Contratto a termine 2024: divieti, limiti, forma, causali e durata
La disciplina dei contratti di lavoro subordinato a tempo determinato è tra le più complesse e articolate. Occorre infatti osservare precisi requisiti formali e, in non poche occasioni, va anche indicata una specifica “causale” perché il contratto sia valido. Più in generale, occorre poi rispettare i limiti di durata massima e numerici stabiliti e non incorrere in uno dei divieti espressamente previsti, la cui violazione comporta sempre la conversione a tempo indeterminato. Va evidenziato che il decreto legge 4 maggio 2023, n. 48 (legge 3 luglio 2023, n. 85), ha introdotto significative modifiche – di seguito contemplate nella trattazione dell’argomento – con decorrenza dal 5 maggio 2023 (al riguardo si vedano anche le indicazioni fornite dal Ministero del Lavoro con la circolare 9 ottobre 2023, n. 9).
- Contratto a termine: i divieti
- Forma del contratto a termine
- Periodo di prova
- Consegna al lavoratore del contratto a termine
- Come indicare la data di cessazione di un contratto a tempo determinato
- Quanto può durare al massimo un contratto a tempo determinato
- Quante volte può essere prorogato o rinnovato un contratto a termine
- Diritto di precedenza dopo assunzione a termine
- Quanti dipendenti a tempo determinato si possono assumere
- Violazione del limite di dipendenti assunti con contratto a termine: conseguenze
- Contratto a termine nel lavoro sportivo
- Altri approfondimenti sul contratto a termine
- FAQ correlate
Contratto a termine: i divieti
Va subito chiarito che, pena la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato, l’apposizione di un termine alla durata di un contratto di lavoro subordinato non è ammessa:
- per sostituire i lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
- presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i 6 mesi precedenti, a licenziamenti collettivi a norma degli articoli 4 e 24 della legge n. 223/1991, che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto a termine, salvo che esso sia concluso per sostituire lavoratori assenti o abbia una durata iniziale non superiore a 3 mesi;
- presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a termine;
- da parte di datori che non hanno effettuato la valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Resta da capire, in base ai futuri sviluppi della giurisprudenza in materia, come tali divieti si applichino alle imprese in rete che abbiano fatto ricorso alla codatorialità: per una sintetica esposizione, in generale, delle possibili implicazioni di tale problematica si veda il decreto ministeriale 29 ottobre 2021, n. 205, come interpretato dall’INL (Nota 22 febbraio 2022, n. 315).
Forma del contratto a termine
A differenza di quanto previsto in altri casi (per esempio nel contratto a tempo parziale), l’apposizione del termine al contratto deve tassativamente risultare da un atto scritto: se manca la forma scritta, la conseguenza non è il venir meno dell’intero contratto ma solo della clausola con la quale è stato apposta l’indicazione del termine, ossia della data di scadenza del rapporto (che viene, quindi, trasformato a tempo indeterminato). Rispetto a tale regola generale è stata prevista un’unica eccezione: infatti, l’articolo 19, co. 4, del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, sottrae all’obbligo della forma scritta solo i rapporti di lavoro di durata non superiore a 12 giorni (attenzione: il termine di 12 giorni è riferito alla durata del rapporto, e non a quella della prestazione di lavoro vera e propria); anche in tal caso, è comunque opportuno (se non altro ai fini della prova) procedere alla stipulazione in forma scritta.
Attenzione però: non basta che il datore rediga il contratto per iscritto e lo faccia firmare al dipendente, perché, anche se il dipendente è stato informato in maniera esplicita circa il vincolo di durata apposto al contratto, è necessario che tale documento scritto sia stato non solo consegnato al dipendente ma anche che sia stato da lui firmato (Cass. 5 febbraio 2018, n. 2774), pena la sua conversione a tempo indeterminato; tale rigoroso orientamento è stato recentemente ribadito dalla stessa Suprema Corte con ordinanza 8 giugno 2022, n. 18478. In ogni caso, come dispone l’articolo 24, co. 4, del D.Lgs. n. 81/2015, il diritto di precedenza va espressamente richiamato nell’atto scritto di assunzione a termine.
