Lavoro e HR

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Contratti a termine: forma scritta e contributo addizionale

Poiché, all’articolo 19, co. 4, del D.Lgs. n. 81/2015, è stato eliminato il riferimento alla possibilità che il termine debba risultare “direttamente o indirettamente” da atto scritto, il Ministero ha precisato che è stata esclusa la possibilità di desumere da elementi esterni al contratto la data di scadenza, ferma la possibilità che, in alcune situazioni, il termine del rapporto continui a desumersi indirettamente in funzione della specifica motivazione che ha dato luogo all’assunzione.
 
Ciò avviene, per esempio, nel caso della sostituzione della lavoratrice assente a causa di maternità, di cui non è possibile conoscere in anticipo l’esatta data di rientro al lavoro, sempre nel rispetto del termine massimo di 24 mesi (salvo deroga del contratto collettivo).
 
Il D.L. n. 87/2018 ha poi previsto che, dal 14 luglio 2018, il contributo addizionale a carico del datore di lavoro (pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali applicato ai contratti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato) è incrementato dello 0,5% in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in somministrazione.
Ne deriva che, al primo rinnovo la misura dell’1,4% andrà incrementata dello 0,5%; esso sarà quindi pari all’1,90%, e tale aliquota costituisce la base di “partenza” alla quale andrà aggiunto un ulteriore 0,5% in caso di ulteriore rinnovo, e così via.
 
Infine, la maggiorazione dello 0,5% non si applica alla proroga del contratto, in quanto la nuova disposizione prevede che il contributo addizionale è aumentato solo per il “rinnovo”.
 
 
A cura di Alberto Bosco – Esperto di diritto del lavoro, Giuslavorista, Pubblicista de Il Sole24Ore. Consulente aziendale e formatore

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