Lavoro e HR

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Reintegra per il licenziamento prima del comporto “ristretto”

Durante il periodo di conservazione del posto in caso di malattia (ossia nel periodo di comporto, la cui durata è stabilita dal CCNL), il datore di lavoro – salvi casi particolari – non può licenziare.
Una novità a tale proposito è stata introdotta con la Riforma Fornero, che ha modificato l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. La nuova disposizione, entrata in vigore il 18 luglio 2012, dispone che, se il licenziamento è stato intimato in violazione dell’articolo 2110, comma 2, del codice civile (ossia prima che sia superato il comporto), il giudice condanna il datore alla reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro e al pagamento di un’indennità risarcitoria che può arrivare (nel massimo) a 12 mensilità della retribuzione (più i contributi dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione).
Attenzione però: tale ipotesi riguarda solo i datori di maggiori dimensioni, ossia quelli che:
a) nella sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo in cui è avvenuto il licenziamento, occupano più di 15 lavoratori o più di 5 se si tratta di imprenditori agricoli;
b) nell’ambito dello stesso comune occupano più di 15 dipendenti, e all’impresa agricola che nel medesimo ambito occupa più di 5 dipendenti anche se la singola unità produttiva non raggiunge tali limiti;
c) in ogni caso ai datori, imprenditori e non imprenditori, che occupano più di 60 dipendenti.
Negli altri casi, ossia se l’organico si ferma a 15 dipendenti, la legge 15 luglio 1966, n. 604, prevede che il datore è tenuto a riassumere il lavoratore entro 3 giorni, oppure a risarcire il danno con un’indennità variabile tra 2,5 e 6 mensilità di retribuzione.
 
A cura di Alberto Bosco – Esperto di diritto del lavoro, Giuslavorista, Pubblicista de Il Sole24Ore. Consulente aziendale e formatore

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