Processo civile telematico

La riforma del processo civile: le principali novità in ambito di digitalizzazione

Con il decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 149 è stato riformato in maniera sostanziale il codice di procedura civile. Una rivoluzione che ha portato con sé una serie di modifiche in ambito di digitalizzazione del processo civile. In questo articolo approfondiremo i principali novità introdotte dalla normativa.

I principali istituti introdotti dalla riforma del processo civile

Il nuovo decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 149, emanato in attuazione della legge delega 26 novembre 2021, n. 206, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 17 ottobre 2022 e ha riformato in modo sostanziale buona parte del codice di procedura civile.

In questa sede prenderemo in esame, dapprima in via generale, le principali modificazioni che hanno interessato l’ambito della digitalizzazione del processo civile, per poi sviscerare i singoli argomenti in analisi più approfondite.

  • Dobbiamo innanzitutto citare una vera e propria rivoluzione che ha riguardato l’ambito delle notificazioni, sia per quanto riguarda quelle effettuate tramite UNEP che quelle realizzate in proprio dal singolo Difensore. Di tale argomento ci occuperemo nel primo dei nostri approfondimenti.
  • Sono state poi introdotte una serie di norme che hanno sostanzialmente istituzionalizzato alcuni degli istituti introdotti durante il periodo di emergenza Covid-19, quali – in particolare – l’udienza da remoto e l’udienza cartolare.
  • Importanti modifiche hanno poi riguardato la riforma delle disposizioni attuative al codice di procedura civile, nel quale sono confluite buona parte delle norme originariamente contenute nel Decreto Legge 179/2012 e attinenti, in particolare, alle modalità di attestazione di conformità degli atti contenuti o da depositarsi all’interno del fascicolo telematico.
  • È stato poi introdotto un generalizzato obbligo di deposito telematico di tutti gli atti civili. Con l’introduzione dell’art. 196-quater – disp. att. C.p.c., difatti, è stata sancita l’obbligatorietà del deposito telematico di atti e di provvedimenti nei procedimenti davanti al Giudice di pace, al Tribunale, alla Corte di appello, al Tribunale superiore delle acque pubbliche e alla Corte di cassazione. Tale obbligo sarà operativo dal 1° gennaio 2023 per Tribunale, Corte di appello, e Corte di cassazione, mentre dal 30 giugno 2023 per Giudice di Pace e Tribunale superiore delle acque pubbliche.
  • Altra importante novità riguarda il pagamento del contributo unificato e delle spese di giustizia in generale. Con la riforma del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, a decorrere dal 1° gennaio 2023, il contributo unificato per i procedimenti dinanzi al giudice ordinario potrà essere pagato esclusivamente con modalità telematiche. Tale obbligo riguarderà, a decorrere dal 30 giugno 2023, anche il versamento del diritto di copia, del diritto di certificato e delle spese per le notificazioni.
  • Infine, ulteriori novità hanno riguardato la forma degli atti e le sanzioni che il mancato rispetto di tale forma potrebbe comportare a carico del Difensore.

Il regime delle notificazioni: la nuova normativa

La riforma Cartabia ha portato con sé una profonda revisione dell’ambito delle notificazioni con, in particolare, l’introduzione di un principio sotteso a tutti gli ambiti delle procedure notificatorie, il così detto “pec first”.

Come vedremo in dettaglio nel proseguo dell’analisi, difatti, la PEC è divenuta – a tutti gli effetti – la principale modalità di notificazione degli atti giudiziari.

In primis, per quanto attiene alla comunicazione dei biglietti di cancelleria, il nuovo art. 136 c.p.c. abolisce definitivamente la possibilità di trasmissione degli stessi a mezzo fax. Da notare come, probabilmente per un mancato raccordo normativo – non è stato modificato il disposto dell’art. 125 c.p.c. che a tutt’oggi prevede l’obbligo per il difensore di dichiarare il numero di fax a cui vuol ricevere le comunicazioni di cancelleria. Tale ultima disposizione – divenuta sostanzialmente inutile – dovrà, probabilmente in un prossimo futuro, essere raccordata con il nuovo regime introdotto dalla modifica dell’art. 136 c.p.c., senza considerare che la Magistratura e gli interpreti potrebbero comunque considerarla abrogata di fatto.

