Improcedibilità del ricorso in Cassazione e deposito di duplicato della sentenza impugnata nel Processo Civile Telematico
La Corte di Cassazione, con la recente pronuncia 12971/2024, ha rivisto la propria posizione per quanto riguarda il valore del duplicato informatico rispetto alla copia informatica nel deposito in Cassazione. Approfondiamo in questo articolo quanto espresso dalla Suprema Corte.
Come è noto il nostro ordinamento – attraverso il CAD e il codice di procedura civile – pone sostanzialmente sullo stesso piano di valore giuridico il duplicato informatico e la copia informatica del provvedimento munita di attestazione di conformità. Dette tipologie di documenti, pur – come detto – potendosi dire di egual valore in termini strettamente giuridici, di fatto presentano importanti differenze da un punto di vista informatico.
Il duplicato informatico – essendo l’originale del documento informatico munito di firma originale – non può riportare “visivamente” alcun tipo di riferimento inserito dalla cancelleria del Tribunale (ad esempio – in caso di sentenza – il cronologico e la data di pubblicazione), ciò perché, l’inserimento di questi dati, porterebbe all’invalidazione della firma digitale presente sul file.
La copia informatica, invece, riporta al suo interno sia gli elementi visivi di cui sopra, sia la così detta “coccardina”, che – pur non essendo una firma digitale – è in grado di comprovare che l’originale informatico (ossia il duplicato) era firmato digitalmente con firma pienamente valida al momento dell’apposizione.
Orbene, la Suprema Corte, con alcuni assunti francamente non condivisibili (si veda Cass. n. 18510/2023, Cass. n. 29263/2023, Cass. n. 36189/2023, Cass. n. 817/2024, Cass. n. 841/2024), ha in passato dichiarato l’inammissibilità del ricorso per Cassazione nel caso di deposito di un duplicato anziché di una copia informatica con attestazione di conformità, ciò perché – sempre ad avviso della Suprema Corte – dal deposito di un duplicato della sentenza telematica non si può evincere la data di pubblicazione e, di conseguenza, non può essere valutata la tempestività della notificazione del ricorso.
Con la recente pronuncia 12971/2024, però, gli Ermellini sembrano finalmente aver mutato orientamento, arrivando a ritenere che non è “sanzionabile con l’improcedibilità la scelta del difensore che, potendo optare tra il deposito del duplicato e la copia informatica (la cui apposta stampigliatura rappresenta soltanto un’evidenza grafica della registrazione informatizzata), si determini per il deposito del primo in quanto equivalente all’originale e, come tale, non necessitante di alcuna attestazione di conformità. Sicché, il concetto stesso di duplicato risulta assorbente rispetto al requisito di “copia autentica della sentenza o della decisione impugnata”, postulato dall’art. 369 c.p.c. I dati relativi alla pubblicazione, se in contestazione ai fini della verifica della tempestività dell’impugnazione (e, dunque, là dove non evincibili tramite gli stessi sistemi informatici in uso a questa Corte), possono essere verificati attraverso la consultazione del fascicolo informatico del giudizio di merito acquisito d’ufficio ai sensi dell’art. 137-bis disp. att. c.p.c. per i giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere a decorrere dal 1° gennaio 2023 (art. 35, comma 5, del d.lgs. n. 149/2022).”