Cassazione Civile – Rinnovazione della notificazione per indirizzo PEC non aggiornato
Con la recente Sentenza n. 24474/2019, la Corte di Cassazione si è occupata di un interessante questione attinente alla nullità della notifica effettuata ad indirizzo PEC non aggiornato.
Nel caso di specie, in un giudizio instaurato presso la Corte d’Appello di Perugia, alla parte ricorrente – a seguito di mancata comparizione della controparte – veniva assegnato specifico termine per la notifica dell’atto introduttivo del giudizio, con rituale rinvio per permettere la costituzione del convenuto.
A seguito della concessione di tale termine, il Difensore provvedeva a notificare detto atto via Posta Elettronica Certificata, salvo accorgersi – a seguito di nuova mancata comparizione della controparte – che la notificazione de qua era stata effettuata ad un indirizzo PEC non aggiornato.
La Corte di Appello di Perugia concedeva quindi nuovo termine per la notificazione, e parte attrice provvedeva alla notifica a indirizzo di posta elettronica corretto, provocando la successiva costituzione di controparte.
Parte convenuta, però, eccepiva l’irregolarità della concessione di un secondo termine per la notificazione, e la Corte d’Appello dichiarava – di conseguenza – estinto il giudizio.
Orbene, la Suprema Corte di Cassazione conferma oggi la pronuncia della Corte d’Appello di Perugia, ritenendo – sul punto – che: “secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel caso in cui, dopo la concessione di un termine per rinnovare una notificazione, anche la notificazione effettuata in rinnovazione risulti nulla, non è possibile concedere un secondo termine per un’ulteriore rinnovazione, giacché la natura perentoria del termine assegnato per il rinnovo della notificazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c., comma 1 non consente che, per il compimento della medesima attività – cioè per il compimento di una notificazione valida – possa essere assegnato un nuovo termine; l’art. 153 c.p.c., infatti, vieta la proroga dei termini perentori, salvo che si prospettino i presupposti per la rimessione in termini contemplati dal comma 2 dello stesso art. 153 c.p.c.”
Proprio in tema di rimessione in termini – riprendendo l’ultimo passaggio della porzione di pronuncia appena citato – la Suprema Corte aggiunge un ulteriore rilievo: “nel ricorso non viene nemmeno dedotto che la notificazione all’Avvocatura dello Stato del 19 settembre 2016 sia stata effettuata presso un indirizzo PEC non aggiornato a causa di fatti che il ricorrente non era in condizione di conoscere e che in concreto erano sottratti ai suoi poteri; cosicchè non può nemmeno utilmente invocarsi quell’indirizzo giurisprudenziale che, in presenza di tali evenienze, ammette, in deroga al principio dell’improrogabilità dei termini perentori, la concessione di un secondo termine per la rinnovazione della notifica”.
Proprio tale passaggio appare di fondamentale importanza ai fini della nostra analisi; la responsabilità del legale di parte odierna ricorrente – infatti – è ricercabile nella carenza di diligenza nella verifica dell’indirizzo PEC.
Leggendo integralmente la pronuncia, in effetti, si evince come il difensore de quo, pur rilevando che la notificazione si fosse correttamente perfezionata in virtù della generazione della ricevuta di accettazione (RDA) e di avvenuta consegna (RDAC), ammette che la stessa era stata effettuata ad indirizzo non aggiornato. Da ciò si comprende come il professionista non abbia provveduto a controllare il relativo registro di indirizzi PEC (nel caso di specie avrebbe dovuto attingere al registro PP.AA. per l’amministrazione convenuta e al REGINDE per l’Avvocatura dello Stato) prima di effettuare la notificazione, non rendendosi quindi conto che – medio tempore – l’amministrazione aveva mutato il proprio recapito di Posta Elettronica Certificata.
Tale negligenza – in sostanza – non avrebbe comunque permesso nemmeno la concessione di una rimessione in termini, a nulla rilevando che il messaggio di posta elettronica inviato al vecchio indirizzo dell’amministrazione, fosse stato regolarmente ricevuto. Su tale punto – difatti – gli Ermellini precisano: “non è pertinente il richiamo del ricorrente al precedente di questa Corte n. 22352/15 (che ha espresso il principio che, “ai fini del perfezionamento della notifica telematica, occorre aver riguardo unicamente alla sequenza procedimentale stabilita dalla legge e, quindi, dal lato del mittente, alla ricevuta di accettazione, che prova l’avvenuta spedizione di un messaggio di posta elettronica certificata, e, dal lato del destinatario, alla ricevuta di avvenuta consegna, la quale, a sua volta, dimostra che il messaggio di posta elettronica certificata è pervenuto all’indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e certifica il momento dell’avvenuta consegna tramite un testo leggibile dal mittente”), giacchè ciò che rileva in questo giudizio non è che la notifica telematica del 19 settembre 2016 si sia perfezionata (circostanza non in discussione), ma che essa sia nulla (circostanza egualmente non in discussione, essendo lo stesso ricorrente a riferire che la stessa fu effettuata presso un indirizzo PEC non aggiornato); cosicchè la corte territoriale ha errato nel concedere, nell’udienza del 7 novembre 2016, un ulteriore termine per rinnovare la notifica, mentre non ha errato, col decreto impugnato, a dichiarare l’estinzione del processo ai sensi dell’art. 307 c.p.c., comma 3;”
Con detto assunto, concludendo, la Suprema Corte ribadisce ancora una volta come l’Avvocato sia direttamente responsabile del corretto utilizzo dei propri strumenti digitali, sia nella gestione del proprio lavoro di studio, sia – come nel caso di specie – quando utilizza detti strumenti per provvedere alla notificazione in proprio di atti giudiziari
A cura di Luca Sileni – Avv.to iscritto all’ordine di Grosseto referente informatico dell’ODA di Grosseto e Segretario del Centro Studi Processo Telematico