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Contratti a termine e somministrazione: le istruzioni del Ministero

Con la circolare 31 ottobre 2018, n. 17, il Ministero del Lavoro ha fornito le prime indicazioni sulle nuove disposizioni introdotte in materia di contratti a termine e somministrazione, dal decreto legge 12 luglio 2018, n. 87, che ha modificato il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81.
 

  1. CONTRATTI A TERMINE

 
Durata massima e “causali” – La modifica più rilevante è la riduzione da 36 a 24 mesi della durata massima del contratto a termine, con riferimento a tutti i rapporti stipulati tra le stesse parti, anche per effetto di una successione di contratti o periodi di missione in somministrazione a termine, per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale, indipendentemente dai periodi di interruzione (che non vanno conteggiati). Le parti possono stipulare liberamente un contratto a termine di durata fino a 12 mesi; invece, se questa è superiore, devono sussistere “esigenze”:

a) temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività;

b) di sostituzione di altri lavoratori;

c) connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.

Per stabilire se ricorre tale obbligo, si deve tener conto della durata complessiva dei rapporti a termine intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, considerando sia la durata di quelli già conclusi che la durata di quello che si intende eventualmente prorogare.
 
Il Ministero ha precisato che, anche nelle ipotesi in cui il datore non avrebbe l’obbligo di indicare le motivazioni introdotte dal D.L. n. 87/2018, queste vanno comunque indicate per fruire dei benefici previsti da altre disposizioni: è il caso, per esempio, dello sgravio contributivo del 50% (ex art. 4, co. 3 e 4, del D.Lgs. n. 151/2001) a favore dei datori che assumono a tempo determinato in sostituzione di lavoratrici in congedo di maternità.
 
Contratto in deroga – Resta ferma la possibilità, raggiunto il limite di durata, di stipulare un altro contratto a termine (durata fino a 12 mesi) presso le sedi locali dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro: ovviamente va indicata la causale: il Ministero ha precisato che l’intervento dell’INL non vale a certificare l’effettiva sussistenza dei presupposti giustificativi richiesti dalla legge.
 
ProrogheFermo che le proroghe non possono essere superiori a 4 nel limite dei 24 mesi, è possibile prorogare liberamente un contratto a termine nei primi 12 mesi, purché restino invariate le ragioni che avevano giustificato l’assunzione a termine: non è quindi possibile modificarne la motivazione, perché ciò darebbe luogo a un nuovo contratto ricadente nella disciplina del rinnovo, anche se ciò avvenisse in continuità con il precedente rapporto.
 
Esempio – Primo rapporto a termine di 10 mesi che si intenda prorogare di altri 6 mesi: anche se la proroga interviene quando il rapporto non ha ancora superato i 12 mesi, è necessario indicare le “esigenze”, in quanto in tutto il rapporto durerà più di 12 mesi. La cd. “causale”, infatti, è necessaria quando si supera il periodo di 12 mesi, anche se il superamento avviene a seguito di proroga di un contratto originariamente inferiore ai 12 mesi.
 
RinnoviIl rinnovo ricorre quando un nuovo contratto a termine decorra dopo la scadenza del precedente rapporto: per il rinnovo è sempre richiesta l’indicazione della causale.
 

  1. SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO

 
Disciplina Il D.L. 87/2018 ha esteso la disciplina del lavoro a termine alla somministrazione a termine, eccetto le previsioni degli articoli 21, co. 2 (cd. stop and go), 23 (limiti quantitativi) e 24 (diritto di precedenza). Invece, se si tratta di lavoratori assunti a tempo indeterminato dal somministratore, questi possono essere inviati in missione sia a tempo indeterminato che a termine presso gli utilizzatori senza obbligo di causale o limiti di durata, rispettando solo il limite del 20% (salvo diversa disposizione del contratto collettivo).
 
Periodo massimo di occupazioneIn caso di somministrazione a termine il contratto collettivo può disciplinare le proroghe e la loro durata, quindi il rispetto del limite dei 24 mesi (o quello fissato dal contratto collettivo), entro cui è possibile ricorrere a uno o più contratti o somministrazione a termine, va valutato con riferimento non solo al rapporto tra lavoratore e somministratore, ma anche ai rapporti con il singolo utilizzatore, dovendosi considerare i periodi svolti con contratto a termine e quelli di somministrazione a termine, per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale. Quindi, il limite di 24 mesi opera tanto in caso di ricorso a contratti a termine che nel caso di utilizzo in somministrazione a termine: raggiunto tale limite, il datore non potrà più ricorrere alla somministrazione a tempo determinato con lo stesso lavoratore per mansioni di pari livello e categoria legale. Infine, il computo dei 24 mesi deve tener conto di tutti i rapporti in somministrazione tra le parti, inclusi quelli antecedenti alla data di entrata in vigore della riforma.
 
CausaliAnche per la somministrazione a termine oltre i 12 mesi e i rinnovi vige, per l’utilizzatore, l’obbligo di indicare la “causale”. Quindi, se la somministrazione a termine dura più di 12 mesi o se vi è un rinnovo della missione (presso lo stesso utilizzatore), il contratto di lavoro stipulato tra somministratore e lavoratore deve indicare una motivazione riferita alle esigenze dell’utilizzatore. Il Ministero ha precisato che non sono cumulabili a tal fine i periodi svolti presso diversi utilizzatori, fermo il limite massimo di durata di 24 mesi del rapporto (o il diverso limite individuato dal contratto collettivo). L’obbligo di specificare le motivazioni sorge anche se lo stesso utilizzatore aveva instaurato un precedente contratto a termine con quel lavoratore per di mansioni di pari livello e categoria. Quindi, in caso di:

a) precedente rapporto a termine inferiore a 12 mesi, un eventuale periodo successivo di missione presso lo stesso soggetto richiede le motivazioni, poiché è assimilabile a un rinnovo;

b) precedente rapporto a termine durato 12 mesi, è possibile svolgere per il restante periodo e tra i medesimi soggetti una missione in somministrazione a termine, specificando una delle “causali” previste;

c) periodo di somministrazione a termine fino a 12 mesi, è possibile per l’utilizzatore assumere lo stesso lavoratore con un contratto a termine per una durata massima di 12 mesi indicando la motivazione.

 
Limite quantitativo di somministrati – La legge di conversione del D.L. n. 87/2018 ha introdotto un limite all’uso di somministrati a termine: salvo diversa previsione del contratto collettivo, e ferma la percentuale massima del 20% di contratti a termine, l’utilizzatore può occupare lavoratori assunti a termine e in somministrazione a termine, nella percentuale massima totale del 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato che ha in forza.
Il limite del 30% si applica per ogni nuova assunzione a termine o in somministrazione avvenuta dal 12 agosto 2018: quindi, se presso l’utilizzatore è presente una percentuale di lavoratori, a termine e somministrati a termine con contratti stipulati prima del 12 agosto 2018, superiore a quello “legale”, i rapporti in corso potranno continuare fino alla loro iniziale scadenza: in tal caso, però, non è possibile effettuare nuove assunzioni né proroghe per i rapporti in corso fino a quando il datore o l’utilizzatore non rientri nei limiti. Sono esclusi dai limiti i somministrati a tempo determinato che rientrino nelle categorie ex art. 31, co. 2, del D.Lgs. n. 81/2015 (es. soggetti svantaggiati o molto svantaggiati).
 
 
 
A cura di Alberto Bosco – Esperto di diritto del lavoro, Giuslavorista, Pubblicista de Il Sole24Ore. Consulente aziendale e formatore

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