Crisi di impresa

Il bilancio di esercizio e il suo valore segnaletico per la continuità aziendale

Il bilancio di esercizio è uno degli strumenti utili per monitorare la continuità aziendale, perché agevola, con uno sguardo sia al passato che al futuro, la lettura e l’interpretazione delle performance dell’impresa. Approfondiamo di seguito gli aspetti principali di questo valido alleato nella prevenzione dello stato di crisi di un'impresa.

Introduzione

Il bilancio di esercizio rappresenta un valido strumento diagnostico nel processo di prevenzione di uno stato di crisi d’impresa, poiché agevola la lettura e l’interpretazione delle performance dell’impresa. Infatti, il bilancio di esercizio, grazie ai “meccanismi” della contabilità generale (CO.GE.), è la traduzione numerica dei fatti di gestione, sia con uno sguardo al passato che al futuro.

Gli step che, a nostro avviso, possono migliorare la lettura e l’interpretazione dei numeri del bilancio possono essere sintetizzati come segue:

  1. analisi del contesto esterno di riferimento;
  2. analisi del contesto interno di riferimento;
  3. studio del piano dei conti;
  4. analisi del rispetto dei postulati di bilancio;
  5. analisi del fascicolo di bilancio;
  6. riclassificazione stato patrimoniale e del conto economico;
  7. determinazione e coordinamento degli indicatori e indici di bilancio;
  8. determinazione dei flussi finanziari;
  9. interpretazione dei risultati.

Partiamo con il ribadire che riclassificare vuol dire riorganizzare le voci di bilancio (stato patrimoniale e conto economico) secondo criteri stabiliti, al fine di evidenziare informazioni utili sulle dinamiche reddituali, finanziarie e patrimoniali dell’impresa.

La riclassificazione deve essere condotta seguendo una triplice prospettiva, ovvero:

  • analisi orizzontale, che mira a indagare le variazioni intervenute per ciascuna voce, mettendo a confronto i dati di due o più anni consecutivi (solitamente tre o cinque anni), sia in valore assoluto che in termini percentuali;
  • analisi verticale, che tende a evidenziare, per ciascuna voce, il peso percentuale rispetto al totale della sezione a cui la voce appartiene. A titolo meramente esemplificativo, si pensi al peso percentuale dei crediti verso clienti sul totale dell’attivo di bilancio;
  • analisi spaziale, che ha l’obiettivo di considerare i risultati conseguiti dalla realtà aziendale mettendoli a confronto con l’impresa leader nel settore di riferimento (benchmark) o, più semplicemente, con i principali concorrenti.

Prima di passare alla rappresentazione del riclassificato dello stato patrimoniale e del conto economico e alla determinazione degli indicatori e degli indici, soffermiamoci brevemente sulle analisi preliminari, da cui estrarre le giuste informazioni per esprimere in modo più compiuto giudizi sull’aspetto reddituale, patrimoniale e finanziario dell’azienda in un’ottica di continuità aziendale.

L’analisi del contesto esterno di riferimento

L’analisi del contesto di riferimento rappresenta, per l’impresa, un passaggio fondamentale nella lettura e interpretazione delle voci del bilancio riclassificato. Si ritiene infatti indispensabile qualunque analisi del sistema economico esterno, per dare il giusto significato alle informazioni derivanti dalla traduzione numerica dei fatti di gestione.

In tal senso, l’ambiente esterno di riferimento può essere distinto in macroambiente e microambiente.

Fanno parte del macroambiente tutte quelle variabili/elementi che, in modo meno diretto, influenzano lo svolgimento dell’attività economica dell’impresa. Sottovalutare il macroambiente, perché si considera distante dalla sfera dell’attività dell’azienda, potrebbe rivelarsi determinante per la sopravvivenza dell’organizzazione.

Il macroambiente comprende, in particolare:

  • l’ambiente sociale;
  • la distribuzione demografica;
  • la struttura del mercato;
  • l’ambiente naturale;
  • l’ambiente politico;
  • le leggi e i regolamenti;
  • la tecnologia e la ricerca;
  • l’ambiente economico;
  • la cultura e la tradizione.

A titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, si pensi alla crisi economica che potrebbe subire un particolare settore, alle normative ambientali (obiettivi ESG), alla modifica della distribuzione demografica (maggiori anziani in un determinato territorio) e alle influenze che ciò comporterebbe sulle strategie dell’impresa e di riflesso sui dati di bilancio.

