Processo Penale Telematico: nullità della sentenza di appello per mancata comunicazione delle conclusioni del P.M. alla difesa
La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio una pronuncia della Corte d’Appello di Roma in violazione dell’art. 23 del D.L. 137/2020 che ha ripreso la cartolarizzazione dell’appello già introdotta dal D.L. 9 novembre 2020, n. 149. Vediamo motivazioni e conseguenze di tale sentenza.
Come è noto, a seguito dell’emergenza Covid-19, il D.L. 9 novembre 2020, n. 149, ha introdotto una sostanziale “cartolarizzazione” del giudizio penale di appello. Tale norma, in realtà abrogata dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, art. 1, comma 2, è stata poi quasi integralmente riproposta all’interno del D.L. 137/2020, che, all’art. 23 bis stabilisce espressamente che: “Entro il decimo giorno precedente l’udienza, il pubblico ministero formula le sue conclusioni con atto trasmesso alla cancelleria della corte di appello per via telematica ai sensi del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16, comma 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, o a mezzo dei sistemi che sono resi disponibili e individuati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati. La cancelleria invia l’atto immediatamente, per via telematica, ai sensi del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16, comma 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, ai difensori delle altre parti che, entro il quinto giorno antecedente l’udienza, possono presentare le conclusioni con atto scritto, trasmesso alla cancelleria della corte di appello per via telematica, ai sensi dell’art. 24 del presente decreto”.
Ebbene, con sentenza n. 20885 del 28/04/2021, la Suprema Corte di Cassazione ha annullato con rinvio una pronuncia della Corte d’Appello di Roma assunta in violazione dell’articolo appena citato. Nel caso di specie, infatti, la Procura della Repubblica presso la Corte di Appello, aveva correttamente provveduto a inviare – in termini – le proprie conclusioni alla cancelleria della Corte, ma la cancelleria non aveva poi provveduto a inoltrare le stesse al difensore dell’imputato, ciò in violazione – appunto – dell’art. 23bis sopra ricordato.
Benché, quindi, l’errore non fosse ascrivibile all’ufficio della procura, ma bensì a quello della cancelleria, la Suprema Corte ha comunque ritenuto che: “la comunicazione in via telematica delle conclusioni del pubblico ministero alla difesa dell’imputato, è riconducibile alla “categoria” delle disposizioni concernenti l’intervento dell’imputato ex art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c); infatti, come questa Corte ha già avuto modo di puntualizzare, “la nozione di “intervento dell’imputato” non può essere (…) restrittivamente intesa nel senso di mera presenza fisica dell’imputato nel procedimento, ma come partecipazione attiva e cosciente del reale protagonista della vicenda processuale, al quale deve garantirsi l’effettivo esercizio dei diritti e delle facoltà di cui lo stesso é titolare” (Sez. 1, n. 4242 del 20/06/1997, Masone, Rv. 208597); il carattere “cartolare” della partecipazione e del contraddittorio cui la partecipazione è funzionale che caratterizza la disciplina dettata dalla normativa sopra richiamata non impedisce, ma, al contrario, impone di ricondurre la disposizione violata nel novero delle fattispecie per le quali è comminata la nullità di ordine generale ex art. 178 c.p.p..”