Periodo di prova
L’articolo 7 del decreto legislativo 27 giugno 2022, n. 104, con efficacia a partire dal 13 agosto 2022, oltre a prevedere un limite massimo di 6 mesi quanto alla durata del periodo di prova, dispone quanto segue:
- nel rapporto a tempo determinato, il periodo di prova è stabilito in misura proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell’impiego;
- in caso di rinnovo di un contratto di lavoro per lo svolgimento delle stesse mansioni, il rapporto di lavoro non può essere soggetto a un nuovo periodo di prova;
- in caso di sopravvenienza di eventi, quali malattia, infortunio, congedo di maternità o paternità obbligatori, il periodo di prova è prolungato in misura corrispondente alla durata dell’assenza.
Consegna al lavoratore del contratto a termine
Dopo che le parti hanno firmato il contratto scritto, il datore ha l’obbligo di consegnarne una copia al dipendente, entro 5 giorni lavorativi dall’inizio della prestazione. In caso di violazione, al di là di un eventuale, inutile, contenzioso in giudizio, secondo quanto precisato dalla giurisprudenza prevalente, non si produce la conversione del rapporto a tempo indeterminato (Cass. 6 maggio 1998, n. 4582).
Come indicare la data di cessazione di un contratto a tempo determinato
La data, al cui raggiungimento, le parti hanno concordato di far cessare gli effetti del rapporto, ovviamente, è molto importante. Tale momento può essere individuato con riferimento a un preciso giorno del calendario (per esempio il 31 agosto 2024) oppure al verificarsi (certo) di un determinato evento, la cui data però non è nota: è questo il classico caso della lavoratrice assunta a termine per sostituire una dipendente assente per maternità. In tale ultimo caso, è bene inserire, nel contratto di lavoro del dipendente assunto per coprire l’assenza, una clausola del seguente tenore “lei è assunto/a a termine per provvedere alla sostituzione della signora XY, indicativamente fino al giorno … (es. 31 ottobre 2024), e comunque fino all’effettivo rientro in servizio della signora XY. In ogni caso, a prescindere dall’effettivo rientro in servizio della lavoratrice assente con diritto alla conservazione del posto, il presente contratto scadrà inderogabilmente il giorno …” (per esempio: il 31 dicembre 2024, ossia prima che sia superato il termine massimo di durata di 24 mesi in tutto).
Quanto può durare al massimo un contratto a tempo determinato
La norma, ossia l’articolo 19 del D.Lgs. n. 81/2015, individua la durata massima di un singolo contratto a termine, nonché quella di tutti i contratti a termine, tra le medesime parti sempre in 24 mesi ma con alcune particolarità.
Anzitutto, con riferimento al singolo rapporto a termine, a partire dal 5 maggio 2023, si dispone che:
- al contratto può essere apposto un termine di durata non superiore a 12 mesi;
- il contratto può avere una durata superiore, ma comunque non eccedente i 24 mesi, solo in presenza di almeno una di queste “esigenze” (note anche come condizioni o causali):
- a)nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51;
- b)in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, (inteso come data ultima per la stipula di tale contratto, la cui durata, pertanto, potrà anche andare oltre il 30 aprile 2024: Ministero del Lavoro, circolare 9 ottobre 2023, n. 9), per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti: tale termine è stato poi differito al 31 dicembre 2024 (art. 18, co. 4-bis, del decreto legge 30 dicembre 2023, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2024, n. 18);
- b-bis) in sostituzione di altri lavoratori. Per il Ministero, l’individuazione delle ragioni della sostituzione è ancora più necessaria ove il datore intenda avvalersi dei benefici previsti per specifiche ipotesi di assunzione per sostituzione, es. gli sgravi contributivi di cui all’articolo 4, co. 3 e 4, del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 (Ministero del Lavoro, circolare 9 ottobre 2023, n. 9).
Tale contratto si trasforma a tempo indeterminato se è stato stipulato per una durata superiore a 12 mesi senza che siano state indicate le cd. “esigenze” nonché se esso supera il citato limite dei 24 mesi.
