Lavoro e HR

Computo dei dipendenti ai fini del contratto a tempo determinato

Il numero dei dipendenti che il singolo datore può assumere a tempo determinato – al netto delle eccezioni previste – richiede il rispetto dei limiti previsti dal legislatore o dal contratto collettivo. Il superamento delle “quote” consentite” comporta il pagamento di una sanzione amministrativa di importo variabile in relazione al numero di lavoratori occupati in eccesso. Di seguito il punto, con la specifica considerazione dei criteri di computo dell’organico aziendale.

Premessa sui criteri di computo dei lavoratori a tempo determinato

Salvi casi particolari, l’assunzione di dipendenti con un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato – ai sensi degli articoli da 19 a 29 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 – è soggetta al rispetto di particolari limiti numerici in relazione al numero dei (soli) dipendenti “a tempo indeterminato” (che è la forma comune di rapporto di lavoro) che sono in forza presso il medesimo datore di lavoro.

Previsione normativa sul computo dei dipendenti

L’articolo 23, co. 1, del decreto legislativo n. 81/2015 stabilisce che – con riferimento unicamente al numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione, e arrotondando il decimale all’unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5 – sempre fatta salva una diversa disposizione dei contratti collettivi:

  • per i datori di lavoro che occupano (da 0) fino a 5 dipendenti (a tempo indeterminato): è sempre possibile stipulare 1 contratto di lavoro a tempo determinato;
  • per i datori da 6 dipendenti (a tempo indeterminato) in su: non possono essere assunti lavoratori a termine in misura superiore al 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato;
  • nel caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento dell’assunzione.

A tale regola generale – ossia al limite numerico di legge o, in alternativa, a quello previsto da parte dei contratti collettivi – fanno eccezione i contratti a tempo determinato stipulati:

  • nella fase di avvio di nuove attività, per i periodi definiti dai contratti collettivi, anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e comparti merceologici;
  • da imprese start-up innovative di cui all’articolo 25, co. 2 e 3, del decreto legge n. 179/2012 (legge n. 221/2012), per il periodo di 4 anni dalla costituzione della società ovvero per il più limitato periodo previsto dall’art. 25, co. 3, per le società già costituite;
  • per lo svolgimento delle attività stagionali di cui all’articolo 21, co. 2;
  • per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi o per la produzione di specifiche opere audiovisive;
  • per sostituzione di lavoratori assenti;
  • con lavoratori di età superiore a 50 anni;
  • per la realizzazione e il monitoraggio di iniziative di cooperazione allo sviluppo di cui alla legge 11 agosto 2014, n. 125, ovvero tra università private, incluse le filiazioni di università straniere, istituti pubblici di ricerca ovvero enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa, tra istituti della cultura di appartenenza statale ovvero enti, pubblici e privati derivanti da trasformazione di precedenti enti pubblici, vigilati dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ad esclusione delle fondazioni di produzione musicale di cui al D.Lgs. 29 giugno 1996, n. 367, e lavoratori impiegati per soddisfare esigenze temporanee legate alla realizzazione di mostre, eventi e manifestazioni di interesse culturale (art. 23, co. 2 e 3, del decreto legislativo n. 81/2015).

→ A livello più generale, ossia ai fini di tutti gli altri istituti, va evidenziato che l’articolo 27 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, stabilisce che – salvo sia diversamente disposto (come avviene, per esempio, nel caso del collocamento obbligatorio ai sensi di quanto previsto dalla legge 12 marzo 1999, n. 68) – ai fini dell’applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale per la quale sia rilevante il computo dei dipendenti del datore, si tiene conto del numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato, compresi i dirigenti, impiegati negli ultimi 2 anni, sulla base dell’effettiva durata dei loro rapporti di lavoro.