Il microambiente, o ambiente specifico, diversamente al macroambiente, vede l’azienda maggiormente e più direttamente coinvolta.

Con l’analisi del microambiente, infatti, si esaminano la dinamica delle relazioni, continuative o discontinue, esistenti tra l’impresa e i soggetti di seguito elencati:

  • i clienti;
  • i concorrenti diretti e indiretti;
  • i fornitori;
  • gli intermediari commerciali;
  • gli intermediari finanziari e le banche.

Anche in questa circostanza, volendo fare qualche esempio, si pensi al cambiamento del gusto dei consumatori facenti parte del proprio portafoglio clienti (nuovi costi per innovazione), all’ingresso di nuovi concorrenti (iniziative di marketing per consolidare i rapporti con i propri clienti), agli accordi di partnership sottoscritti con alcuni fornitori per facilitare il reperimento delle materie prime (efficientamento della fase di approvvigionamento), ecc.

Fanno da contorno al macro e microambiente, la tecnologia di settore, che definisce il livello di innovazione minimo che un’impresa deve possedere per fronteggiare la concorrenza.

L’analisi del contesto interno di riferimento

Passando al contesto interno, la conoscenza dei punti di forza e di debolezza è indubbiamente un ulteriore importante step per poter leggere e interpretare al meglio i dati gestionali in un’ottica di continuità aziendale. Si pensi ad esempio, a una realtà aziendale che presenta un sistema informativo non adeguato alle dimensioni e alla natura dell’attività economica (punto di debolezza), per cui la gestione e le informazioni ad esso riconducibile potrebbero non essere tempestive e rilevanti. Di contro, la presenza di un data base strutturato per la mappatura efficace dei clienti, rappresenta un punto di forza, poiché il medesimo è in grado di fornire le giuste informazioni atte a garantire l’impresa contro l’insorgenza di crediti che potrebbero rilevarsi non riscuotibili.

L’indagine sull’ambiente interno si sofferma principalmente sulle risorse a disposizione del management e sulle modalità di impiego delle stesse nello svolgimento dell’attività d’impresa. L’obiettivo è quello di individuare eventuali aree di inefficienza, che possano trasparire nei numeri di bilancio e fornire una chiave di lettura sulla gestione aziendale.

In merito alle risorse di cui il soggetto aziendale può disporre, abbiamo:

  • i beni materiali;
  • i beni immateriali, o intangibles;
  • le risorse finanziarie;
  • le risorse umane.

Decidere di soffermarsi sulla qualifica della risorsa, potrebbe essere utile, ad esempio, per acquisire informazioni sul parco impianti, verificando il sotto o sovradimensionamento della struttura in termini di capacità produttiva, oppure il grado di obsolescenza o di innovazione dei beni di cui si dispone. Per quanto attiene le risorse finanziarie, ad esempio, potrebbe essere fondamentale indagare le tipologie di finanziamento e, quindi, se garantite o meno, la scadenza media, ecc.. Così come, parlando di risorse umane, potrebbe essere vantaggioso soffermarsi sul loro grado di conoscenza e di competenza, sulla loro attitudine all’apprendimento, ecc..

Procedendo nell’indagine interna, potrebbe essere proficuo analizzare, ad esempio, la tipologia di organizzazione, verificando se trattasi di una organizzazione per processi o per funzioni, piuttosto che per divisioni. Oltre a ciò, potrebbe essere interessante soffermarsi sul portafoglio prodotti, sull’assortimento e sulla redditività; quindi comprendere se l’azienda, ad esempio, è monoprodotto o multiprododotto, oppure se monocommittenza, da cui il rischio di subordinazione, o pluricommittenza. L’analisi della redditività costituisce, a sua volta, un ulteriore momento fondamentale dell’indagine sul portafoglio prodotti. A tal proposito, un modello utilizzabile è quello del ciclo di vita del prodotto, che consente di identificare il posizionamento competitivo di ogni business sul mercato, in relazione agli altri prodotti compresi nel mix produttivo.

Il piano dei conti

L’implementazione di un sistema informativo aziendale in grado di supportare in termini strategici e decisionali il sistema operativo-gestionale presuppone la definizione di un piano dei conti che tenga conto delle peculiarità dell’impresa, della normativa civilistica e della prassi contabile nazionale e internazionale (principi contabili nazionali e internazionali).