Di importanza centrale, poi, riveste la modifica dell’art. 137 c.p.c. che, con l’introduzione del nuovo comma 5, segna a tutti gli effetti un nuovo regime per le notificazioni che relega la notificazione tramite UNEP a mera eventualità residuale. In vigenza del nuovo regime – decorrente dal 30 giugno 2023 – l’avvocato dovrà sempre tentare la notificazione personalmente via PEC – con le modalità previste dalla Legge n.53 del 1994 – e residuerà la possibilità di notificare via UNEP unicamente in due casi:

  1. quando il destinatario della notifica non abbia l’obbligo di dotarsi di un indirizzo PEC da censire all’interno di uno dei pubblici registri previsti dalla normativa di riferimento;
  2. quando la notificazione non vada a buon fine per cause non imputabili al destinatario della notificazione stessa, qualora – ad esempio – il provider PEC del destinatario o del mittente registri disservizi o malfunzionamenti che rendano impossibile la notificazione stessa. In tal caso l’avvocato dovrà redigere apposita dichiarazione sottolineando che la notificazione con le predette modalità non è possibile o non ha avuto esito positivo per cause non imputabili al destinatario. Di tale dichiarazione dovrà darsi atto nella relazione di notificazione.

La notificazione in proprio via PEC, quindi, diverrà sostanzialmente obbligatoria in tutti i casi in cui il destinatario sia titolare di un indirizzo PEC censito in un pubblico registro e non sarà più rimessa alla discrezione del Difensore la scelta tra notificazione via UNEP oppure in proprio via PEC.

Stante il suddetto obbligo, il legislatore ha introdotto una particolare procedura di compiuta giacenza della PEC per il caso in cui la notificazione non vada a buon fine per cause imputabili al destinatario, ad esempio per indirizzo disattivato o casella PEC piena.

Tale procedura è oggi prevista dal neo introdotto art. 3 ter della Legge n. 53 del 1994, che prevede espressamente come “quando per causa imputabile al destinatario la notificazione a mezzo di posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato non è possibile o non ha esito positivo: se il destinatario è un’impresa o un professionista iscritto nell’indice INI-PEC di cui all’articolo 6-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, l’avvocato esegue la notificazione mediante inserimento a spese del richiedente nell’area web riservata prevista dall’articolo 359 del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n.14, dichiarando la sussistenza di uno dei presupposti per l’inserimento; la notificazione si ha per eseguita nel decimo giorno successivo a quello in cui è compiuto l’inserimento”.

L’introduzione – quindi – di questa nuova procedura eliminerà alla radice la problematica – purtroppo molto ricorrente – del mancato perfezionamento della notificazione per cause imputabili al destinatario.

La modifica dell’art. 147 c.p.c., poi, si è resa necessaria al fine di armonizzare il regime delle notificazioni con la sentenza della Corte Costituzionale n. 75/2019 sul tempo delle notificazioni che ha reso parzialmente incostituzionale il disposto di cui all’art. 16 septies del Decreto Legge. 179/2012.

Il nuovo art. 147 c.p.c., quindi, prevede che: “Le notificazioni a mezzo posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato possono essere eseguite senza limiti orari. Le notificazioni eseguite ai sensi del secondo comma si intendono perfezionate, per il notificante, nel momento in cui è generata la ricevuta di accettazione e, per il destinatario, nel momento in cui è generata la ricevuta di avvenuta consegna. Se quest’ultima è generata tra le ore 21 e le ore 7 del mattino del giorno successivo, la notificazione si intende perfezionata per il destinatario alle ore 7.”

Da ultimo – poi – è da porre l’attenzione del lettore sulla modifica dell’art 149 bis c.p.c. che introduce l’obbligo – ove possibile – delle notificazioni via PEC anche per l’Ufficiale Giudiziario che – ad esempio – si accinga a notificare un pignoramento presso terzi o altra comunicazione a soggetto dotato obbligatoriamente di indirizzo PEC.

In base al nuovo testo di detto articolo, quindi, l’ufficiale giudiziario dovrà eseguire le notificazioni a mezzo PEC qualora il destinatario sia un soggetto per il quale “la legge prevede l’obbligo di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato risultante dai pubblici elenchi oppure quando il destinatario ha eletto domicilio digitale ai sensi dell’articolo 3-bis, comma 1-bis, del codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.”