Soglia numerica rilevante dei lavoratori assunti a tempo determinato

Come anticipato poco sopra, la norma – sempre fatta salva una diversa previsione da parte del contratto collettivo – gradua la “quantità” di lavoratori che è possibile assumere a termine in relazione al fatto che il datore abbia fino a 5, ovvero da 6 in su, dipendenti a tempo indeterminato alla data del 1° gennaio  (se il contratto collettivo non prevede diversamente, per esempio con riferimento al momento in cui si stipula il contratto a termine) dell’anno in cui avviene l’assunzione a termine (a prescindere, quindi, sempre salvo diversa previsione del contratto collettivo, da successive diminuzioni o incrementi del numero dei lavoratori “stabili” in forza presso il datore).

Va poi evidenziato che il numero di dipendenti assunti a termine “limita” anche il numero di lavoratori somministrati a termine dei quali ci si può avvalere.

In quale momento effettuare il computo dei lavoratori a tempo determinato

Se il contratto collettivo non prevede diversamente – per esempio disponendo che la valutazione dell’organico a tempo indeterminato debba avvenire al momento della singola assunzione a termine (e, quindi, in corso d’anno) – occorre far riferimento al numero dei (soli) dipendenti assunti a tempo indeterminato che siano in forza al 1° gennaio di ogni anno, a prescindere da successive contrazioni o espansioni dell’organico. Tale numero resta come riferimento per il periodo 1° gennaio – 31 dicembre di quell’anno, a prescindere da successive variazioni (in aumento o in diminuzione) della forza aziendale a tempo indeterminato.

Nel caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno, il limite percentuale si computa invece sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento dell’assunzione.

Conseguenze del computo errato dei lavoratori a tempo determinato

L’articolo 23, co. 4, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, dispone che – in caso di violazione del limite percentuale di cui al co. 1 – restando esclusa la trasformazione dei contratti interessati in contratti a tempo indeterminato, per ciascun lavoratore, si applica una sanzione amministrativa di importo pari al:

  • 20% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a 15 giorni di durata del rapporto di lavoro, se vi è 1 solo lavoratore a termine assunto in violazione del limite percentuale;
  • 50% della retribuzione, per ogni mese o frazione di mese superiore a 15 giorni di durata del rapporto, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale va da 2 in su.

Sanzioni amministrative: indicazioni del Ministero

In base alle indicazioni fornite dal Ministero del Lavoro nella circolare 30 luglio 2014, n. 18 (prot. n. 37/0013774), circa i limiti numerici va tenuto conto di quanto segue:

  • non concorrono al superamento dei limiti quantitativi le assunzioni di disabili con contratto a termine ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 68/1999 e le acquisizioni di personale a termine nelle ipotesi di trasferimenti d’azienda o di rami di azienda;
  • la sanzione amministrativa si applica in caso di superamento del limite alla stipulazione di contratti a tempo determinato che il datore di lavoro è tenuto a rispettare, sia questo il limite legale del 20% o il diverso limite contrattuale;
  • l’importo sanzionatorio va poi calcolato in base a una percentuale della retribuzione spettante ai lavoratori assunti in violazione del limite, e cioè gli ultimi assunti in ordine di tempo;
  • la retribuzione da prendere in considerazione ai fini del calcolo è, in assenza di specificazioni, quella lorda mensile riportata nel singolo contratto di lavoro, desumibile anche attraverso una divisione della retribuzione annuale per il numero di mensilità spettanti: se nel contratto individuale non è esplicitamente riportata la retribuzione lorda mensile o annuale, occorre invece rifarsi alla retribuzione tabellare prevista nel contratto collettivo applicato o applicabile;
  • l’importo individuato applicando la percentuale del 20% o del 50% della retribuzione lorda mensile – arrotondato all’unità superiore qualora il primo decimale sia pari o superiore a 0,5 – va quindi moltiplicato, “per ogni lavoratore” per il numero dei mesi o frazione di mese superiore a 15 giorni di occupazione: a tal fine, ogni periodo pari a 30 giorni di occupazione va considerato come mese intero e, solo se i giorni residui sono più di 15, va conteggiato un ulteriore mese (ciò significa che, per periodi di occupazione inferiore ai 16 giorni, la sanzione non si applicherà  in quanto il moltiplicatore sarebbe pari a zero);
  • ai fini del calcolo del periodo di occupazione, non si deve tener conto di eventuali “sospensioni” del rapporto, ad esempio, per malattia, maternità, infortunio o part time verticale; ciò che conta sarà dunque la data di instaurazione del rapporto (cd. dies a quo) e la data in cui è stata accertata l’esistenza dello “sforamento” (cd. dies ad quem, normalmente coincidente con la data dell’accertamento, sebbene sia possibile accertare degli “sforamenti” avvenuti in relazione a rapporti già conclusi, cosicché tale data coinciderà con la scadenza del termine);
  • la sanzione amministrativa, pur non risultando ammissibile a diffida, attesa l’insanabilità della violazione legata al superamento di un limite alle assunzioni a tempo determinato ormai realizzato, è certamente soggetta alle riduzioni di cui all’articolo 16 della legge n. 689/1981: quindi l’importo sanzionatorio in questione va notificato nella misura di 1/3 e il suo pagamento entro 60 giorni dalla notifica estingue la violazione.
Tabella 1 – Impresa che supera di 1 sola unità il numero massimo di contratti a termine
Retribuzione annua lorda del lavoratore in questione: 19.000 euro per 13 mensilità
Periodo di occupazione: 4 mesi e 10 giorni
Importo sanzionatorio:
euro 19.000/13 = euro 1.461,53 (retribuzione mensile)
euro 1.461,53*20% = euro 292 (percentuale arrotondata di retribuzione mensile)
euro 292*4 = euro 1.168 (percentuale retribuzione mensile per periodo di occupazione)
euro 1.168/3 = 389,33 (importo sanzione ridotta ex art. 16 della legge n. 689/1981).
Tabella 2 – Impresa che supera di 3 unità il numero massimo di contratti a termine
Lavoratore n. 1
Retribuzione annua lorda: 19.000 euro per 13 mensilità
Periodo di occupazione: 4 mesi e 10 giorni
Lavoratore n. 2
Retribuzione annua lorda: 26.000 euro per 13 mensilità
Periodo di occupazione: 2 mesi e 16 giorni
Lavoratore n. 3
Retribuzione annua lorda: 15.600 euro per 13 mensilità
Periodo di occupazione: 1 mese e 6 giorni
Importo sanzionatorio:
euro 19.000/13 = euro 1.461,53 (retribuzione mensile lavoratore n. 1)
euro 26.000/13 = curo 2.000 (retribuzione mensile lavoratore n. 2)
euro 15.600/13 = euro 1.200 (retribuzione mensile lavoratore n. 3)
euro 1.461,53*50% = euro 731 (percentuale arrotondata di retribuzione mensile lavoratore n. 1)
euro 2.000*50% = 1.000 (percentuale retribuzione mensile lavoratore n. 2)
euro 1.200*50% = 600 (percentuale retribuzione mensile lavoratore n. 3)
euro 731*4 = euro 2.924 (percentuale retribuzione mensile per periodo di occupazione lavoratore n. 1) euro 1.000*3 = euro 3.000 (percentuale retribuzione mensile per periodo di occupazione lavoratore n. 2)
euro 600*1 = euro 600 (percentuale retribuzione mensile per periodo di occupazione lavoratore n. 3) euro (2.924+3.000+600) : 3 = euro 2.174,66 (importo sanzione ridotta ex art. 16 della legge n. 689/1981)

Onere della prova sul superamento del limite massimo di contratti a termine stipulabili

Deve ritenersi che, ove voglia applicare la sanzione di cui sopra, sia l’Ispettore a dover dimostrare al datore che il numero di assunti a termine supera quello massimo consentito. Il datore, dal proprio canto, potrà dimostrare – oltre al fatto di non aver superato i limiti numerici di legge o di contratto collettivo – che il contratto collettivo prevede diversamente ovvero che ha fatto ricorso a soggetti esclusi dal vincolo numerico.