Il piano dei conti (PdC) è un documento che contiene una serie di voci (conti) utilizzati dall’impresa, con cui vengono registrate le attività dell’impresa, mediante i movimenti contabili e quindi le scritture contabili.

I conti/voci del PdC possono essere distinti in:

  • conti accesi a valori finanziari, ovvero i conti accesi alle attività e passività di bilancio;
  • conti accesi a valori economici, da cui i componenti reddituali negativi (costi) e positivi (ricavi);
  • conti accesi a voci di patrimonio netto, che considerano il capitale iniziale e le parti ideali del netto (riserve, utile e perdita di esercizio, ecc.).

In definitiva, seppur la struttura del piano dei conti non sia decisa da alcuna norma giuridica e/o fiscale, è necessario che sia rappresentativo dei fatti gestionali d’impresa.  A titolo esemplificativo, se l’impresa contraesse un finanziamento durevole sarebbe opportuno, a ogni fine esercizio, utilizzare il piano dei conti per distinguere la parte del finanziamento in scadenza entro l’esercizio successivo piuttosto che oltre; il tutto per riclassificare le voci ai fini di un’indagine sulla solvibilità e solidità aziendale. Così come, ad esempio, sarebbe bene utilizzare correttamente il piano dei conti distinguendo i crediti incagliati rispetto ai crediti facilmente riscuotibili. Medesimo discorso per le voci di conto economico, se si pensa alla giusta collocazione del costo di un mezzo di lavoro, nella voce “automezzi” (che solitamente indentificano la strumentalità per l’impresa), piuttosto che autovetture (con cui si fa riferimento a beni non sempre pienamente funzionali all’attività d’impresa).

I criteri di valutazione 

Richiamando, l’art. 2423 del c.c, secondo comma, i postulati di primo livello per la redazione del bilancio sono il principio della “chiarezza”, della “veridicità” e della “correttezza”.

Il primo, ovvero quello della “chiarezza”, chiama in causa l’uniformità dei documenti e dei prospetti informativi di bilancio in relazione al tipo di società, secondo gli schemi proposti dagli artt. 2424, 2425 e 2427 del c.c.

I postulati della rappresentazione “veritiera” e “corretta” mirano, invece, a regolare gli eventuali comportamenti opportunistici da parte degli estensori di bilancio, assicurando una certa congruità e attendibilità dei valori inscritti nel documento contabile, con particolare riferimento alle poste soggettive.

Per la redazione del bilancio, oltre ai postulati di primo livello, occorre rispettare i principi di secondo livello. Nello specifico, ricordiamo:

  • il principio della prudenza, con cui si stabilisce la necessità e l’opportunità di evidenziare le perdite presunte future, ma non gli utili presunti futuri;
  • il principio della continuità, con cui si impone, nella redazione di bilancio, di fare le valutazioni di ciascuna posta in un’ottica di going concern e non di break up, al fine di attribuire ai beni dell’impresa un valore in funzione della loro residua utilità;
  • il principio della competenza, che stabilisce i presupposti per l’iscrizione in bilancio dei soli costi e ricavi di competenza economica dell’esercizio, indipendentemente dalla loro effettiva manifestazione monetaria (art. 2423 bis, comma 3 c.c.);
  • il principio della valutazione separata degli elementi eterogenei, con cui si sancisce il divieto di sommare algebricamente i valori di alcune poste di bilancio di diversa natura dello stesso segno o di segno opposto, se non fosse altro che per garantire una maggiore chiarezza;
  • il principio della costanza di applicazione dei criteri di valutazione, che garantisce la comparabilità nello spazio e nel tempo delle informazioni, rispettivamente, di bilanci riferiti a realtà economiche appartenenti a settori differenti (comparabilità nello spazio) e/o di bilanci di una stessa impresa, che si riferiscono a periodi amministrativi differenti (comparabilità nel tempo).

Il rispetto dei menzionati principi, costituisce un ulteriore presupposto in relazione al quale il documento contabile del bilancio di esercizio va letto e interpretato. Basti solo pensare all’ipotesi in cui si proceda a modificare la contabilizzazione di un valore passando da una voce di conto a una altra su due bilanci di due anni consecutivi (principio della costanza dei criteri di valutazione).  Si potrebbe avere una difficoltà oggettiva a mettere a confronto la voce su due esercizi successivi, con delle ripercussioni sia sull’analisi orizzontale che verticale di cui si diceva sopra (cfr premessa). Così come si pensi alla circostanza in cui una posta di bilancio venga valutata in modo non congruo (principio della prudenza), da cui gli effetti sulla determinazione dei differenti indici, tale da intaccare il postulato della “veridicità” e “correttezza”.

