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Pagamento della retribuzione: il punto dopo le istruzioni dell’INL

Dal 1° luglio 2018, in base all’articolo 1, co. 910-914, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, opera il divieto di erogare sotto forma di contanti la retribuzione ai dipendenti e i compensi ai co.co.co. L’Ispettorato Nazionale del Lavoro è intervenuto più volte, illustrando la norma, le eccezioni e il regime sanzionatorio: ecco il punto su tale questione.
 
Soggetti cui si applica il divieto del contante
Sono interessati dalla novità, con l’eccezione dei rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni e quelli disciplinati dai CCNL per gli addetti a servizi familiari e domestici, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, tutti i datori di lavoro e i committenti: questi soggetti non possono più erogare la retribuzione direttamente al lavoratore tramite denaro contante, quale che sia la tipologia di rapporto instaurato. Ciò vale con particolare riguardo ai seguenti rapporti di lavoro:
1) subordinato di cui all’articolo 2094 del codice civile, indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto (tempo indeterminato, somministrazione, contratto a termine, part time, lavoro intermittente e apprendistato);
2) contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
3) contratti di lavoro instaurati in qualsiasi forma dalle cooperative con i soci, ai sensi della legge 3 aprile 2001, n. 142.
Sono per contro esclusi, in quanto non richiamati espressamente dalla norma, i compensi legati a borse di studio, tirocini, rapporti autonomi occasionali.
 
Modalità di pagamento ammesse dal 1° luglio 2018
Da tale data, i datori e i committenti corrispondono ai lavoratori la retribuzione, e i relativi anticipi, attraverso una banca o un ufficio postale, con uno dei mezzi indicati di seguito
 

Bonifico su conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore Tale modalità è stata espressamente prevista dalla norma
Strumenti di pagamento elettronico Tale modalità è espressamente prevista; è ammesso il versamento su carta di credito prepagata intestata al lavoratore, anche se non collegata a un IBAN
In contanti c/o sportello bancario o postale dove datore ha aperto conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento Tale modalità è espressamente prevista dalla norma
In contanti presso sportello bancario ove datore ha aperto
ed è intestatario di conto corrente
o conto di pagamento ordinario
Si, poiché che il pagamento viene effettuato dalla banca ed è sempre tracciabile.
Assegno consegnato direttamente
al lavoratore
Tale modalità è espressamente prevista dalla norma. L’impedimento è comprovato quando il delegato a ricevere il pagamento è coniuge, convivente o familiare del lavoratore, con almeno 16 anni di età.
Vaglia postale Ammesso ai sensi di quanto precisato dall’INL nella Nota 10 settembre 2018, n. 7369.
Libretto del prestito
per i soci lavoratori di cooperativa
Si, purché tale modalità sia chiesta per iscritto dal socio, il versamento sia documentato e sia attestato dall’Ufficio prestito sociale che verifica l’accreditamento il giorno dopo la sua effettuazione.

 
Si ricorda che la firma del lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione: esso può solo dimostrare la consegna di tale prospetto.
 
Verifiche presso gli istituti di credito: modalità
Le verifiche sono volte a escludere l’erogazione della retribuzione in contanti direttamente al lavoratore, acquisendo le prove, anche documentali, che attestano l’uso degli strumenti di pagamento previsti dalla legge. Se l’ITL ritiene che il divieto dei contanti sia stato violato, può procedere a un ulteriore controllo, differenziato a seconda del sistema di pagamento adottato (per maggiori approfondimenti si veda la Nota INL 10 settembre 2018, n. 7369).
Qui merita solo di essere ricordato che, nel caso di pagamenti con assegno bancario, l’ITL può chiedere evidenza degli assegni, tratti e pagati sul conto del datore, in un certo periodo. Specificando il numero dell’assegno consegnato al lavoratore, la banca del datore può rendere noti: importo, codice ABI e CAB della banca presso cui è stato versato per l’incasso, data pagamento, eventuale esito dell’assegno. La banca del datore però può non conoscere il soggetto a favore del quale l’assegno è stato emesso e pagato (se l’assegno è passibile di girata, perché inferiore a 1.000 euro, il beneficiario potrebbe essere diverso). Inoltre, in base alle informazioni ricevute dalla banca, l’ITL può chiedere chi ha versato e incassato l’assegno. Quando i codici ABI e CAB della banca negoziatrice sono stati forniti dal lavoratore, l’ispettore può interrogare direttamente tale banca.
Invece, nel caso di assegno circolare, la banca, oltre alle informazioni di cui sopra, può fornire evidenza del beneficiario in favore del quale il titolo è stato emesso.
Infine, per i pagamenti con assegno bancario o circolare, se il datore non ha fornito all’ITL alcuna prova dell’emissione di tali titoli ciò, di per sé, integra l’illecito; tuttavia, se è necessario procedere a ulteriori approfondimenti, la banca a cui la richiesta è rivolta può fornire indicazioni sugli assegni che, nel periodo considerato, sono stati tratti sul conto del datore o richiesti di emissione, sapendo che essi possono riferirsi non solo al pagamento delle retribuzioni ma anche ad altri pagamenti del datore (ad esempio, per la fornitura merci).
 
Modalità di richiesta dell’ITL
La richiesta dell’ITL agli Istituti di credito deve avvenire, tramite il facsimile allegato alla Nota 10 settembre 2018, n. 7369, e preferibilmente a mezzo PEC, direttamente alla filiale presso cui il datore intrattiene i rapporti di conto sui quali è stato effettuato il pagamento con bonifico, strumenti di pagamento elettronico o contanti. In caso di pagamento con assegni, se il lavoratore ha indicato all’ispettore la banca (codici ABI e CAB) presso cui l’assegno è stato versato, è possibile interrogare direttamente la banca negoziatrice dell’assegno. L’Istituto di credito, di norma, risponde non prima di 30 giorni, in relazione al tipo di accertamento, al periodo di riferimento dell’indagine e alle informazioni richieste.
Infine, se l’ispettore ha riscontrato pagamenti in contanti per un importo stipendiale mensile pari o superiore a 3.000 euro in tutto, si configura, altresì, la violazione dell’articolo 49, co. 1, del D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231, che viene segnalata alle Ragionerie Territoriali dello Stato, ai fini della contestazione, da parte degli organi competenti, dell’illecito amministrativo che è punito con sanzione amministrativa pecuniaria minima di 3.000 euro.
 
 
 
A cura di Alberto Bosco – Esperto di diritto del lavoro, Giuslavorista, Pubblicista de Il Sole24Ore. Consulente aziendale e formatore

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