Lavoro e HR

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Quanti dipendenti per la reintegrazione?

Con la recentissima sentenza 27 agosto 2014, n. 18353, le Sezioni Unite della Cassazione hanno chiarito che, se il lavoratore reintegrato a causa dell’illegittimità del licenziamento, chiede il pagamento dell’indennità sostitutiva rinunciando così al posto, per il periodo di ritardato pagamento dell’indennità sono dovuti solo la rivalutazione monetaria e gli interessi legali e non anche l’ammontare della retribuzione fino a che non gli venga saldato tutto quanto sia dovuto.
Il giudice può ordinare la reintegra tutte le volte in cui accerta che il licenziamento è legato a un motivo discriminatorio (es. le opinioni politiche o sindacali), alla gravidanza o matrimonio, o, infine, al desiderio di ritorsione contro un determinato lavoratore. In questi casi, la reintegrazione del dipendente opera sempre, a prescindere dal numero di addetti impiegati dal datore di lavoro.
Invece, negli altri casi, ossia quando si tratta delle ipotesi di giusta causa o giustificato motivo (soggettivo od oggettivo) previste dalla legge, il regime di tutela previsto dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori si applica solo al datore di lavoro, imprenditore o non, il quale:
 
a) in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa almeno 16 lavoratori (almeno 6 se si tratta di imprenditore agricolo);
b) nell’ambito dello stesso comune ha almeno 16 dipendenti (almeno 6 se si tratta di imprenditore agricolo), anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti;
c) in tutto il territorio nazionale occupa almeno 61 dipendenti, anche se in nessuna unità produttiva o in nessun comune ha più di 15 lavoratori subordinati.
Nel conto dell’organico non devono essere inclusi gli apprendisti.
 
A cura di Alberto Bosco – Esperto di diritto del lavoro, Giuslavorista, Pubblicista de Il Sole24Ore. Consulente aziendale e formatore

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