Procedure esecutive – iscrizione a ruolo senza attestazioni di conformità
A seguito dell’entrata in vigore della riforma di cui all’articolo 18 del decreto legge n. 132/14 (convertito Legge del 10 novembre 2014 n. 162) sono state modificate le procedure espropriative di cui agli articoli 518, 543 e 557 c.p.c., introducendo – in capo al creditore procedente – l’obbligo di procedere autonomamente all’iscrizione a ruolo della procedura esecutiva, tramite la trasmissione telematica di busta digitale contenente, quale atto principale, la nota di iscrizione a ruolo e poi, quali allegati obbligatori, le copie scansionate di titolo, del precetto e dell’atto di pignoramento.
Di tali copie scansionate si richiede che il Difensore del creditore procedente, al momento dell’allegazione all’interno della busta telematica, attesti la conformità agli originali in suo possesso ed a lui riconsegnati dall’Ufficiale Giudiziario.
In dottrina e giurisprudenza ci si è quindi chiesti quali potessero essere le conseguenze derivanti dalla mancanza di tale attestazione di conformità.
Un primo orientamento di merito, risalente al giugno del 2015, fa capo al Tribunale di Pesaro che, a seguito della richiesta di sospensione dell’esecuzione per mancanza delle attestazioni di conformità de quibus, ha sospeso la procedura esecutiva ritenendo che non potesse ritenersi sufficiente l’opera di sottoscrizione digitale delle copie, posta in essere dal Difensore del creditore procedente, in vece di una vera e propria attestazione di conformità.
Il Giudice delle Esecuzioni del Tribunale di Pesaro, quindi, ha ritenuto requisito essenziale, al fine della corretta procedura di iscrizione del procedimento espropriativo, il deposito delle copie autentiche previste dalla normativa sopra richiamata.
Tale pronuncia è stata però ribaltata dallo stesso Tribunale di Pesaro nella fase di merito della procedura di opposizione all’esecuzione de qua, con la quale si è ritenuto che l’assenza di una specifica attestazione di conformità sulle copie utilizzate per l’iscrizione a ruolo dovesse comunque ritenersi, anche qualora avesse comportato una nullità del procedimento, una mera irregolarità e come tale inidonea ad impedire il raggiungimento dello scopo dell’atto e – di conseguenza – ad impedirne la sanatoria prevista dall’art. 156 c.p.c.
Anche il Tribunale di Caltanissetta, con la recente pronuncia del 1° giugno 2016, ha sostanzialmente confermato quest’ultimo orientamento, ritenendo che “…alcuna conseguenza possa derivare dalla mera assenza della attestazione di conformità dei detti atti agli originali. Tale omissione dà luogo ad una mera irregolarità, che, in ogni caso, può essere sanata dal successivo deposito degli atti in originale, soprattutto in assenza di formale contestazione sulla effettiva conformità da parte del debitore…”.
Orbene, con sentenza del 29 giugno 2016, il Tribunale di Milano ritorna però sulla questione, aderendo al primo orientamento del Tribunale di Pesaro e ritenendo elemento essenziale il deposito di copie munite di attestazione di conformità al fine di una corretta iscrizione a ruolo della procedura esecutiva.
La pronuncia de quo, la quale interviene in fase di reclamo avverso la pronuncia del Giudice dell’Esecuzione che aveva dichiarato l’inefficacia del pignoramento, evidenzia in primis come il dato letterale – nel caso di specie – dell’art. 557 III comma c.p.c., da un lato richieda specificatamente copie conformi per l’iscrizione a ruolo e dall’altro sanzioni con l’inefficacia il tardivo deposito delle copie (in realtà non ulteriormente qualificate). Ad avviso del Tribunale milanese “le copie di cui parla l’art. 557. co. 3, c.p.c., sono sicuramente le “copie conformi” di cui all’art. 557 co. 2 e non le mere copie dei medesimi atti“ e per tale ragione deve ritenersi che non solo l’iscrizione a ruolo della procedura con copie non conformi porti alla perdita di efficacia del pignoramento, ma anche l’eventuale successivo deposito – fuori termine – delle copie munite di attestazione di conformità non sarebbe idoneo a condurre ad una sanatoria della procedura.
Il Tribunale di Milano, poi, ritiene altresì che la mancanza dell’attestazione di conformità non metta in condizione il Giudice di rilevare l’effettivo possesso del titolo da parte del creditore procedente.