Lo stesso limite di 24 mesi (per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale) vale anche nel caso della “sommatoria” di più contratti a termine, ma con le seguenti particolarità:
a) non si applica se il contratto collettivo prevede un periodo più ampio, per esempio 30 mesi;
b) non si applica alle attività stagionali (previste dalla legge o dal contratto collettivo);
c) si contano solo i periodi di lavoro per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale e non si contano i periodi di interruzione tra un contratto e l’altro;
d) nel computo dei 24 mesi, si considerano anche i periodi di missione aventi ad oggetto mansioni di pari livello e categoria legale, svolti tra i medesimi soggetti, nell’ambito di somministrazioni di lavoro a tempo determinato.
→ Attenzione: salvo quanto precisato appena sopra alle lettere da a) a d), se il limite dei 24 mesi è superato, il contratto si trasforma a tempo indeterminato dalla data di tale superamento.
Fattispecie | Durata massima | Deroghe | Indicazione causali |
Unico contratto | 24 mesi | Nessuna | Se dura più di 12 mesi |
Più contratti | 24 mesi | Contratto collettivo e attività stagionali | Per ogni rinnovo, salvo quanto ora previsto dal D.L. n. 48/2023 a decorrere dal 5 maggio 2023 |
In ogni caso, una volta raggiunti i 24 mesi, è possibile stipulare il cd. contratto “in deroga” presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro, con una durata massima aggiuntiva di altri 12 mesi.
Poiché l’applicazione del principio secondo cui il limite massimo di durata di 24 mesi si applica solo ai contratti a termine conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale, se si sussegue un rilevante numero di contratti a termine tra gli stessi soggetti, e tale successione desta dubbi sulla diversità di inquadramento del lavoratore assunto a termine, l’ITL può promuovere l’ispezione al fine di verificare in concreto se la stipula di successivi e reiterati contratti a termine tra il medesimo lavoratore e il medesimo datore è conforme a quanto previsto dalla legge (INL, nota 19 maggio 2021, n. 804).
Resta da capire, in base ai futuri sviluppi della giurisprudenza in materia, come tali previsioni si applichino alle imprese in rete che abbiano fatto ricorso alla codatorialità: in generale, per una sintetica esposizione delle possibili implicazioni di tale istituto si veda il decreto ministeriale 29 ottobre 2021, n. 205, come interpretato dall’INL (Nota 22 febbraio 2022, n. 315).
Quante volte può essere prorogato o rinnovato un contratto a termine
Il contratto iniziale può essere prorogato o rinnovato, se la sua durata massima non supera i 24 mesi in tutto. Per esempio, un contratto inizialmente stipulato a termine per una durata prevista di 3 mesi può essere:
- prorogato di altri 3 (senza necessità di indicare la causale) o di altri 10 (indicando la causale perché si sono superati i 12 mesi): in ogni caso, sono ammesse al massimo 4 proroghe;
- rinnovato di altri 3 (fino a un massimo di 21 mesi), sempre però indicando la causale con le modalità previste dal D.L. 4 maggio 2023 e rispettando le cd. pause intermedie (salvo deroga da parte del contratto collettivo).
→ Esempio Se il contratto si è svolto dal 1° gennaio al 31 aprile 2023, la sua durata è pari a 4 mesi (il numero dei giorni di ogni mese, infatti, non ha alcuna rilevanza). Invece, se vi sono periodi di lavoro che non coincidono con un mese intero, i mesi “interi” si contano appunto come 1 mese e i giorni “spezzati” che residuano si sommano e, ogni 30 giorni, si conta 1 mese convenzionale.
In tal senso si è espresso il Ministero del Lavoro (circ. 2 maggio 2008, n. 13), che ha fatto questo esempio: due contratti a termine di cui:
- il primo di durata 1° gennaio – 20 febbraio;
- il secondo 1° maggio – 20 giugno;
in questa ipotesi si ha un totale di periodi lavorati pari a 3 mesi (gennaio, maggio e 30 giorni equivalenti a 1 mese) e 10 giorni (residuo di giorni lavorati oltre i 30).
