Lavoro e HR

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GMO: mai dimenticarsi la forma scritta e i motivi

Una volta compiute tutte le valutazioni del caso, dopo che sia stata esclusa la possibilità di ricorrere al demansionamento o allo spostamento presso un altro posto o sede di lavoro (valutando anche l’opportunità di ridurre consensualmente l’orario di lavoro) – e dopo aver svolto la procedura in DTL nei casi previsti – se al datore di lavoro non resta altra soluzione che procedere al licenziamento per motivo oggettivo, occorre munirsi di “carta e penna”.
 
Infatti, l’intimazione di un licenziamento senza l’osservanza della forma scritta comporta – a prescindere dall’organico del datore di lavoro e dal fatto che si tratti o meno di contratto a tutele crescenti – l’applicazione delle tutele previste in caso di licenziamento orale, e quindi il lavoratore ha sempre diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un’indennità minima pari a 5 mensilità; ma non basta: in questo caso, infatti, egli potrebbe decidere di rinunciare alla reintegrazione e chiedere, invece, l’erogazione di una ulteriore indennità – con la quale si risolve definitivamente il rapporto di lavoro – pari a 15 mensilità.
 
Ma non basta: dopo aver messo nero su bianco la data e l’indicazione delle parti, e aver chiarito che si tratta di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, occorre non dimenticare di inserire – prima delle altre formule di rito e della firma – la specificazione dei motivi, ossia delle ragioni che hanno indotto il datore di lavoro a risolvere il rapporto. Occorrerà quindi precisare che il posto è stato soppresso, che quella sede è stata chiusa, che quella lavorazione è stata dismessa, e così via. Anche in questo caso, infatti, scattano delle sanzioni economiche che possono arrivare sino a un massimo di 12 mensilità.
 
A cura di Alberto Bosco – Esperto di diritto del lavoro, Giuslavorista, Pubblicista de Il Sole24Ore. Consulente aziendale e formatore.

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