In pratica: chi si conta e chi no a seconda del tipo di rapporto di lavoro

Nella tabella che segue sono individuate le possibili tipologie di rapporti di lavoro, con l’indicazione sintetica circa la loro computabilità o meno ai fini delle nuove assunzioni di lavoratori a tempo determinato.

CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO: COSÌ IL COMPUTO DELL’ORGANICO
Tipo di lavoratoreSI/NO
Dirigenti a tempo indeterminato con orario a tempo pienoSI
Dirigenti a tempo indeterminato con orario a tempo parziale (1)SI
Dirigenti a tempo determinato con orario a tempo pienoNO
Dirigenti a tempo determinato con orario a tempo parzialeNO
Quadri a tempo indeterminato con orario a tempo pienoSI
Quadri a tempo indeterminato con orario a tempo parziale (1)SI
Quadri a tempo determinato con orario a tempo pienoNO
Quadri a tempo determinato con orario a tempo parzialeNO
Impiegati a tempo indeterminato con orario a tempo pienoSI
Impiegati a tempo indeterminato con orario a tempo parziale (1)SI
Impiegati a tempo determinato con orario a tempo pienoNO
Impiegati a tempo determinato con orario a tempo parzialeNO
Operai a tempo indeterminato con orario a tempo pienoSI
Operai a tempo indeterminato con orario a tempo parziale (1)SI
Operai a tempo determinato con orario a tempo pienoNO
Operai a tempo determinato con orario a tempo parzialeNO
Lavoratori intermittenti a tempo indeterminato (2)SI
Lavoratori intermittenti a tempo determinatoNO
Lavoratori somministrati a tempo indeterminato (3)NO
Lavoratori somministrati a tempo determinato (3)NO
Apprendisti di primo livello (4)SI
Apprendisti di secondo livello (4)SI
Apprendisti di secondo livello con NASpI (eccetera) (4)SI
Apprendisti di terzo livello (4)SI
Lavoratori a domicilioSI
Dipendenti in telelavoro a tempo indeterminato (5)SI
Dipendenti in telelavoro a tempo determinatoNO
Dipendenti in smart working a tempo indeterminato(6)SI
Dipendenti in smart working a tempo determinatoNO
Collaborazioni coordinate e continuative (7) (8)NO
Riders (o ciclo fattorini) (8)NO
Contratto di Prestazione Occasionale (9)NO
Lavoratori autonomiNO
Tirocinanti e stagistiNO
Lavoratori assenti e sostituiti da altro personale (10)NO
Lavoratori assenti e non sostituiti da altro personaleSI
Distaccati (propri dipendenti) presso altra impresaSI
Distaccati (altrui dipendenti) da altra impresaNO

(1) L’articolo 9 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, dispone che – ai fini della applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale per la quale sia rilevante il computo dei dipendenti del datore di lavoro – i lavoratori a tempo parziale sono computati in proporzione all’orario svolto, rapportato al tempo pieno. A tal fine, l’arrotondamento opera per le frazioni di orario che eccedono la somma degli orari a tempo parziale corrispondente a unità intere di orario a tempo pieno.

(2) L’articolo 18 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, stabilisce che – ai fini dell’applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale per la quale sia rilevante il computo dei dipendenti del datore – il lavoratore intermittente è computato nell’organico dell’impresa in proporzione all’orario di lavoro effettivamente svolto nell’arco di ciascun semestre. In base alle indicazioni del Ministero del Lavoro (cfr. circ. 30 luglio 2014, n. 18 – prot. n. 37/0013774), fermo il criterio di cui all’art. 18, non vanno comunque computati i lavoratori a chiamata a tempo indeterminato privi di indennità di disponibilità.