A partire dal 5 maggio 2023, il contratto a termine può essere prorogato o rinnovato per un massimo di 12 mesi, senza indicare alcuna causale, anche se – prima di tale data – tra le medesime parti erano già intercorsi altri rapporti a termine; in pratica, indipendentemente da eventuali rapporti già intercorsi tra lo stesso datore e lavoratore in forza di contratti stipulati prima del 5 maggio 2023, ferma restando la durata massima dei contratti a termine prevista dalla legge o dalla contrattazione collettiva è possibile stipulare un nuovo contratto a termine, una proroga o un rinnovo nel limite di ulteriori 12 mesi (Ministero del Lavoro, circolare 9 ottobre 2023, n. 9).
Diritto di precedenza dopo assunzione a termine
L’articolo 24 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, disciplina appunto il diritto di precedenza (che deve sempre essere espressamente richiamato nel contratto di assunzione). Ebbene, salvo diversa disposizione del contratto collettivo (anche aziendale), il dipendente che, nell’esecuzione di uno o più contratti a termine presso lo stesso datore, ha lavorato per un periodo superiore a 6 mesi ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato (e non anche nel caso di trasformazioni a tempo indeterminato dei contratti a termine in corso con altri dipendenti: Trib. Firenze 11 febbraio 2021) effettuate dallo stesso datore entro i successivi 12 mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine.
Per le lavoratrici, il congedo di maternità di cui al D.Lgs. n. 151/2001, usufruito nell’esecuzione di un contratto a tempo determinato presso lo stesso datore, concorre a determinare il periodo di attività lavorativa di più di 6 mesi utile a conseguire il diritto di precedenza. Alle medesime lavoratrici è altresì riconosciuto, alle stesse condizioni di cui sopra, il diritto di precedenza nelle assunzioni a termine effettuate dal datore entro i successivi 12 mesi, con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei precedenti rapporti a termine.
Il lavoratore assunto a termine per lo svolgimento di attività stagionali ha diritto di precedenza rispetto a nuove assunzioni a tempo determinato da parte dello stesso datore di lavoro per le medesime attività stagionali.
Infine, il diritto di precedenza può essere esercitato (anche mentre il rapporto è in corso da più di 6 mesi: Cass. 15 luglio 2024, n. 19348) a condizione che il lavoratore manifesti per iscritto la propria volontà in tal senso al datore di lavoro entro 6 mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro (entro 3 mesi nel caso delle attività stagionali); esso si estingue una volta trascorso 1 anno dalla data di cessazione del rapporto. La disciplina complessiva è quella indicata nella tabella che segue.
DIRITTO DI PRECEDENZA: REGOLE A CONFRONTO (salvo deroghe contrattuali)
Lavoratore | “Ordinario” | Congedo Maternità | Stagionale |
Attività pregressa | Più di 6 mesi, con stesso datore | Più di 6 mesi, incluso congedo maternità durante CTD | Medesima attività stagionale |
Esercizio | Forma scritta con esplicita volontà | Forma scritta con esplicita volontà | Forma scritta con esplicita volontà |
Limite per esercizio | Entro 6 mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro | Entro 6 mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro | Entro 3 mesi da fine rapporto |
Nuove assunzioni | Solo tempo indeterminato | CTD e tempo indeterminato | Solo CTD |
Mansioni | Quelle già espletate nel contratto a termine | Quelle già espletate nel contratto a termine | Medesima attività stagionale |
Validità | Il diritto di precedenza si estingue dopo 12 mesi dalla cessazione del precedente rapporto a termine | Il diritto di precedenza si estingue dopo 12 mesi dalla cessazione del precedente rapporto a termine | Il diritto di precedenza si estingue dopo 12 mesi dalla cessazione del precedente rapporto a termine |
Secondo la Suprema Corte, l’omessa menzione del diritto di precedenza nel contratto di assunzione comporta il diritto del lavoratore al risarcimento del danno (Cass. ord. 9 aprile 2024, n. 9444).
