Processo civile telematico

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Corte Costituzionale – parziale illegittimità dell’art. 16 septies D.L. 179/2012 in tema di notificazioni via PEC

Come è noto, nell’ambito del Processo Civile Telematico, i termini orari di deposito e di notificazione differiscono in modo sostanziale.
Se per il deposito telematico, infatti, vale la decorrenza del giorno solare – e quindi termine orario ultimo sarà quello delle ore 23.59 del giorno di scadenza – per le notificazioni via PEC tale termine è anticipato alle ore 21.00
Questa discrepanza è dovuta al combinato disposto degli articoli 147 c.p.c. e 16 septies D.L. 179/2012; in particolare quest’ultimo stabilisce “La disposizione dell’articolo 147 del codice di procedura civile si applica anche alle notificazioni eseguite con modalità telematiche. Quando è eseguita dopo le ore 21, la notificazione si considera perfezionata alle ore 7 del giorno successivo.
Orbene, detta discrepanza oraria, ha più volte tratto in inganno gli Avvocati che – ad esempio – stessero provvedendo a notificare un’impugnazione l’ultimo giorno utile, ciò con conseguente declaratoria di inammissibilità delle impugnazioni medesime per tardività.
Con la pronuncia 75/2019 la Corte Costituzionale interviene all’interno del dibattito dottrinario sull’opportunità e legittimità del duplice termine orario sopra ricordato, e lo fa a seguito della promozione del procedimento di legittimità costituzionale da parte della Corte di appello di Milano.
La Corte lombarda, nello specifico, denunciava la violazione – da parte dell’art. 16 septies D.L. 179/2012 – dell’art. 3 Costituzione “sotto il profilo, sia del principio di eguaglianza, sia di quello della ragionevolezza, poiché la prevista equiparazione del “domicilio fisico” al “domicilio digitale” comporterebbe l’ingiustificato eguale trattamento di situazioni differenti – le notifiche “cartacee” e quelle “telematiche” – considerato anche che, per queste ultime, in linea di principio, non verrebbe in rilievo (come per le prime) l’esigenza di evitare «“utilizzi lesivi” del diritto costituzionalmente garantito all’inviolabilità del domicilio» o dell’«interesse al riposo e alla tranquillità».”
Con ciò sostanzialmente evidenziando come il recapito di una mail, contrariamente all’accesso presso l’abitazione del destinatario dell’Ufficiale Giudiziario, non avrebbe comportato – e non comporterebbe oggi – alcun disagio idoneo a ritenere violato l’interesse al riposo e alla tranquillità.
Sempre ad avviso della Corte d’appello milanese, poi, “la disposizione stessa si porrebbe, altresì, in contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost., in quanto, nel caso di notifica effettuata a mezzo PEC, la previsione di un limite irragionevole alle notifiche, l’ultimo giorno utile per proporre appello, comporterebbe una grave limitazione del diritto di difesa del notificante giacché, «trovandosi a notificare l’ultimo giorno utile (ex art. 325 cod. proc. civ.) è costretto a farlo entro i limiti di cui all’art. 147 c.p.c., senza poter sfruttare appieno il termine giornaliero (lo stesso art. 135 [recte: 155] c.p.c. fa riferimento a “giorni”) che dovrebbe essergli riconosciuto per intero».”
La Corte Costituzionale, chiamata quindi a decidere della legittimità della norma appena esaminata, con la pronuncia 75/2019 ha ritenuto “Nel merito la questione è fondata. Il divieto di notifica per via telematica oltre le ore 21 risulta, infatti, introdotto (attraverso il richiamo dell’art. 147 cod. proc. civ.), nella prima parte del censurato art. 16-septies del d.l. n. 179 del 2012, allo scopo di tutelare il destinatario, per salvaguardarne, cioè, il diritto al riposo in una fascia oraria (dalle 21 alle 24) in cui egli sarebbe stato, altrimenti, costretto a continuare a controllare la propria casella di posta elettronica.
Ciò appunto giustifica la fictio iuris, contenuta nella seconda parte della norma in esame, per cui il perfezionamento della notifica – effettuabile dal mittente fino alle ore 24 (senza che il sistema telematico possa rifiutarne l’accettazione e la consegna) – è differito, per il destinatario, alle ore 7 del giorno successivo. Ma non anche giustifica la corrispondente limitazione nel tempo degli effetti giuridici della notifica nei riguardi del mittente, al quale – senza che ciò sia funzionale alla tutela del diritto al riposo del destinatario e nonostante che il mezzo tecnologico lo consenta – viene invece impedito di utilizzare appieno il termine utile per approntare la propria difesa: termine che l’art. 155 cod. proc. civ. computa «a giorni» e che, nel caso di impugnazione, scade, appunto, allo spirare della mezzanotte dell’ultimo giorno (in questa prospettiva, Corte di cassazione, sezione terza civile, sentenza 31 agosto 2015, n. 17313; sezione lavoro, ordinanza 30 agosto 2017, n. 20590).”
Oltre a ciò la Consulta pone l’accesso sull’intrinseca diversità sussistente fra le notificazioni digitali e analogiche, posto che – quest’ultime – si basano comunque su un meccanismo legato “all’apertura degli uffici”, elemento da cui le notificazioni via PEC possono tranquillamente prescindere. Da ciò deriverebbe anche l’incomprensibile difformità del termine per le notifiche rispetto a quello per il deposito telematico che – proprio come per le notificazioni via PEC – prescinde totalmente dall’eventuale apertura dell’ufficio ricevente.
Per tali ragioni, quindi la Corte Costituzionale ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 16-septies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del paese), convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2012, n. 221, inserito dall’art. 45-bis, comma 2, lettera b), del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, nella legge 11 agosto 2014, n. 114, nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di generazione della predetta ricevuta.
L’attenzione del lettore, però, deve essere infine posta sulle conseguenze dirette di questa declaratoria parziale di illegittimità dell’art. 16 septies, posto che, la Consulta non si è espressa in relazione al perfezionamento della notificazione per il destinatario (che permarrà alle ore 7 del giorno successivo alla notificazione) ma solo per il mittente.
Il rischio – quindi – sarà quello di incorrere in errati calcoli relativi ai termini (ad esempio) di impugnazione. Qualora il termine sia previsto in favore del destinatario, infatti, lo stesso decorrerà dal giorno successivo alla generazione della Ricevuta di Consegna della PEC, qualora questa sia stata elaborata fra le 21.00 e le 24.00.
 
Ad esempio, quindi, in caso di ricorso monitorio e relativo decreto, il notificante potrebbe erroneamente credere che i 40 giorni per l’impugnazione decorrano dalla generazione della ricevuta di consegna quando, invece, decorreranno solo dal giorno successivo.
 
 
 
A cura di Luca Sileni – Avv.to iscritto all’ordine di Grosseto referente informatico dell’ODA di Grosseto e Segretario del Centro Studi Processo Telematico

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