L’udienza da remoto e cartolare

La così detta “Riforma Cartabia” ha introdotto una serie di norme che hanno reso ordinari alcuni degli istituti introdotti durante il periodo di emergenza COVID-19; tra tali istituti rientrano certamente l’udienza cartolare e da remoto che, con l’introduzione degli articoli 127bis e 127ter del codice di procedura civile, divengono parte integrante del sistema processuale civile e vengono meglio definiti e regolamentati.

Per quanto attiene all’udienza da remoto, oggi denominata “udienza mediate collegamenti audiovisivi”, il nuovo art. 127bis c.p.c. stabilisce che la stessa possa essere disposta dal giudice ogni qualvolta non sia richiesta la presenza fisica di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice. 

Il Magistrato, qualora voglia procedere a norma del suddetto art. 127bis c.p.c., dovrà ordinare che il provvedimento sia comunicato alle parti almeno quindici giorni prima dell’udienza. Ciascuna parte costituita poi, entro cinque giorni successivi alla comunicazione, potrà invece chiedere che l’udienza si svolga in presenza. In tale ultimo caso il Giudice deciderà, nei cinque giorni successivi, se accogliere o meno la richiesta di svolgimento dell’udienza in presenza, tramite l’emissione di decreto non impugnabile.

In relazione, invece, alla così detta udienza cartolare – oggi denominata “deposito  di  note  scritte  in   sostituzione dell’udienza” – il nuovo art. 127ter c.p.c., prevede che l’udienza, anche se  precedentemente  fissata,  possa essere sempre sostituita – su ordine del Giudice – dal deposito di note scritte, contenenti le sole istanze e conclusioni, ciò sempre che non sia richiesta la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice. Nei medesimi casi, poi, l’udienza potrà essere sostituita dal deposito di note scritte se ne facciano richiesta tutte le parti costituite. 

Novità importante è costituita dalla fissazione di termini standardizzati per il deposito di dette note, che oggi viene fissato in non meno di 15 giorni decorrenti dal provvedimento del Magistrato.

Come previsto nel caso di udienza con collegamenti audiovisivi, anche per l’udienza cartolare è fissato il termine di 5 giorni – decorrenti dalla comunicazione del provvedimento – per opporsi allo stesso, e per richiedere quindi un’udienza in presenza. Anche in questo caso il Giudice, con decreto non impugnabile, qualora l’istanza provenga da tutte le parti congiuntamente, dovrà decidere in conformità all’istanza stessa.

In caso nessuna delle parti depositasse le note nel termine assegnato, il giudice provvederà a fissare un nuovo termine perentorio e qualora – anche in questo secondo caso – nessuna delle parti provvedesse al deposito delle note, ordinerà la cancellazione della causa dal ruolo e l’estinzione del processo.

La riorganizzazione della normativa sul processo telematico e sulle attestazioni di conformità

Nell’ambito del Processo Civile Telematico la riforma è intervenuta per riorganizzare in modo analitico la normativa stessa; importanti modifiche, infatti, hanno riguardato le disposizioni attuative al codice di procedura civile, nel quale sono confluite buona parte delle norme originariamente contenute nel Decreto Legge 179/2012 e attinenti, in particolare, alle modalità di attestazione di conformità degli atti contenuti o da depositarsi all’interno del fascicolo telematico.

Con l’introduzione degli articoli da 196 quater a 196 undecies disp. att. c.p.c., sono state trasposte – senza grandissime novità dal punto di vista operativo – tutte le norme fondamentali del processo civile telematico originariamente contenute nel D.L. 179/2012.

Vediamo nello specifico cosa prevedono oggi questi nuovi articoli.

