Tribunale di Roma – Notificazioni via PEC alle Pubbliche Amministrazioni – Registri Pubblici utilizzabili
Registri Pubblici PEC utilizzabili ai fini delle notificazioni nei confronti della Pubblica Amministrazione: il punto di vista del Tribunale di Roma.
Da tempo sta tenendo banco in dottrina e giurisprudenza un’accesa discussione in ordine ai Registri Pubblici PEC utilizzabili ai fini delle notificazioni nei confronti della Pubblica Amministrazione.
In linea generale gli indirizzi di Posta Elettronica Certificata delle PA sono contenuti all’interno di due diversi e distinti registri, il PP.AA. accessibile tramite il portale dei registri telematici a questo indirizzo: http://pst.giustizia.it/PST/, e il registro IPA accessibile all’indirizzo: http://www.indicepa.gov.it/.
Le differenze sostanziali fra questi registri sono rappresentate dal grado di alimentazione e dalla normativa di riferimento.
Il registro PP.AA., infatti, pur essendo inserito nell’elenco dei pubblici registri idonei per le notificazioni via PEC, previsto dalla Legge 53 del 1994, è purtroppo a tutt’oggi poco alimentato e quindi non sempre utile per reperire indirizzi delle Pubbliche Amministrazioni.
Il Registro IPA, di converso, è completamente alimentato ma non è più annoverato fra gli elenchi idonei alla notificazione via PEC a partire dal 2014.
Un orientamento innovativo del Tribunale di Milano (pronuncia dell’8 dicembre 2016) ha stabilito che: “Anche se il registro indicato dal difensore non fosse questo [il registro PP.AA. – n.d.r.], ma il registro IPA, che era indicato fra gli elenchi pubblici sino al 18 agosto 2014 ed è pubblicamente consultabile all’indirizzo http://www.indicepa.gov.it/documentale/index.php. la notifica dovrebbe intendersi comunque valida.
Difatti sotto un primo profilo l’elenco oggi indicato dall’art. 16 comma 12 dl 179/2012 non è pubblico, ma esplicitamente ristretto alla consultazione “esclusivamente dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti, e dagli avvocati”; soprattutto, sotto secondo profilo, se imperativa ed esclusiva è la prescrizione di utilizzare un pubblico registro, non “esclusiva” è invece la elencazione dei pubblici registri che deve ritenersi fondata più sul carattere della pubblica riconducibilità dell’indirizzo al soggetto, per sua dichiarazione, che su una elencazione tassativa. La indicazione nel IPA, questo sì di carattere pubblico, è difatti operata dalla PA che deve aver previamente aperto la casella e che con la pubblicazione ne assume la riferibilità.
Il principio da affermarsi è quindi quello della responsabilità del recapito al momento della apertura della casella presso il provider e del conferimento di rilevanza pubblica mediante indicazione pubblicamente conoscibile; ciò risponde a un principio di parità delle parti, perché altrimenti opinando si giungerebbe ad affermare che mentre il privato quando indica una casella PEC deve tenersi responsabile di quella domiciliazione informatica, il pubblico sarebbe libero di aprirne una da indicare nel registro comunicato al Ministero della Giustizia e indicarne altre a differenti fini, creando confusione, quindi difficoltà, alla controparte che debba notificare. Ciò anche perché, almeno inizialmente, molto poche sono state le PA che hanno comunicato al Ministero l’apposito indirizzo, nel previsto termine del 30 novembre 2014.
Il legislatore del 2014 sarebbe stato un legislatore strabico se, nell’estendere la conoscibilità del registro PA del comma 12 art. 16 dl 179/2012 agli avvocati all’evidente fine di consentire a costoro di servirsene per le notifiche in proprio, avesse poi vincolato ad utilizzare un registro “pubblico” di incerta, incoercibile e tuttora parziale formazione, la cui previsione aveva il dichiarato fine di “favorire le comunicazioni e notificazioni per via telematica alle pubbliche amministrazioni” e non di ostacolarle. Da questi principi deriva la utilizzabilità degli indirizzi IPA.”
