PCT – Cassazione Sezioni Unite 8312/2019 – Improcedibilità del ricorso in cassazione per mancanza di copia autentica della decisione impugnata
Nel corso degli ultimi anni, la Corte di Cassazione si è più volte occupata dell’applicazione dell’art. 369 c.p.c. al deposito di copia cartacea della pronuncia impugnata generata originariamente in formato digitale.
Sono state numerosissime le declaratorie di improcedibilità sul punto poiché, l’articolo in parola, prevede appunto la sanzione dell’improcedibilità sia in caso di mancato deposito del ricorso notificato, si veda il comma 1, sia in caso di mancata produzione di copia autentica della decisione impugnata (si veda il comma 2).
La sesta sezione della Corte di Cassazione, si è – in particolare – largamente occupata della questione, arrivando all’emanazione di due decisioni centrali all’interno del dibattito giurisprudenziale:
- l’Ordinanza 30918/2017 (relativa al primo comma dell’art. 369 c.p.c.), con la quale veniva dichiarata l’improcedibilità del ricorso in cassazione in caso di omessa attestazione di conformità ex art. 9, commi 1-bis e 1-ter, della legge n. 53 del 1994, anche in assenza di specifica contestazione della controparte, e anche in caso di deposito di copia ritualmente autenticata oltre il termine perentorio di venti giorni dall’ultima notifica, “non essendo ammissibile il recupero di una condizione di procedibilità mancante al momento della scadenza del termine per il deposito del ricorso”
- l’Ordinanza 30765/2017 (relativa al secondo comma dell’art. 369 c.p.c.) con la quale si prescriveva, a pena di improcedibilità, al difensore che propone ricorso per cassazione contro un provvedimento che gli è stato notificato con modalità telematiche, di “depositare nella cancelleria della Corte di cassazione copia analogica, con attestazione di conformità ai sensi dei commi 1-bis e 1-ter dell’art. 9 della legge 53/1994, del messaggio di posta elettronica certificata ricevuto, nonché della relazione di notifica e del provvedimento impugnato, allegati al messaggio. Non è necessario anche il deposito di copia autenticata del provvedimento impugnato estratta direttamente dal fascicolo informatico”
A dette ordinanze ne sono seguite numerosissime conformi, sino alla Sentenza n° 22438/2018 con la quale le Sezioni Unite confermano solo parzialmente l’orientamento della sesta sezione e stabilendo che: “Il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo posta elettronica certificata, senza attestazione di conformità del difensore ex art. 9, commi 1-bis e 1-ter, l. n. 53 del 1994 o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non ne comporta l’improcedibilità ai sensi dell’art. 369 c.p.c. sia nel caso in cui il controricorrente (anche tardivamente costituitosi) depositi copia analogica di detto ricorso autenticata dal proprio difensore, sia in quello in cui, ai sensi dell’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 82 del 2005, non ne abbia disconosciuto la conformità all’originale notificatogli.
Anche ai fini della tempestività della notificazione del ricorso in originale telematico sarà onere del controricorrente disconoscere la conformità agli originali dei messaggi di p.e.c. e della relata di notificazione depositati in copia analogica non autenticata dal ricorrente.”
Orbene, con la pronuncia a Sezioni Unite n° 8312/2019 la Corte di Cassazione ritorna sul tema delle improcedibilità ex art. 369 c.p.c. e lo fa con una lunga analisi relativa ai precedenti giurisprudenziali e cercando di porre definitivamente un punto sull’interpretazione dell’articolo in parola.
La norma de qua, secondo l’interpretazione di carattere generale fornita dalla Corte di Cassazione nel corso degli anni, è volta a “consentire la verifica della tempestività dell’atto di impugnazione e della fondatezza dei suoi motivi a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale, essendo il diritto di impugnazione esercitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto termine breve se vi sia stata la notificazione della sentenza (fra le tante: Cass. 6 agosto 2015, n. 16548; Cass. 20 novembre 2002, n. 16385; Cass. 28 ottobre 2000, n. 14240)”. Posto che, quindi, l’esigenza assolta dal deposito della decisione impugnata all’interno del fascicolo del giudizio è di fondamentale importanza, allo stesso modo lo sarà la richiesta di attestazione di conformità della decisione stessa, poiché tale esigenza è volta a salvaguardare il principio di fedeltà documentale.