  • Art. 196-quater (Obbligatorietà del deposito telematico di atti e di provvedimenti). – Nei procedimenti davanti al giudice di pace, al tribunale, alla Corte di Appello e alla Corte di Cassazione il deposito degli atti processuali e dei documenti, ivi compresa la nota di iscrizione a ruolo, da parte dei difensori e dei soggetti nominati o delegati dall’autorità giudiziaria ha luogo esclusivamente con modalità telematiche. Il deposito telematico diviene quindi l’unica modalità possibile di trasmissione degli atti in tutte le procedure civili. Sul punto si precisa che per Tribunale, Corte d’Appello e Corte di Cassazione, la norma sarà operativa dal 1° gennaio 2023, mentre per il Giudice di Pace dal 30 giugno 2023.
  • Art. 196-quinquies (Dell’atto del processo redatto in formato elettronico). – L’atto del processo redatto in formato elettronico dal magistrato o dal personale degli uffici giudiziari e degli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti è depositato telematicamente nel fascicolo informatico. In caso di atto formato da organo collegiale l’originale del provvedimento è sottoscritto con firma digitale anche dal presidente. Quando invece il provvedimento sia stato formato in originale cartaceo da parte del Magistrato, la cancelleria provvederà alla scansione dello stesso e all’inserimento nel relativo fascicolo telematico. Anche in questo caso, quindi, nessuna particolare novità rispetto al regime previgente.
  • Art. 196-sexies (Perfezionamento del deposito con modalità telematiche). – Il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto nel momento in cui è generata la conferma del completamento della trasmissione secondo quanto previsto dalla normativa anche regolamentare concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici ed è tempestivamente eseguito quando la conferma è generata entro la fine del giorno di scadenza. In questo caso la norma viene leggermente modificata rispetto a quella originariamente prevista nel D.L. 179/2012 ma – in ogni caso – il riferimento al momento in cui viene generata la conferma della trasmissione della busta telematica, è da inquadrarsi – come in passato – nel momento in cui viene generata la ricevuta di consegna dell’invio a mezzo PEC.
  • Art. 196-octies. Le copie informatiche, anche per immagine, di atti processuali di parte e degli ausiliari del giudice nonché dei provvedimenti di quest’ultimo, presenti nei fascicoli informatici o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche, equivalgono all’originale anche se prive della firma digitale del cancelliere di attestazione di conformità all’originale. Come previsto dalla normativa originaria, il difensore, potrà procedere a estrarre dal fascicolo telematico copie informatiche – da attestarsi conformi – o duplicati informativi (quindi gli originali) di detti atti processuali.
  • I successivi articoli 196-novies, decies e undecies, si occupano infine di disciplinare le modalità di attestazione di conformità dei sopra citati atti processuali. Tali modalità non variano rispetto al passato e, quindi, il difensore potrà attestare la conformità degli atti sia con apposizione dell’attestazione nel medesimo atto, sia con redazione di attestazione separata. Si ricorda, poi, che il difensore avrà l’obbligo di attestare la conformità degli originali o delle copie autentiche degli atti processuali che vengano trasmessi alla cancelleria tramite deposito telematico o che siano consegnati, con le medesime modalità, all’ufficiale giudiziario; su tale ultimo punto si precisa che non è ancora stata oggetto di specifica attuazione la previsione relativa alla possibilità di trasmissione telematica degli atti all’UNEP.

Il pagamento telematico obbligatorio

Un impatto decisamente rilevante della riforma Cartabia, oltre a quelli più squisitamente processuali, è rappresentato dalla modifica del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, ossia, del “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia”.

Come detto, difatti, proprio le spese di giustizia – o meglio le modalità di versamento di varie tipologie di contributi processuali – sono stati innovate in modo importante dalla riforma del processo.

Vediamo quindi di analizzare specificatamente le principali novità.

