Diffida accertativa e conciliazione monocratica
L’articolo 12 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, stabilisce che, in sede di indagine, il personale ispettivo delle DTL – ora della sede locale dell’Ispettorato nazionale del lavoro – può diffidare il datore di lavoro a corrispondere direttamente al lavoratore le somme che risultino accertate quali crediti retributivi derivanti dalla corretta applicazione dei contratti individuali e collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative.
Va ricordato che, secondo il Ministero del lavoro (a tale proposito si veda la nota n. 27 del 15 dicembre 2015), gli indici sintomatici ai quali occorre fare riferimento ai fini della verifica comparativa del grado di rappresentatività delle diverse sigle sindacali sono i seguenti:
1) numero complessivo dei lavoratori occupati;
2) numero complessivo delle imprese associate;
3) diffusione territoriale (numero di sedi presenti sul territorio e ambiti settoriali);
4) numero dei contratti collettivi nazionali sottoscritti.
Ebbene, l’organo di vigilanza può diffidare il datore nel caso in cui abbia acquisito elementi obiettivi, certi e idonei, a determinare il calcolo delle spettanze patrimoniali del lavoratore, potendo altrimenti acquisire il consenso delle parti a una conciliazione monocratica (così il Ministero del lavoro, nella circolare 24 giugno 2004, n. 24).
Infine, entro 30 giorni dalla notifica della diffida accertativa, il datore può promuovere tentativo di conciliazione presso l’Ispettorato: in caso di accordo, il provvedimento di diffida perde efficacia e, per il verbale stesso, non trovano applicazione le disposizioni di cui all’art. 2113 co. 1, 2 e 3, del codice civile: ne discende quindi che esso non è più impugnabile.
A cura di Alberto Bosco – Esperto di diritto del lavoro, Giuslavorista, Pubblicista de Il Sole24Ore. Consulente aziendale e formatore.