Lavoro e HR

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Quando la somministrazione di lavoro è vietata

L’articolo 32 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, dispone espressamente che il contratto di somministrazione di lavoro è vietato:

  • per sostituire lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
  • presso unità produttive in cui si è proceduto, nei 6 mesi precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di somministrazione, salvo che questo sia concluso per sostituire lavoratori assenti o abbia una durata iniziale non superiore a 3 mesi;
  • presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di somministrazione;
  • da parte di datori che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi.

La violazione, da parte dell’utilizzatore, dei divieti di cui appena sopra è anzitutto punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a 1.250 euro.
Ma c’è di più: se la somministrazione avviene violando i divieti di cui appena sopra, il lavoratore può chiedere, anche solo nei confronti dell’utilizzatore, la costituzione di un rapporto di lavoro alle sue dipendenze, con effetto dall’inizio della somministrazione. In tal caso, tutti i pagamenti effettuati dal somministratore, a titolo retributivo o di contribuzione, valgono a liberare il soggetto che ha usato la prestazione dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata. Tutti gli atti compiuti o ricevuti dal somministratore nella costituzione o gestione del rapporto, per la somministrazione, si intendono compiuti o ricevuti dal soggetto che ha effettivamente utilizzato la prestazione.

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