  • Modifica dell’art. 192 del DPR 115/2002: il testo dell’articolo è stato integralmente riformato introducendo, per i procedimenti dinanzi al giudice civile ordinario e dinanzi al giudice tributario, un’unica modalità di versamento – ossia – quella telematica tramite la piattaforma tecnologica di cui all’articolo 5, comma 2, del codice dell’amministrazione digitale (alias pst.giustizia.it); tale obbligo è entrato in vigore lo scorso 1° gennaio 2023 per i procedimenti civili ordinari e, quindi, in continuità rispetto alla normativa emergenziale Covid-19. Rispetto alla normativa emergenziale, però, vi è da sottolineare l’eliminazione della possibilità di versamento attraverso il modello F23; il versamento digitale vero e proprio, quindi, è divenuto l’unica modalità possibile di pagamento del contributo unificato per queste tipologie di procedimenti.
  • Introduzione del comma 1-sexies all’interno dell’art. 192 del DPR 115/2002: il legislatore ha previsto, tramite l’introduzione di questo nuovo comma, una modalità specifica di versamento in caso di malfunzionamento del sistema dei pagamenti telematici. Qualora sia attestato, con provvedimento pubblicato sul sito istituzionale del Ministero della giustizia o del Ministero dell’economia e delle finanze, il mancato funzionamento di tale sistema di versamento, si potrà procedere a corrispondere il contributo unificato mediante bonifico bancario o postale. L’individuazione di una modalità univoca di versamento anche in caso di malfunzionamento del sistema informatico ministeriale, ha di fatto mandato definitivamente in pensione la possibilità di pagamento tramite marca da bollo.
  • Modifica dell’art. 196 del DPR 115/2002: il nuovo testo dell’articolo introduce le medesime modalità di pagamento digitale anche per tutti i casi di versamento di diritti di copia e di certificazione che, anche nelle fattispecie, non potranno più essere versati tramite marca da bollo.
  • Modifica dell’art. 197 del DPR 115/2002: con la modifica dell’art. 197 si attua infine la definitiva digitalizzazione di tutto il processo dei pagamenti nei confronti degli uffici relativi ai procedimenti civili. L’articolo, infatti, stabilisce che – con decorrenza 1° giugno 2023 – anche i versamenti nei confronti dell’UNEP e relativi alla notificazione, alle spese di spedizione o all’indennità di trasferta, saranno corrisposti con le medesime modalità telematiche; con la precisazione che, in caso di spese eventualmente necessarie per l’invio della raccomandata di cui agli articoli 139, 140 e 660 del codice di procedura civile, tali oneri saranno anticipati dall’ufficiale giudiziario e rimborsati dalla parte in un momento successivo.

La forma degli atti e il regime sanzionatorio

Ulteriore importante modifica all’impianto generale del processo civile telematico, è certamente rappresentata dalla forma degli atti e dalla modalità di redazione degli stessi.

Sul punto va precisato che la riforma Cartabia ha introdotto importanti modificazioni all’art. 121 c.p.c. e all’art. 46 disp. att. c.p.c., in primis introducendo un sostanziale principio di chiarezza e sinteticità degli atti digitali, dall’altro stabilendo che la forma – appunto – “digitale” è da considerarsi prediletta all’interno del nostro ordinamento processual-civilistico.

Proprio l’art. 46 disp. att. c.p.c., in particolare, ha introdotto tre importanti novità all’interno del codice di rito, vediamole insieme nello specifico.

1° novità

Con la modifica dei commi 3 e 6 di detto articolo, il legislatore ha – da un lato – introdotto l’obbligatorietà del rispetto delle specifiche tecniche in materia di PCT al momento della redazione degli atti in forma digitale, stabilendo che quando detti atti “… sono redatti in forma di documento informatico, rispettano la normativa, anche regolamentare, concernente la redazione, la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.”, dall’altro ha inserito una sorta di clausola di salvaguardia per i casi di violazione della normativa regolamentare: “Il mancato rispetto delle specifiche tecniche sulla forma e sullo schema informatico e dei criteri e limiti di redazione dell’atto non comporta invalidità, ma può essere valutato dal giudice ai fini della decisione sulle spese del processo”. Tale ultima previsione, inserita – come detto – all’interno del comma 6 dell’art 46, rappresenta senza dubbio un rafforzamento del principio del raggiungimento dello scopo dell’atto (già previsto dall’art. 156 u.c. c.p.c.), nonché una soluzione al dibattito giurisprudenziale che ha, per molti anni, infiammato le discussioni in ordine ai vizi formali dell’atto telematico che, proprio in virtù dell’introduzione di tale norma, oggi non potranno che essere derubricati a mere irregolarità e non potranno comportare alcuna declaratoria di invalidità.

2° novità

Sempre in relazione al nuovo articolo 46 delle disposizioni attuative, il recente Decreto Ministero della Giustizia 7 agosto 2023, n. 110, entrato in vigore lo scorso 1° settembre 2023, ha fissato regole precise in relazione alla redazione degli atti in materia civile e – in virtù delle disposizioni codicistiche – anche in materia tributaria.

