Retribuzione e indennità di disponibilità
Il punto sul trattamento economico e l'indennità mensile di disponibilità spettante ai lavoratori a chiamata.
Il lavoratore intermittente non deve ricevere, per i periodi lavorati e a parità di mansioni, un trattamento meno favorevole del lavoratore di pari livello. Va però evidenziato che il trattamento economico, normativo e previdenziale è riproporzionato in relazione alla prestazione effettivamente eseguita, in particolare per quanto riguarda l’importo della retribuzione globale e delle sue singole componenti, nonché delle ferie e dei trattamenti per malattia, infortunio, congedi di maternità e parentali.
Premesso che, nei periodi in cui non ne viene utilizzata la prestazione, il lavoratore non matura alcun trattamento economico e normativo, salvo che abbia garantito al datore la disponibilità a rispondere alle chiamate, nel qual caso gli spetta la relativa indennità, l’art. 16 stabilisce che la misura dell’indennità mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie, è determinata dai contratti collettivi (di norma 20% della retribuzione); inoltre essa è:
- esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo;
- assoggettata a contribuzione previdenziale per il suo effettivo ammontare, in deroga alla normativa in materia di minimale contributivo.
In caso di malattia o altro evento che renda temporaneamente impossibile rispondere alla chiamata, il lavoratore deve informare tempestivamente il datore, specificando la durata dell’impedimento, durante il quale non matura il diritto all’indennità di disponibilità: se egli non informa il datore, perde l’indennità di disponibilità per 15 giorni, salvo diversa previsione del contratto individuale
Nota Bene Il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può costituire motivo di licenziamento e comportare la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo all’ingiustificato rifiuto. |