Anche se trattasi di istituto diverso dal diritto di precedenza, l’art. 10 (Transizione a forme di lavoro più prevedibili, sicure e stabili) del D.Lgs. 27 giugno 2022, n. 104, dispone che – ferme restando le disposizioni vigenti più favorevoli, il lavoratore che ha maturato un’anzianità di lavoro di almeno 6 mesi presso lo stesso datore e ha completato l’eventuale periodo di prova, può chiedere (sempre e solo per iscritto) che gli sia riconosciuta una forma di lavoro con condizioni più prevedibili, sicure e stabili, se disponibile. Il lavoratore che ha ricevuto risposta negativa può presentare una nuova richiesta dopo 6 mesi dalla precedente. Entro 1 mese dalla richiesta, il datore fornisce risposta scritta motivata: in caso di richiesta reiterata di analogo contenuto, i datori di lavoro che sono persone fisiche e le imprese fino a 50 dipendenti possono rispondere in forma orale se la motivazione della risposta non cambia rispetto alla precedente. Tali previsioni non si applicano ai pubblici dipendenti, ai lavoratori domestici, ai marittimi e a quelli del settore della pesca.
Quanti dipendenti a tempo determinato si possono assumere
L’articolo 23, co.1, del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, fatta salva una diversa previsione contenuta nel contratto collettivo (nazionale, territoriale o aziendale), individua i limiti massimi di impiego dei lavoratori a termine come esposto nella tabella.
Numero dipendenti a tempo determinato | Data di riferimento | Numero lavoratori a termine assumibili |
Da 0 a 5 | 1° gennaio dell’anno | 1 |
Da 6 in su | 1° gennaio dell’anno | 20% |
N.B. Il risultato va arrotondato all’unità superiore se è uguale o superiore a 0,5. Nel caso di inizio attività in corso d’anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento dell’assunzione.
Ai sensi del co. 2, oltre ad alcune altre ipotesi particolari, sono esenti da tale limite e da quelli previsti dai contratti collettivi, i contratti a termine conclusi:
- nella fase di avvio di nuove attività, per i periodi definiti dai contratti collettivi, anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e comparti merceologici;
- da imprese start-up innovative (con particolari modalità);
- per attività stagionali;
- per specifici spettacoli o programmi radiofonici o televisivi o per la produzione di specifiche opere audiovisive;
- per sostituire lavoratori assenti;
- con lavoratori di età superiore a 50 anni.
→ Esempio Un datore con 10 dipendenti occupati a tempo indeterminato al 1° gennaio dell’anno è automaticamente autorizzato ad assumere 2 lavoratori a tempo determinato. Inoltre, se nel corso dell’anno, 2 delle lavoratrici “stabili” si assentano per maternità, egli può assumere altri 2 dipendenti a termine per la loro sostituzione, in quanto i contratti “per sostituzione” sono esenti da limitazioni numeriche.
Violazione del limite di dipendenti assunti con contratto a termine: conseguenze
In caso di violazione di tali limiti, esclusa la trasformazione di tali contratti a tempo indeterminato, per ogni mese o frazione di mese superiore a 15 giorni di durata del rapporto e per ogni lavoratore, si applica una sanzione amministrativa di importo pari al:
- 20% della retribuzione, se vi è 1 solo dipendente assunto in più;
- 50% se vi sono 2 o più dipendenti assunti in violazione del limite percentuale.
Contratto a termine nel lavoro sportivo
Il contratto di lavoro subordinato sportivo può contenere l’apposizione di un termine finale non superiore a 5 anni dalla data di inizio del rapporto. È ammessa la successione di contratti a termine fra gli stessi soggetti; è altresì ammessa la cessione del contratto, prima della scadenza, da una società o associazione sportiva ad un’altra, purché vi consenta l’altra parte e siano osservate le modalità fissate dalle Federazioni Sportive Nazionali, dalle Discipline Sportive Associate e dagli Enti di Promozione Sportiva, anche paralimpici. Non si applicano gli articoli da 19 a 29 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81 (art. 26, co. 2, D.Lgs. 28 febbraio 2021, n. 36).
Altri approfondimenti sul contratto a termine
- Contratto a termine 2024: proroga, rinnovo e continuazione
- Contratto a termine 2024: attività stagionali
- Contratto a termine 2024: contributi, risoluzione e impugnazione