Il decreto è stato emanato, come detto, in attuazione dell’art. 46 delle disposizione attuative al codice di procedura civile, così come modificato dalla riforma Cartabia e ha introdotto, attraverso gli articoli 2, 3 e 6, una serie di criteri redazioni che, come vedremo di seguito, possono essere divisi fra obbligatori e meramente “suggeriti”.

a) I criteri e i contenuti minimi dell’atto (con differenziazioni relative alla tipologia dell’atto stesso) definibili “obbligatori” sono stati inseriti in maggioranza all’interno degli articoli 2 e 3 del D.M. 110/2023 e possono essere riassunti come di seguito:

  • intestazione, contenente l’indicazione dell’ufficio giudiziario davanti al quale la domanda è proposta e della tipologia di atto;
  • indicazione delle parti, comprensive di tutte le informazioni richieste dalla legge (questo in ossequio anche alle prescrizioni di cui all’art. 125 c.p.c.);
  • parole chiave, nel numero massimo di  venti,  che  individuano l’oggetto del giudizio. Dette parole chiave dovrebbero essere intese come una sorta di “tag” idoneo a far comprendere immediatamente al Magistrato l’ambito del procedimento;
  • nelle impugnazioni, indicazione degli estremi del provvedimento impugnato con l’indicazione dell’autorità giudiziaria che lo ha emesso, la data della pubblicazione e dell’eventuale notifica;
  • esposizione distinta e specifica, in parti dell’atto separate e rubricate, dei fatti e dei motivi in diritto, nonché, quanto alle impugnazioni, individuazione dei capi della decisione impugnati  ed esposizione dei motivi;
  • nella parte in fatto, puntuale riferimento ai documenti offerti in comunicazione, indicati in ordine numerico progressivo e denominati in modo corrispondente al loro contenuto, preferibilmente consultabili con apposito collegamento ipertestuale;
  • con riguardo ai motivi di diritto, esposizione delle eventuali questioni pregiudiziali e preliminari e di quelle di merito, con indicazione delle norme di legge e dei precedenti giurisprudenziali che si assumono rilevanti;
  • conclusioni, con indicazione distinta di ciascuna questione pregiudiziale, preliminare e di merito e delle eventuali subordinate; 
  • indicazione specifica dei mezzi di prova e indice dei documenti prodotti, con la stessa  numerazione e denominazione contenute nel corpo dell’atto, preferibilmente consultabili con collegamento ipertestuale;
  • valore della controversia;
  • richiesta di distrazione delle spese;
  • indicazione dell’eventuale presenza di provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato;
  • per gli atti successivi alla costituzione in giudizio, indicazione del numero di  ruolo del processo al quale si riferiscono;
  • limite dimensionale di 80.000 caratteri per citazione, ricorso, comparsa  di  risposta  e  memoria difensiva, atti di intervento e chiamata di terzi, comparse e note conclusionali, nonché agli introduttivi dei giudizi di impugnazione (gli spazi fra le singole parole non dovranno essere computati);
  • limite dimensionale di 50.000 caratteri, per memorie, repliche e in genere tutti gli altri atti del giudizio (gli spazi fra le singole parole non dovranno essere computati);
  • limite dimensionale di 10.000 caratteri per le note scritte in sostituzione dell’udienza di cui all’articolo 127-ter del codice di procedura  civile,  quando  non  sia necessario  svolgere attività difensive possibili soltanto all’udienza (gli spazi fra le singole parole non dovranno essere computati);
  • utilizzo delle note a pedice dell’atto solo ed esclusivamente per l’indicazione dei precedenti giurisprudenziali e dei riferimenti dottrinari.

Si precisa che, ex art. 5 del medesimo decreto ministeriale, i criteri dimensionali delle singole tipologie di atto, potranno essere superati qualora “la controversia presenta questioni di particolare complessità, anche in ragione della tipologia, del valore, del numero delle parti o della natura degli interessi coinvolti.” In tali casi, però, il difensore dovrà esporre sinteticamente nell’atto le ragioni per le quali si è reso necessario il superamento dei limiti, nonché inserire – dopo l’intestazione – un indice, preferibilmente con collegamenti ipertestuali e una breve sintesi del contenuto dell’atto.

b) Prescrizioni facoltative ma caldeggiate (contenute nell’art. 6 del DM):

  • utilizzo caratteri di dimensioni di 12 punti;
  • utilizzo di interlinea di 1,5;
  • settaggio di margini orizzontali e verticali di 2,5 centimetri;
  • utilizzo di link ipertestuali verso i documenti citati all’interno dell’atto. 

Concludendo sul punto si precisa – come anticipato nella sezione iniziale di questo paragrafo – che il mancato rispetto dei criteri definibili obbligatori non comporterà invalidità dell’atto, ma potrà essere valutato dal giudice ai fini della decisione sulle spese del processo.

