Decreto fiscale al traguardo: pagamento delle cartelle a 180 giorni e non impugnabilità dell’estratto di ruolo
Il decreto fiscale collegato alla Legge di Stabilità per il 2022 è legge dello Stato: con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 301 del 20 dicembre scorso, la legge 17 dicembre n. 215 è ormai entrata in vigore. L’iter di conversione è stato alquanto “movimentato”, soprattutto sul versante delle disposizioni in materia di riscossione, dove un andirivieni di emendamenti prima approvati e poi ritirati hanno sostanzialmente fatto partorire alla montagna il più classico dei topolini: mentre, in ambito di contenzioso tributario, le decisioni delle assemblee legislative hanno concepito una norma in odore di incostituzionalità.
Il pagamento delle cartelle
Sul fronte della riscossione assistiamo alla definitiva approvazione della norma che permette il pagamento delle cartelle notificate nel periodo 1° settembre – 31 dicembre 2021 a 180 giorni dall’avvenuta notifica delle stesse.
La disposizione originaria prevedeva 150 giorni, poi saliti a 180 nell’ambito dei lavori parlamentari di conversione del decreto-legge. Il differimento, è bene precisarlo, riguarda soltanto il pagamento e, con esso, la possibilità entro lo stesso termine di 180 giorni di presentare l’istanza di rateazione, ma non riguarda assolutamente la facoltà del contribuente di presentare il ricorso contro la cartella, laddove lo ritenesse necessario.
Pertanto, solo per fare un esempio, una cartella di pagamento notificata in data 17 dicembre 2021 potrà essere pagata entro il 15 giugno 2022, ovvero si potrà richiedere la rateazione con apposita istanza entro la stessa data, ma se si opta per il contenzioso la stessa dovrà essere impugnata entro il 15 febbraio 2022.
Le disposizioni in commento hanno l’applicazione temporale di cui si è detto: pertanto, stante l’attuale normativa le cartelle notificate nel 2022 non godranno di alcun differimento e il termine di pagamento tornerà a essere quello ordinario, ossia 60 giorni dall’avvenuta notifica.
La non impugnabilità dell’estratto di ruolo
Con una disposizione che sta già facendo discutere, e che verrà trascinata a mio avviso sino all’aula della Corte Costituzionale, viene sancita la non impugnabilità dell’estratto di ruolo.
Seppure l’estratto di ruolo non sia atto impugnabile in sé, la Corte di Cassazione, con la famosa sentenza a Sezioni Unite n. 19704 del 2015, affermò la impugnabilità “della cartella (e/o del ruolo) che non sia stata (validamente) notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l’estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario”.
Ciò consentiva al contribuente di impugnare un atto mai notificato in precedenza, contenente una pretesa impositiva, per consentirgli di eccepire l’invalidità oppure l’omessa notifica dell’atto “presupposto”.
Ora, con buona pace dell’articolo 24 della Costituzione, il nuovo comma 4-bis dell’articolo 12 del D.P.R. n. 602/1973 prevede che l’estratto di ruolo non è impugnabile, contemplando soltanto un’angusta “via di fuga”.
Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio:
- per la partecipazione a una procedura di appalto;
- per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici previa verifica di questi ultimi dell’adempimento all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo superiore a cinquemila euro;
- per la perdita di un beneficio nei rapporti con una Pubblica Amministrazione.