In merito agli specifici criteri di valutazione, l’art. 2426 del codice civile fornisce una serie di indicazioni a seconda della voce, patrimoniale o reddituale, che si sta valutando. A supporto del processo valutativo, sarebbe opportuno considerare, inoltre, anche i principi contabili nazionali, in cui vengono dettagliati i comportamenti di prassi contabile per facilitare la descrizione dei fatti aziendali.

In definitiva, alla luce di quanto sopra riportato, è bene sottolineare come, l’indagine sul bilancio non può non soffermarsi sulla corretta applicazione dei postulati e tanto meno sulla corretta applicazione dei criteri di valutazione. Qualunque riclassificazione di bilancio nella sua fase interpretativa deve considerare l’origine dell’informazione e il suo grado di attendibilità.

Il fascicolo di bilancio

Il fascicolo di bilancio può dirsi composto dai seguenti documenti:

  • lo Stato Patrimoniale (art. 2424 c.c.);
  • il Conto economico (art. 2425 c.c.);
  • la Nota integrativa (art. 2426 c.c.);
  • il rendiconto finanziario (art. 2425-ter).

Altri documenti a corredo del bilancio di esercizio ordinario, a seconda del tipo di società e della sua attività sono:

  • la relazione sulla gestione redatta dagli amministratori;
  • la relazione del collegio sindacale;
  • la relazione dell’incaricato alla revisione contabile;
  • il verbale dell’assemblea comprovante l’approvazione del bilancio di esercizio;
  • la relazione delle società di certificazione (società di revisione), obbligatoria per le società quotate e facoltativa in tutti gli altri casi;
  • ecc.

Si tratta di una serie di documenti non sempre presenti per tutte le realtà aziendali in relazione alla loro grandezza e forma giuridica, che vanno, ove presenti, ricercati e letti alla luce dei dati iscritti in bilancio. Per cui una situazione patrimoniale che presenta molti crediti verso clienti, a cui si aggiunge la specifica in nota integrativa e le informazioni ravvisabili nella relazione del revisore contabile, può essere un esempio dell’importanza di una lettura attenta e combinata dei suddetti documenti; il tutto per migliorare non tanto e non solo la fase della riclassificazione, quanto piuttosto la fase dell’interpretazione dei dati.

Conclusione

Prima di procedere nell’illustrazione della metodologia relativa all’analisi di bilancio, sarebbe bene evidenziare una serie di accorgimenti da adottare sia nella fase di riclassificazione dello stato patrimoniale e del conto economico e sia nella fase di calcolo e interpretazione degli indici. Nello specifico:

  1. verificare la costanza dei criteri di valutazione degli elementi patrimoniali;
  2. mantenere una costanza dei criteri metodologici di determinazione degli indici;
  3. avere la consapevolezza di commettere errori logici nella costruzione di determinati indici, in assenza di idonee informazioni di base;
  4. avere la consapevolezza della diversa natura degli indici (patrimoniali, economici, finanziari, ecc.) e della pluralità di fonti di approvvigionamento;
  5. scegliere nella vasta gamma di indici quelli idonei a soddisfare determinate esigenze conoscitive;
  6. avere la consapevolezza di una difformità terminologica in materia di indici;
  7. disporre di una serie storica di bilanci per la comparazione, a livello aziendale, dei fenomeni oggetto d’indagine (comparazione temporale);
  8. disporre di dati settoriali per la comparazione dei fenomeni indagati, risultanti a livello esterno e interno (comparazione nello spazio);
  9. determinare un sistema di indici nel rispetto del “sistema di valori” che è il bilancio;
  10. avere la consapevolezza che non esistono indici e valori standard degli indici;
  11. attivare un processo di approfondimento di indagine nel caso di valori di indici più particolari;
  12. avere la consapevolezza che gli indici devono essere calcolati in correlazione ad altri strumenti d’indagine;
  13. coinvolgere il personale amministrativo per reperire informazioni molteplici;
  14. perseguire canali istituzionali (es. visura camerale), e non (es. sito internet), per reperire informazioni utili all’interpretazione degli indici di bilancio.

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