Pur essendo assolutamente condivisibili, ad avviso dello scrivente, i rilievi del Tribunale di Milano, la maggior giurisprudenza di merito sembra invece ancora solidamente ancorata a un’interpretazione letterale del dettato normativo. In tal senso, recentemente, il Tribunale di Roma ha ribadito la non utilizzabilità del registro IPA ai fini della notificazione in proprio via PEC ex Legge 53 del 1994: “La fonte utilizzata per il reperimento dell’indirizzo PEC del destinatario della notifica costituisce pertanto un elemento fondamentale e necessario ai fini della validità della notifica stessa. Il DL 18.10.2012 n 179, convertito con modificazioni nella legge 7.12.2012 n. 221 sull’attuazione dell’AGENDA DIGITALE, ha previsto all’articolo 16 che, al fine di favorire le comunicazioni e notificazioni per via telematica alle pubbliche amministrazioni, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, comunicano al Ministero della giustizia (con le regole tecniche adottate prescritte) l’indirizzo di posta elettronica certificata conforme a quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, e successive modificazioni, presso cui ricevere le comunicazioni e notificazioni. L’elenco, formato dal Ministero della giustizia è consultabile esclusivamente dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazione. esecuzioni e protesti, e dagli avvocati.”
L’elenco a cui il Tribunale di Roma fa riferimento in questo primo stralcio di pronuncia è, appunto, il Registro PP.AA., che come abbiamo evidenziato in apertura è consultabile tramite il Portale dei Servizi Telematici del Ministero di Giustizia ma solo da parte di soggetti determinati, fra cui gli Avvocati.
Il Tribunale capitolino prosegue poi evidenziando: “Detto ciò, è certo noto che, come anche comunicato giusta nota del Dipartimento Affari Giustizia, nota circolare del 20.06.2016, l’art. 16 ter del d.l. n. 179/2012 citato non contiene più il richiamo al comma 8 dell’art. 16 del d.l. n. 185/2008. [omissis] E quindi disposto termine al 30 novembre 2014, l’indirizzo di posta elettronica certificata conforme a quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica a cui ricevere le comunicazioni e notificazioni, si deve dunque ritenere che il registro IPA, da quella data, non possa essere considerato più “pubblico elenco” secondo il fine descritto sopra.”
Nessun indirizzo contenuto nel Registro IPA, ad avviso del Tribunale di Roma, potrà quindi essere utilizzato ai fini delle notificazioni in proprio via PEC ex L. 53/1994.
Il caso di specie, però, è presente una peculiarità che ha permesso al Giudice romano di allargare comunque le maglie dell’interpretazione restrittiva che al momento sembra maggioritaria fra le corti di merito.
La notificazione oggetto della pronuncia in commento, infatti, era sì stata effettuata a un indirizzo contenuto nel Registro IPA, ma tale indirizzo – come evidenziato dall’Avvocato in relata di notificazione – era contenuto anche nel REGINDE (Registro Generale degli Indirizzi Elettronici) che – solitamente – non annovera al suo interno indirizzi PEC appartenenti a Pubbliche Amministrazioni ma unicamente indirizzi di professionisti che abbiano necessità di depositare telematicamente atti e documenti all’interno dei fascicoli digitali di cancelleria.
Quindi il Tribunale di Roma ha ritenuto che: “Evidenziato tuttavia, come risulta dalla relata di notifica ex art 3 bis Legge 21.01.1994 n. 53 effettuata in esecuzione dell’ordine di integrazione del contraddittorio della Provincia di Grosseto disposto dal giudice ex art 101 c.p.c., che la notifica è stata effettuata via PEC all’indirizzo provincia.grosseto@postacert.toscana.it e che nella relata si attesta che l’indirizzo viene tratto non solo dal pubblico elenco dell’Indice dei Registri Elettronici INDICEPA.GOV.IT ma anche dal REGINDE, deve ritenersi inevitabilmente che l’ordine di integrazione del contraddittorio disposto dal Giudice di Pace sia stato debitamente notificato alla Provincia di Grosseto”.
Il Tribunale capitolino ha quindi ritenuto – correttamente ad avviso dello scrivente – pienamente valida la notificazione effettuata ad indirizzo PEC contenuto nel REGINDE benché lo stesso appartenesse a soggetto che non dovrebbe essere teoricamente presente all’interno di quello specifico registro di indirizzi PEC.