Secondo il Collegio Milanese infatti: “Il creditore …. non deve limitarsi a depositare urna copia degli atti richiamati dal disposto di cui all’art. 557 co. 2, ma deve depositare una copia conforme di tali atti. Come più sopra evidenziato, del resto, originariamente doveva essere depositato l’originale del titolo che poteva essere sostituito con copia autentica dello stesso a norma dell’art. 488. co. 2.. e p.c. La questione della conformità del titolo all’originale è strettamente connessa al possesso del titolo esecutivo quale presupposto processuale dell’azione esecutiva. Ove il creditore difettasse del possesso del titolo, infatti, l’ufficiale giudiziario non potrebbe eseguire il pignoramento. Nel corso della procedura, poi, la perdita del possesso del titolo determina rilevanti conseguenze in quanto lascia presumere o che il credito incorporato nel titolo sia stato ceduto (v. ad es. art. 1262 c.c.) o che sia stato pagato (v. ad es. art. 1199 c.c.). Per tale ragione in mancanza dell’esibizione del titolo in originale, il giudice dell’esecuzione non potrebbe compiere l’atto esecutivo richiesto dal creditore sprovvisto del possesso materiale del titolo. L’attestazione di conformità, in tale prospettiva non costituisce una mera formalità in quanto il difensore del creditore, per potere attestare che la copia è conforme all’originale, deve avere avanti a sé l’originale da collazionare con la copia, in altri termini, deve avere il possesso del titolo. In mancanza del deposito dell’attestazione di conformità, pertanto, ciò che il giudice dell’esecuzione non è messo in grado di conoscere è se il creditore abbia o meno il possesso del titolo o sia o meno legittimato all’esercizio del diritto incorporato nel titolo.”
Per quanto, infine, attiene alla tesi – sostenuta da altri Tribunali di merito – del raggiungimento dello scopo dell’atto anche in caso di successiva sanatoria con deposito di originali cartacei o copie conformi dei documenti necessari all’iscrizione a ruolo, il Tribunale di Milano aggiunge: “La tesi del raggiungimento dello scopo dell’atto, allora, non risulta razionalmente perseguibile. Innanzitutto deve rilevarsi che la teoria relativa al raggiungimento dello scopo dell’atto attiene alla categoria della nullità e non dell’inefficacia dell’atto per il suo mancato tempestivo deposito. In secondo luogo, una volta che il legislatore abbia fissato un termine preclusivo per il deposito di un atto, non ha alcun senso affermare che lo stesso abbia raggiunto il suo scopo se è stato depositato tardivamente. In altri termini, ciò che conta non è il disposto di cui all’art. 156 c.p.c., quanto piuttosto il disposto di cui all’art. 153 c.p.c. che preclude alla parte la possibilità di svolgere l’attività processuale conseguente (il deposito dell’istanza di vendita, nel caso di specie), ove non sia stata tempestivamente svolta l’attività processuale precedente (il deposito nei termini di legge di copie conformi degli atti di cui all’art. 557, co. 2. c.p.c.).” oltretutto, il non corretto perfezionamento delle attività di deposito finalizzate all’iscrizione a ruolo della procedura comporterebbe “il rallentamento nello svolgimento del processo esecutivo e complessivamente dell’attività dell’amministrazione della giustizia rischiando di incidere sulla ragionevole durata del processo per espropriazione. Il giudice dell’esecuzione, infatti, in mancanza della dichiarazione di conformità degli atti prodromici all’esecuzione e dell’atto di pignoramento non potrebbe procedere con il conferimento dell’incarico di stima dei beni staggiti e, successivamente, con la vendita dei cespiti pignorati, non avendo certezza alcuna circa il possesso di un titolo esecutivo in capo al creditore. Ciò determinerebbe la necessità di ordinare il deposito dell’attestazione, con conseguente quiescenza del processo. ………….. Se di scopo della norma (ma non dell’atto) si vuole parlare, allora, non vi è che da concludere nel senso per cui il novellato disposto di cui all’art. 557, co. 3. c.p.c. intende sanzionare il negligente comportamento della parte processuale che, pur potendo mettere l’ufficio dell’esecuzione in grado di svolgere ordinatamente e tempestivamente il proprio compito, vi frapponga un ostacolo, mancando di depositare agli atti telematici un documento equipollente agli originali a sue mani (di cui cioè abbia il possesso)”.
A cura di Luca Sileni – Avv.to iscritto all’ordine di Grosseto referente informatico dell’ODA di Grosseto e Segretario del Centro Studi Processo Telematico