via PEC non vada a buon fine per causa imputabile al destinatario – trova applicazione l’art. 16, comma 6, d.l. n. 179 del 2012, secondo cui le notificazioni e le comunicazioni “sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria”. Peraltro, nonostante la mancata ricezione della comunicazione per causa a lui imputabile, il destinatario è comunque nella condizione di prendere cognizione degli estremi della comunicazione medesima, in quanto il sistema invia un avviso al portale dei servizi telematici, di modo che il difensore destinatario, accedendovi, viene informato dell’avvenuto deposito. Ai sensi dell’art. 16, comma 4, d.m. n. 44 del 2011, infatti, “nel caso in cui viene generato un avviso di mancata consegna previsto dalle regole tecniche della posta elettronica certificata (…) viene pubblicato nel portale dei servizi telematici, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34, un apposito avviso di avvenuta comunicazione o notificazione dell’atto nella cancelleria o segreteria dell’ufficio giudiziario, contenente i soli elementi identificativi del procedimento e delle parti e loro patrocinatori”. La notifica depositata in cancelleria è a disposizione dell’avvocato, il quale, per estrarne copia, ai sensi dell’art. 40, comma 1-ter, d.P.R. n. 115 del 2002, deve pagare il decuplo dei diritti normalmente dovuti.
Nel caso di specie, quindi, la notificazione in Cancelleria sarebbe stata del tutto idonea a produrre gli effetti della conoscibilità dell’atto oggetto di comunicazione ed in virtù di ciò il ricorso in Cassazione non poteva che essere dichiarato inammissibile.
La Suprema Corte conclude poi affermando il seguente principio di diritto “Deve ritenersi regolarmente perfezionata la comunicazione o la notificazione mediante deposito in cancelleria, ai sensi dell’art. 16, comma 6, d.l. n. 179 del 2012, nel caso in cui la mancata consegna del messaggio di PEC sia imputabile al destinatario, ciò che si verifica quando il destinatario medesimo, venendo meno agli obblighi previsti dall’art. 20 d.m. n. 44 del 2011, non si doti dei necessari strumenti informatici ovvero non ne verifichi l’efficienza”.
La pronuncia in esame, ineccepibile sia in termini esegetici che analitici, rappresenta un’importante presa di posizione nell’ambito delle comunicazioni e notificazioni nei procedimenti penali che indurrà certamente i penalisti “puri” – fino ad oggi rimasti ai margini del processo di digitalizzazione della Giustizia – a porre maggiore attenzione all’utilizzo e manutenzione degli strumenti tecnologici a propria disposizione.
 
 
A cura di Luca Sileni – Avv.to iscritto all’ordine di Grosseto referente informatico dell’ODA di Grosseto e Segretario del Centro Studi Processo Telematico

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