(3) L’articolo 34, co. 3, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, stabilisce che il lavoratore somministrato non è computato nell’organico dell’utilizzatore ai fini dell’applicazione di normative di legge o contratto collettivo, fatta eccezione per quelle relative alla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.

(4) L’articolo 47, co. 3, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, dispone che – fatte salve le diverse previsioni di legge o di contratto collettivo – i lavoratori assunti con contratto di apprendistato sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative e istituti. Tuttavia, anche se riferendosi alla previgente disciplina ex D.Lgs. n. 167/2011, in sostanza riconfermata dal D.Lgs. n. 81/2015, il Ministero del Lavoro, nella circolare 30 luglio 2014, n. 18 (prot. n. 37/0013774), ha precisato che il contratto di apprendistato è esplicitamente definito quale “contratto di lavoro a tempo indeterminato” e che la norma – secondo cui “i lavoratori assunti con contratto di apprendistato sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative e istituti” – fa comunque salve “specifiche previsioni di legge”. Inoltre l’esclusione degli apprendisti nasce quale disposizione per favorirne l’assunzione e, pertanto, un diverso orientamento finirebbe per disincentivare il ricorso all’istituto. Gli apprendisti non vanno invece computati se assunti a tempo determinato nelle specifiche ipotesi in cui ciò è consentito (Ministero del Lavoro, circ. 30 luglio 2014, n. 18 – prot. n. 37/0013774).

(5) L’articolo 23 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, dispone che i datori privati che facciano ricorso all’istituto del telelavoro per motivi legati ad esigenze di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro in forza di accordi collettivi stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, possono escludere i lavoratori ammessi al telelavoro dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative e istituti. È però del tutto evidente che, nel caso in esame, il datore (che “potrebbe”) non ha alcun interesse ad applicare tale disposizione.

(6) I dipendenti che rendono la propria prestazione in regime di lavoro agile sono inclusi nel computo del normale organico (Ministero Lavoro, Nota 9 giugno 2021, n. 3 – prot. n. 10833).

(7) L’articolo 2, co. 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 (tranne le eccezioni ex co. 2), dispone che – dal 1° gennaio 2016 – si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente (tali disposizioni si applicano anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali). Ad avviso dell’ispettorato Nazionale del Lavoro, tuttavia, l’estensione della disciplina del lavoro subordinato al collaboratore etero-organizzato, configurandosi come un meccanismo di tutela del singolo lavoratore, non può incidere sulla determinazione dell’organico aziendale e, di conseguenza, sugli istituti normativi o contrattuali connessi alle soglie dimensionali dell’azienda (INL, circolare 30 ottobre 2020, n. 7).

(8) Sempre che il rapporto sia correttamente gestito e il giudice non ravvisi una vera e propria etero-direzione, nel qual caso il rapporto diviene a tempo indeterminato, con conseguente incidenza sul computo del lavoratore, il che potrebbe paradossalmente condurre a un incremento dei dipendenti assumibili a tempo determinato (INL, circolare 30 ottobre 2020, n. 7).

(9) Ai sensi dell’articolo 54-bis, co. 20, primo periodo, del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50 (legge n. 96/2017) in caso di superamento, da parte di un utilizzatore diverso da una pubblica amministrazione, del limite di importo di cui al co, 1, lettera c (compensi di importo non superiore a 2.500 euro per le prestazioni complessivamente rese da ogni prestatore a favore del medesimo utilizzatore), o del limite di durata della prestazione pari a 280 ore nell’arco dello stesso anno civile, il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato, il che potrebbe paradossalmente condurre a un incremento dei dipendenti assumibili a tempo determinato.(10) Il lavoratore assente (es. per gravidanza), ancorché non retribuito, va escluso dal computo solo se, in sua sostituzione, è stato assunto altro lavoratore; ovviamente in tal caso sarà computato quest’ultimo.

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