Dati questi elementi preliminari, gli Ermellini, con la pronuncia in parola, enunciano cinque fondamentali principi di diritto (che di seguito si riportano integralmente) volti a salvaguardare i diritti costituzionalmente garantiti dell’equo processo, senza scardinare i principi processuali di una ragionevole durata del procedimento.
1) Il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica della decisione impugnata predisposta in originale telematico e notificata a mezzo PEC priva di attestazione di conformità del difensore ex art. 9, commi 1-bis e 1-ter, della legge n. 53 del 1994 oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non comporta l’applicazione della sanzione dell’improcedibilità ove l’unico controricorrente o uno dei controricorrenti (anche in caso di tardiva costituzione) depositi copia analogica della decisione stessa ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all’originale notificatogli ex art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 82 del 2005. Invece, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità, il ricorrente ha l’onere di depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio nell’ipotesi in cui l’unico destinatario della notificazione del ricorso rimanga soltanto intimato (oppure tali rimangano alcuni o anche uno solo tra i molteplici destinatari della notifica del ricorso) oppure comunque il/i controricorrente/i disconosca/no la conformità all’originale della copia analogica non autenticata della decisione tempestivamente depositata;
2) i medesimi principi si applicano all’ipotesi di tempestivo deposito della copia della relata della notificazione telematica della decisione impugnata e del corrispondente messaggio PEC con annesse ricevute – senza attestazione di conformità del difensore ex art. 9, commi 1-bis e 1 -ter, della legge n. 53 del 1994 oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa;
3) il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica della decisione impugnata redatta in formato elettronico e firmata digitalmente (e necessariamente inserita nel fascicolo informatico) senza attestazione di conformità del difensore ex art. 16-bis, comma 9-bis, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non comporta l’applicazione della sanzione dell’improcedibilità ove l’unico controricorrente o uno dei controricorrenti (anche in caso di tardiva costituzione) depositi copia analogica della decisione stessa ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all’originale della decisione stessa. Mentre se alcune o tutte le controparti rimangono intimate o comunque depositino controricorso ma disconoscano la conformità all’originale della copia analogica non autenticata della decisione tempestivamente depositata il ricorrente, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità, ha l’onere di depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica della decisione impugnata sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio;
4) il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica della decisione impugnata sottoscritta con firma autografa ed inserita nel fascicolo informatico senza attestazione dj conformità del difensore ex art. 9, commi 1-bis e 1ter, della legge n. 53 del 1994 oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non comporta l’applicazione della sanzione dell’improcedibilità ove l’unico controricorrente o uno dei controricorrenti (anche in caso di tardiva costituzione) depositi copia analogica della decisione stessa ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all’originale della decisione stessa. Mentre se alcune o tutte le controparti rimangono intimate o comunque depositino controricorso ma disconoscano la conformità all’originale della copia analogica non autenticata della decisione tempestivamente depositata il ricorrente, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità, ha l’onere di depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica della decisione impugnata sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio;
5) la comunicazione a mezzo PEC a cura della cancelleria del testo integrale della decisione (e non del solo avviso del relativo deposito), consente di verificare d’ufficio la tempestività dell’impugnazione, mentre per quanto riguarda l’autenticità del provvedimento si possono applicare i suindicati principi, sempre che ci si trovi in “ambiente digitale”.
Sostanzialmente, quindi, la Corte di Cassazione esaminando approfonditamente la fattispecie de qua, non solo non contempla l’ipotesi di improcedibilità nel caso di mancato disconoscimento e di presenza – comunque – della pronuncia impugnata all’interno del fascicolo del procedimento, ma concede al ricorrente di scongiurare gli effetti negativi dell’art. 369 c.p.c. con il deposito dell’asseverazione di conformità sino all’udienza di discussione o all’adunanza in Camera di Consiglio.
A cura di Luca Sileni – Avv.to iscritto all’ordine di Grosseto referente informatico dell’ODA di Grosseto e Segretario del Centro Studi Processo Telematico