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Corte di Cassazione – Attestazione di conformità del provvedimento impugnato

Sulle pagine di questo portale ci eravamo occupati, qualche mese fa, dell’ordinanza n. 6657 del 15 marzo 2017 della Suprema Corte di Cassazione, con la quale si affrontava il problema della mancanza di attestazione di conformità degli atti notificati a mezzo PEC.
Attraverso tale pronuncia gli Ermellini avevano evidenziato l’improcedibilità del ricorso – per la violazione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, – nei casi in cui la parte, pur avendo dichiarato che la sentenza impugnata era stata notificata via PEC, non avesse però depositato copia autentica con la relazione di notificazione.
Oggi, con la pronuncia 26520 del 9 novembre 2017, la Suprema Corte torna ad occuparsi della violazione dell’art. 369 comma 2 c.p.c. giungendo, però, a conclusioni e soluzioni parzialmente diverse.
Da un lato, infatti, si ribadisce la possibilità – per il soggetto passivo della notificazione – di attestare la conformità della PEC di notifica. Sul punto – lo si ricorda – la dottrina non è a tutt’oggi unanime posto che, se da un lato l’art. 9 comma 1bis della L. 53/1994 prevede espressamente che “Qualora non si possa procedere al deposito con modalità telematiche dell’atto notificato a norma dell’articolo 3-bis, l’avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell’articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82” mettendo quindi d’accordo i commentatori sul fatto che la parte attiva della notificazione, ossia il Difensore notificante, possa attestare certamente la conformità delle stampe delle ricevute di PEC qualora non possa trasmetterle in via telematica; dall’altro il comma 1ter del medesimo art. 9 L. 53/1994 stabilisce che ”in tutti i casi in cui l’avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, procede ai sensi del comma 1-bis”.  Proprio su quest’ultimo punto una parte della dottrina (per tutti si veda Reale e Vitrani) ha più volte sottolineato come il comma de quo debba essere come letto come norma di chiusura che si riferisce comunque al solo Difensore notificante; altra parte della dottrina (si veda Gargano) ha invece individuato in tale prescrizione normativa la facoltà anche per il soggetto passivo della notificazione di attestare la conformità della stampa della notifica ricevuta.
Orbene la sopra richiamata Ordinanza n. 6657 del 15 marzo 2017 ha effettivamente sposato questo secondo orientamento dottrinario e l’odierna pronuncia 26520/2017 ribadisce il medesimo assunto stabilendo che:  “qualora la notificazione della sentenza impugnata sia stata eseguita con modalità telematiche, per soddisfare l’onere di deposito della copia autentica anche della relazione di notificazione, il difensore del ricorrente, destinatario della suddetta notifica, deve estrarre copie cartacee del messaggio di posta elettronica certificata pervenutogli e della relazione di notificazione redatta dal mittente ex art. 3-bis, quinto comma, della legge n. 53 del 1994, attestare con propria sottoscrizione autografa la conformità agli originali digitali delle copie analogiche formate e depositare nei termini queste ultime presso la cancelleria della Corte”.
Se quindi, ad avviso di chi scrive, il principio sopra esposto è pienamente condivisibile, non si comprende però perché la Corte di Cassazione si sia discostata dalla precedente pronuncia del marzo 2017 in ordine alla possibilità di attestare la conformità non solo della relata di notificazione e del messaggio mail, ma anche degli atti e provvedimenti notificati. Si ribadisce, infatti, che l’art. 9 comma 1bis sopra citato chiarisce espressamente che l’avvocato può estrae copia su supporto analogico ed attestare la conformità non solo del messaggio di posta elettronica certificata ma anche dei suoi allegati.
Gli Ermellini invece, con la pronuncia in commento, hanno espresso il seguente principio di diritto “Fintanto che il processo civile telematico non sarà attivato anche presso la Corte di cassazione, ai fini dell’osservanza dell’art. 369 cod. proc. civ., il difensore del ricorrente, che ha l’onere di depositare la copia conforme all’originale del provvedimento impugnato, qualora non abbia disponibilità della copia con attestazione di conformità rilasciata dalla cancelleria, deve estrarre una copia analogica dall’originale digitale presente nel fascicolo informatico e attestare con propria sottoscrizione autografa la conformità dell’una all’altro, ai sensi dell’ art. 16-bis, comma 9-bis, del d.l. n. 179 del 2012, non soddisfacendo invece le condizioni di legge l’attestazione di conformità apposta direttamente sulla copia del provvedimento eventualmente notificato con modalità telematiche”
Seguendo quindi l’orientamento espresso con la pronuncia 26520/2017 della Suprema Corte, il Difensore che voglia correttamente ottemperare alla prescrizione di cui all’art. 369 c.p.c., dovrebbe attestare la conformità della stampa della relata di notifica e del messaggio PEC ex art. 9 comma 1bis e 1ter L. 53 del 1994, e poi estrarre copia analogica del provvedimento impugnato dal fascicolo telematico del grado precedente ex art. 16bis comma 9bis del D.L. 179/2012 e attestare infine la conformità all’originale in virtù di quest’ultima norma.
Pur ritenendo corretto, in conclusione, l’orientamento interpretativo ribadito dalla Suprema Corte in ordine al disposto di cui all’art. 9 comma 1ter della L. 53 del 1994, non si può che ritenere superflua e – in tutta franchezza – eccessivamente onerosa la richiesta di provvedere ad una separata estrazione ed attestazione di conformità della copia del provvedimento impugnato, poiché in realtà la sopra citata previsione della Legge 53/1994 già permetterebbe tale operazione.
In addenda ed a chiusura, ad avviso di chi scrive, non può quindi ritenersi corretta l’ulteriore riflessione operata della Suprema Corte in relazione alla necessità che la copia da depositarsi nella Cancelleria debba essere obbligatoriamente conforme all’originale, ciò perché l’atto impugnato viene normalmente notificato al Difensore ricevente in copia conforme e quindi la stampa ed attestazione di tale documento non sarebbe una mera “copia di copia” ma bensì una copia conforme di copia conforme che, posto che l’atto notificato equivale in toto all’originale in base al disposto dell’art. 16bis comma 9bis D.L. 179/2012, diverrebbe a tutti gli effetti una vera e propria copia conforme all’originale.
 
 
A cura di Luca Sileni – Avv.to iscritto all’ordine di Grosseto referente informatico dell’ODA di Grosseto e Segretario del Centro Studi Processo Telematico

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