3° novità

Altra importante novità introdotta dall’articolo in parola, è poi stata inserita all’interno del comma 5: “Il Ministro della giustizia, sentiti il Consiglio superiore della magistratura e il Consiglio nazionale forense, definisce con decreto gli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l’inserimento delle informazioni nei registri del processo….”. Con tale innovazione, quindi, per la prima volta il Ministero sarà obbligato a consultare CSM e CNF al momento della creazione degli schemi informatici necessari per i depositi telematici nell’ambito civile. Questa collaborazione, si auspica, porterà al miglioramento della qualità di detti schemi che – purtroppo – nel corso della storia del PCT sono stati più volte affetti da bug, mancanze o errori concettuali.

Forma e attestazione di conformità della trasmissione alla Corte di Cassazione del provvedimento impugnato

Con la recente pronuncia 14 settembre 2023, n. 26597, la terza sezione della Suprema Corte di Cassazione è tornata a occuparsi di una questione divenuta annosa negli anni, benché oramai oggetto di una giurisprudenza pressoché unanime, ossia, la produzione telematica della sentenza impugnata con giudizio di legittimità, ma redatta con modalità informatiche.

Con la pronuncia in parola, difatti, gli ermellini hanno ribadito la necessità di ex art. 369 c.p.c., del deposito della copia autentica della sentenza impugnata – comprensiva della relazione di notificazione, qualora la stessa sia stata oggetto di trasmissione alla controparte – ciò a pena di improcedibilità del ricorso.

Elemento di novità, però, riguarda la forma del documento che deve essere oggetto di trasmissione telematica alla Corte.

Come è noto, all’interno dei nostri fascicoli telematici, i provvedimenti e gli atti giudiziari sono normalmente contenuti in due forme, quella del duplicato informatico (privo del rubricato di cancelleria e dei riferimenti principali del provvedimento ma munito di firma digitale in originale dei magistrati), e quella della copia informatica che, nonostante non contenga una sottoscrizione digitale valida dei sottoscrittori del provvedimento, reca all’interno tutti i riferimenti del provvedimento stesso, quali: numero di R.G. del procedimento, numero della sentenza, data di pubblicazione.

Come detto, oltre a ribadire la necessità della produzione di provvedimento munito di attestazione di conformità redatta dal difensore, la Suprema Corte ha stabilito altresì che detto provvedimento deve essere necessariamente munito dei riferimenti propri della copia informatica della sentenza e sopra appena elencati, escludendo – di fatto – che possa ritenersi sufficiente (ai fini del rispetto del disposto di cui all’art. 369 c.p.c.) il deposito del duplicato informatico.

Sul punto, quindi, gli ermellini hanno definitivamente stabilito come: È improcedibile il ricorso per cassazione nel caso in cui la sentenza impugnata, redatta in formato digitale, risulti priva dell’attestazione di cancelleria circa l’avvenuta pubblicazione, la relativa data e il conseguente numero di pubblicazione, sia perché i suddetti adempimenti sono gli unici che permettono alla S.C. di controllare se e quando il provvedimento impugnato sia effettivamente venuto ad esistenza, sia perché la produzione di una copia della sentenza incerta nella data e priva del numero identificativo non consente di verificare la tempestività dell’impugnazione, né, in caso di accoglimento del ricorso, di formulare un corretto dispositivo che, coordinato con la motivazione, individui con esattezza il provvedimento cassato” e hanno altresì precisato che: “per quanto in linea generale sia possibile produrre in giudizio copie o duplicati del provvedimento impugnato estratti dal fascicolo telematico, attestando la conformità del relativo contenuto all’originale contenuto nel predetto fascicolo, ai fini della procedibilità del ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 369 c.p.c. deve comunque trattarsi di copie o duplicati recanti l’attestazione di cancelleria della pubblicazione del provvedimento, con la relativa data e il numero attribuito dal sistema.”

Posto, come detto in precedenza, che il duplicato informatico non reca solitamente i riferimenti che la Suprema Corte ritiene assolutamente necessari per la procedibilità del ricorso, si consiglia di utilizzare sempre e comunque le copie informatiche – munite di attestazione di conformità – ai fini dell’impugnazione del provvedimento presso la Corte di Cassazione.

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